Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.31963 del 11/12/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2380-2017 proposto da:

VDA MULTIMEDIA SPA, in persona del Legale Rappresentante pro tempore Dott. V.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE LIBIA 25, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO TIGANI SAVA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SGH SRL, in persona legale rappresentante pro tempore GAETANO SARNELLA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 82, presso lo studio dell’avvocato CATERINA PRINCIPATO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 390/2016 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 14/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;

lento lo conclusioni scritte dei Puhhlinn Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE ALESSANDRO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO

che:

1. La VDA Multimedia Spa (da ora VDA) ricorre, affidandosi a sei motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Trieste che, rigettando (per ciò che interessa in questa sede) l’impugnazione proposta avverso la pronuncia del Tribunale di Pordenone, aveva confermato la dichiarazione di risoluzione del contratto avente per oggetto la fornitura del servizio televisivo interattivo *****, stipulato con la SGH Srl (da ora SGH), gestore di un hotel che, su indicazione della ricorrente, aveva acquistato gli apparecchi televisivi (compatibili con il nuovo sistema) dalla LG Electronics Spa (da ora LG) eche aveva dedotto, a sostegno della propria domanda, anche risarcitoria per i danni all’immagine, il difettoso funzionamento del prodotto informatico fornito.

2. Le parti intimate hanno resistito con controricorso.

3. Il PG ha depositato conclusioni scritte.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 99,112,115 c.p.c., art. 163 c.p.c., comma 3, n. 4 e del principio secondo cui iudex iudicafe debet secundum alligata et probata partium nonchè dell’art. 2697 c.c. in tema di onere della prova. Lamenta che la Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto assolto da parte della SGH l’onere di allegazione sulla domanda di risoluzione del contratto, nonostante che fosse stata sollevata l’eccezione relativa alla mancata indicazione dei fatti costitutivi della pretesa. Deduce altresì, in relazione alla medesima omissione, la nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

1.1. Con il secondo motivo, la società deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 100,103,104,106 e 112 c.p.c. in quanto la Corte territoriale, nonostante le allegazioni della SGH e la laudatio auctoris tempestivamente introdotta, non aveva dichiarato la LG Electronics spa come unica legittimata a contraddire sulla domanda, non riconoscendo il proprio difetto di legittimazione passiva.

1.2. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 1218 e 1453 c.c., per essere stata ritenuta responsabile di una obbligazione inesistente e cioè della funzionalità dei televisori e della compatibilità di essi con il sistema operativo, fatto che doveva essere ascritto alla responsabilità della LG che aveva provveduto alla fornitura degli apparecchi.

1.3. Con il quarto ed il quinto motivo, ancora, lamenta:

a. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1453,1460 c.c. e l’erronea applicazione del brocardo inadimplenti non est adimplendum visto che non era stata considerata l’eccezione di inadempimento sollevata da essa ricorrente e sorretta da documentazione precedente l’introduzione del giudizio (diffida ad adempiere e piano di rientro per i pregressi debiti di SGH, piano che non era mai stato onorato);

b. la violazione del principio di cui all’art. 111 Cost. dettato in tema di parità delle parti e di giusto processo;

c. la violazione degli artt. 2697, 112,115 e 116 c.p.c. in quanto, in spregio della ripartizione degli oneri probatori, era stata accolta la domanda di risoluzione per inadempimento avanzata dalla SGH nonostante l’eccezione di inadempimento sollevata;

d. in relazione alla precedente censura, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza.

1.4. Con il sesto motivo, lamenta, infine, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1453 c.c. per avere rigettato la domanda riconvenzionale introdotta nei confronti della SGH al fine di accertare il suo inadempimento che avrebbe trovato sicuro accoglimento ove la domanda di risoluzione contrattuale fosse stata correttamente rigettata.

2. Il primo ed il secondo motivo devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione logica.

Essi sono entrambi inammissibili sotto due concorrenti profili.

2.1. Il Collegio rileva preliminarmente la mancanza di specificità delle censure formulate che sono plurime ed indistinte: questa Corte, infatti, ha avuto modo di chiarire, con orientamento ormai consolidato, che “il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati” (cfr. ex multis Cass. 11603/2018; Cass. 19959/2014; Cass. 21165/2013; Cass. 18202/2008).

Ed è stato anche precisato che “è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito” (cfr. Cass. 8758/2017; e, in termini, Cass. 18721/2018).

2.2. Nel caso di specie, con i due motivi in esame il ricorrente, richiamando una pluralità di norme che assume essere state violate (con il primo motivo, gli artt. 99,112,115 c.p.c., art. 163 c.p.c., comma 3, n. 4, nonchè l’art. 2697 c.c. che disciplina la ripartizione degli oneri probatori; e, con il secondo, gli artt. 100,103,104,106 e 112 c.p.c.) lamenta che “dapprima il Tribunale di Pordenone e poi la Corte d’Appello di Trieste avevano erroneamente ritenuto che le allegazioni dei fatti costitutivi offerti da SGH, attrice in risoluzione per l’inadempimento altrui, fossero capaci di soddisfare il requisito legale minimo ” (cfr. pag. 10 del ricorso), e contesta la motivazione dei giudici d’appello che confermando integralmente il ragionamento del Tribunale, avevano ritenuto che l’interruzione del segnale internet e l’interruzione dei film pay tv concretizzasse la “chiara ed inequivocabile destinazione delle pretese attoree nei confronti della VDA”: il ricorrente sviluppa la propria critica assumendo che con tale motivazione la Corte territoriale aveva omesso di considerare che “l’interruzione del segnale poteva essere generato da cause estranee al sistema operativo” e che il passaggio motivazionale era incapace di sorreggere l’iniziativa giudiziaria nei suoi confronti” (cfr. pag. 11 del ricorso); ed aggiunge, in relazione al secondo motivo, che non era stato adeguatamente valutata la posizione della L.G. che aveva fornito gli apparecchi televisivi e che in ragione di ciò, doveva ritenersi l’unico soggetto legittimato a subire gli effetti di un’eventuale soccombenza in giudizio.

2.3. Il collegio ritiene che, oltre alla indistinta pluralità di censure, l’inammissibilità dei motivi deriva anche dall’oggetto di esse, essendo tutte focalizzate su questioni di fatto già esaminate nei precedenti gradi di giudizio.

La società ricorrente si limita, infatti, a contrapporre la propria tesi difensiva, fondata oltretutto su una mera ipotesi, alla motivazione della Corte territoriale che, sviluppata anche per relationem, risulta congrua, logica e certamente al di sopra della sufficienza costituzionale.

Inoltre, deducendo genericamente il difetto di allegazione dei fatti costitutivi della pretesa della SGH, la VDA contesta la ripartizione degli oneri probatori statuita dalla Corte territoriale e la valutazione delle emergenze processuali in relazione all’azione contrattuale proposta, con particolare riferimento all’esame del rapporto fra SGH e LG, fondata sullo stretto collegamento fra le posizioni processuali, di cui la chiamata in causa della LG da parte della stessa VDA costituisce piena dimostrazione: in tale situazione emerge e secondo profilo di inammissibilità consistente nella malcelata richiesta di nuova valutazione di merito della controversia che non può trovare ingresso in questa sede.

2.4. Le stesse argomentazioni devono essere articolate anche in relazione al secondo motivo con il quale la società ricorrente si limita a ribadire richiamando il principio della laudatio auctoris – che sulla base delle allegazioni della SGH doveva ritenersi che il legittimo contraddittore rispetto ai fatti costitutivi delle sue pretese fosse la società che aveva fornito gli apparecchi televisivi: invero, la Corte territoriale ha correttamente indagato sul rapporto contrattuale con la società chiamata in causa, rapporto che era diverso da quello oggetto del dedotto inadempimento consistente nel malfunzionamento del sistema ***** in forza di una incompatibilità di cui doveva rispondere la VDA (contrattualmente impegnata per il funzionamento del prodotto venduto) la quale, oltretutto, aveva indicato la LG come fornitore dei televisori.

Pertanto, per ciò che è stato sopra argomentato, i limiti e la funzione del giudizio di legittimità risultano violati.

3. Con il terzo motivo, la società ricorrente, riproponendo la critica alla affermazione della sua responsabilità contrattuale per una obbligazione che assume essere inesistente (cioè la funzionalità dei televisori e la compatibilità di essi con il sistema operativo) deduce la violazione degli artt. 1218 e 1453 c.c.

3.1. La censura è infondata.

La responsabilità contrattuale accertata, ricondotta all’inadempimento della VDA in relazione agli impegni contrattuali assunti per la fornitura del sistema *****, è stata esattamente configurata dalla Corte territoriale che, in relazione alla eccepita responsabilità della L.G., ha correttamente affermato con motivazione congrua e logica, che la fornitura dei televisori rappresentava soltanto uno strumento per il funzionamento del sistema informatico oggetto del contratto.

3.2. E, al riguardo, questa Corte ha chiarito, con orientamento consolidato che “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento” (cfr. Cass. 1723/2007; Cass. 3373/2010; Cass. 6205/2010).

L’inadempimento contrattuale, dunque, non consente di invertire l’onere della prova ove venga eccepito dalla parte convenuta l’avverso inadempimento: ciascuno deve provare i fatti costitutivi delle proprie pretese, tenendo conto che la risoluzione contrattuale dichiarata rende inesigibile la controprestazione (cfr. Cass. 4442/2014).

3.3. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, per cui la censura deve essere respinta in quanto è stato accertato che la responsabilità per inadempimento della VDA doveva essere collegata al malfunzionamento del sistema, riconducibile alla incompatibilità fra esso e i televisori LG, acquistati dalla SGH, con contratto di leasing stipulato con la LG, proprio su indicazione della VDA, circostanza questa valutata, in modo congruo e logico, sulla base delle emergenze processuali.

4. Il quarto, quinto e sesto motivo che, nei contenuti, rappresentano una mera reiterazione dei precedenti, devono ritenersi assorbiti.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi nei confronti di SGH Srl ed in Euro 5700,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi nei confronti di LG Electronics Italia Spa, oltre che, per entrambi, ad accessori e rimborso spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 12 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2018

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