LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28068-2017 proposto da:
B.A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO GORI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 817/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 11/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/10/2018 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.
RILEVATO
che:
1. B.F.A. ha proposto ricorso per cassazione notificato il 13 novembre 2017 contro il Ministero della Giustizia avverso la sentenza n. 817 del 2017, depositata dalla Corte d’appello di Firenze in data 11 aprile 2017, non notificata.
2. Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.
3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità per tardività dello stesso.
4. Il decreto di fissazione dell’adunanza camerale e la proposta sono stati comunicati alle parti costituite.
5. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
Il Collegio, tenuto conto anche delle osservazioni contenute nella memoria, ritiene che le conclusioni cui è pervenuto il relatore nel senso della inammissibilità del ricorso in quanto tardivo appaiono corrette.
Nel caso di specie, è stata impugnata una sentenza in materia di opposizione a precetto; nel corpo del provvedimento impugnato si chiarisce che la causa ha ad oggetto l’opposizione a precetto proposta dal B. avverso tre cartelle di pagamento per debiti erariali.
Trattandosi di una opposizione esecutiva, ad essa non è applicabile la sospensione feriale dei termini per impugnare, neppure dinanzi alla Corte di cassazione. La sospensione dei termini processuali in periodo feriale indicata dalla L. n. 742 del 1969, art. 1, non si applica infatti ai procedimenti di opposizione all’esecuzione, come stabilito dal R.D. n. 12 del 1941, art. 92, a quelli di opposizione agli atti esecutivi e di opposizione di terzo all’esecuzione, di cui agli artt. 615,617 e 619 c.p.c., ed a quelli di accertamento dell’obbligo del terzo di cui al cod. cit., art. 548, ed anche alle impugnazioni avverso i provvedimenti decisori, aventi valore di sentenza, resi nel procedimento esecutivo di obblighi di fare e di non fare (da ultimo, Cass. n. 21568 del 2017).
Poichè il ricorso è stato notificato il 13 novembre 2017 e la sentenza è stata pubblicata l’11 aprile 2017, la notifica del ricorso è intervenuta oltre i sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata, e quindi oltre la consumazione del termine c.d. lungo per impugnare, previsto dall’art. 327 c.p.c., comma 1, non assoggettabile a sospensione feriale.
L’Avvocatura dello Stato nel suo controricorso osserva che la notifica del ricorso debba ritenersi inesistente, perchè effettuata non avvalendosi di alcuno degli alternativi procedimenti notificatori consentiti dalla legge, in quanto il ricorrente si è limitato ad inserire il ricorso per cassazione in una busta e poi a spedirlo all’avvocatura a mezzo del servizio postale, con una normale raccomandata, quindi senza alcuna delle formalità previste dalla L. n. 890 del 1982 per la notificazione a mezzo del servizio postale, senza avvalersi dell’ufficiale giudiziario e senza neppure fare ricorso al procedimento che pur consente la notifica in proprio da parte dell’avvocato, ex lege n. 53 del 1994, corredata da alcune necessarie prescrizioni da rispettare.
La notifica del ricorso appare qualificabile come nulla, piuttosto che inesistente, in quanto, pur essendo il procedimento notificatorio seguito totalmente difforme da tutte le forme alternativamente previste dalla legge, tuttavia l’atto ha attinto il suo destinatario ed anche in tempo per consentirgli una piena difesa.
Si aggiunga che il ricorrente nella memoria afferma di aver deliberatamente notificato il ricorso dopo la scadenza dei termini, pur conoscendo la normativa applicabile, ritenendo tacitamente abrogata la disposizione che esclude le opposizioni esecutive dalla sospensione feriale dei termini per impugnare. Ritiene che, diversamente opinando, la stessa dovrebbe ritenersi incostituzionale, a seguito dei numerosi provvedimenti che, negli ultimi anni, hanno complessivamente ridotto il termine ad impugnare ed anche la durata del periodo feriale, facendo venir meno una ratio di particolare celerità riservata alle opposizioni esecutive, a fronte di termini ridotti per tutti sulla proposizione delle impugnazioni.
Ha poi sollevato, con atto formalmente autonomo rispetto al ricorso, privo di data, questione di legittimità costituzionale della L. n. 742 del 1969.
La questione della sottrazione di questa tipologia di controversie all’applicazione del generale regime di sospensione feriale dei termini per impugnare è travolta dalla generale inammissibilità del ricorso, ed anche dalla inammissibilità di un atto, separato dal ricorso, con il quale si intenda introdurre in cassazione una questione di legittimità costituzionale. In ogni caso, essa è stata già esaminata ed è stata già ritenuta manifestamente infondata da Cass. n. 21003 del 2015 in relazione alle controversie di lavoro.
L’inammissibilità del ricorso esime dal doverne esaminare, ed anche dal dover riportare, i motivi.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Liquida le spese in Euro 3.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito ed accessori. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 18 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2018
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