LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 1957/2014 proposto da:
F.LLI C. COSTRUZIONI S.P.A. IN CONCORDATO PREVENTIVO, in persona del presidente pro tempore e del liquidatore giudiziale, elettivamente domiciliata in Roma, piazza dei Carracci n. 1, presso lo studio dell’Avv. Alessandro Alessandri che, anche disgiuntamente con l’Avv. Marco Colombo, la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
ANAS S.P.A., in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
contro
COOPCOSTRUTTORI SOCIETA’ COOPERATIVA A R.L. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei commissari straordinari, elettivamente domiciliata in Roma, via Angelo Secchi n. 9, presso lo studio dell’Avv. Attilio Zimatore che la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5925/2012 della CORTE DI APPELLO DI ROMA, depositata il 26 novembre 2012;
viste le conclusioni scritte del P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale DE RENZIS Luisa, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 aprile 2018 dal Cons. Dott. ROBERTO MUCCI.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Roma, adita con appello principale di F.lli C. Costruzioni s.p.a. (di seguito C.), incidentale di Anas s.p.a. e incidentale condizionato di Coopcostruttori s.c.a.r.l., rigettava i gravami principale ed incidentale interposti avverso la sentenza del Tribunale di Roma che, dichiarata la nullità della chiamata in causa della Coopcostruttori (affittuaria di un ramo d’azienda di C. in forza di contratto del 23 settembre 1994, comprendente la gestione dell’appalto concluso il 7 ottobre 1992 tra Anas e C. per la costruzione di un tratto stradale ricadente nel Comune di *****), aveva rigettato la domanda proposta da C. nei confronti di Anas per lo svincolo dei cd. decimi di garanzia ed il pagamento di Euro 2.864.055,26, oltre IVA e interessi, a titolo di riserve sul presupposto dell’erroneo pagamento delle riserve effettuato da Anas a Coopcostruttori.
2. La Corte di appello riteneva che: a) in forza dell’art. 8 del contratto di affitto di ramo d’azienda tra la concedente C. e l’affittuaria Coopcostruttori, rientrava fra i poteri di quest’ultima gestire le riserve inerenti il contratto di appalto, sicchè i successivi accordi tra Anas e l’affittuaria erano efficaci anche nei rapporti tra Anas e l’appaltatrice, con la conseguenza che Anas non poteva essere chiamata a rispondere nuovamente delle riserve e dei decimi di garanzia in favore di C.; b) l’avvenuta ed efficace risoluzione in via transattiva delle questioni sulle riserve precludeva l’esame di queste; c) correttamente il Tribunale (con statuizione attaccata sia dall’appellante principale C. che da quella incidentale Anas) aveva ritenuto la nullità dell’atto di chiamata in causa di Coopcostruttori da parte di C., non avendo questa formulato in citazione alcuna domanda nei confronti della chiamata; d) correttamente il Tribunale aveva condannato C. alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla chiamata.
3. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione C. affidato a quattro motivi, cui replicano con controricorso Anas e Coopcostruttori; la ricorrente e quest’ultima hanno altresì depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dall’Anas.
L’eccezione non ha pregio: il termine cd. lungo di un anno per proporre ricorso per cassazione ex art. 327 c.p.c., comma 1, (nel testo applicabile ratione temporis, trattandosi di giudizio instaurato anteriormente al 4 luglio 2009, ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 1: Sez. 2, 4 maggio 2012, n. 6784) va aumentato di quarantasei giorni – computati ex numeratione dierum – per la sospensione feriale dei termini processuali, ai sehsi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1, e della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, comma 1, vecchio testo, non dovendosi tenere conto dei giorni compresi tra il 1 agosto e il 15 settembre di ciascun anno per effetto della detta sospensione (Sez. 5, 4 marzo 2015, n. 4310; Sez. 5, 4 ottobre 2013, n. 22699; Sez. 6-1, 9 luglio 2012, n. 11491). Essendo stata pubblicata la sentenza di appello (non notificata) il 26 novembre 2012, il ricorso risulta tempestivamente notificato il 10 gennaio 2014.
5. Con il primo motivo di ricorso C. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1369 c.c. in relazione all’art. 8 del contratto di affitto di azienda stipulato tra la ricorrente e Coopcostruttori: posta l'”esclusiva pertinenza dei crediti anteriori al contratto stesso in capo alla C., che ne rimane ad ogni effetto piena ed esclusiva titolare” (p. 14 del ricorso), l’art. 8 del contratto non prevede che “l’affittuario incassi somme per conto della concedente, nè per corrispettivo, nè per riserve, nè che decida transazioni e le sottoscriva, in assenza di esplicita autorizzazione o espressa richiesta o puntuale delega della C. stessa” (p. 18), sicchè Anas, pur conoscendo il contratto di affitto d’azienda e senza verificare la legittimazione dell’affittuaria, ha “negligentemente pagato a Coopcostruttori somme di spettanza della C. dopo aver negligentemente stipulato con Coopcostruttori transazione avente ad oggetto pretese per riserve in relazione a lavori svolti antecedentemente al contratto d’affitto, e quindi di spettanza della C.” (p. 19); la Corte di appello ha pertanto errato nel ritenere che “la pattuizione de qua, con il conferire all’affittuario la “gestione” delle riserve, gli dà per ciò stesso e per ciò solo la possibilità ed il potere di stipulare transazioni ed incassare direttamente il corrispettivo di quanto dovuto (per riserve), anche a prescindere da mandati espressi” (p. 21); in particolare, la Corte non avrebbe individuato rettamente la comune intenzione delle parti interpretando le clausole in senso complessivo, atteso che la pur non univoca espressione “gestione delle riserve”, contenuta nell’art. 8 del contratto di affitto di azienda, non significa affatto che essa comprenda il potere di transigere e incassare, ove si tenga conto del “contesto complessivo (di cosa siano le riserve nell’ambito degli appalti di opera pubblica; di quale sia la situazione determinata dalla sottoposizione della C. a procedura di concordato preventivo; di quale sia la ratio della stipula del contratto di affitto; di quale sia il comportamento tenuto dalle parti)” (p. 25) e della specificità dell’affitto d’azienda, cui non è applicabile l’art. 2559 c.c.sulla successione nei crediti dell’azienda ceduta.
Con il secondo motivo si deduce omessa pronuncia: la Corte di appello ha considerato “solamente la questione relativa alla opponibilità -validità della transazione, nulla peraltro affermando – statuendo in merito alla legittimità del pagamento di quanto risultante dalla transazione (effettuato direttamente a Coopcostruttori mentre, secondo la C., doveva essere a lei stessa corrisposto)”.
Con il terzo motivo si deduce vizio motivazionale e violazione delle norme e principi in materia di ritenute di garanzia: riguardando i cd. decimi di garanzia le trattenute sul corrispettivo per i lavori eseguiti, almeno tale importo (pari ad Euro 20.992,27, oltre IVA e interessi), non oggetto di contestazioni, deve essere riconosciuto alla ricorrente in quanto non investito dalla transazione poichè in alcun modo connesso alle riserve.
Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 164 e 102 c.p.c.: avendo Anas chiesto in sede di costituzione in giudizio l’integrazione del contraddittorio (alternativamente ex art. 102, o in subordine dell’art. 103, o ancora ai sensi dell’art. 107 c.p.c.) nei confronti di Coopcostruzioni, ed avendo il Tribunale ordinato detta integrazione, C. si era onerata della chiamata in causa onde impedire l’estinzione del processo, ma senza con ciò modificare le proprie conclusioni, dirette nei soli confronti di Anas; ciò con l’ulteriore corollario – per vero trattato da C. solo nella memoria – dell’insoddisfacente governo delle spese del giudizio nel rapporto tra C. e la chiamata.
6. Il primo motivo è inammissibile.
6.1. Va osservato, in generale, che l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata, traducendosi nella ricerca della comune intenzione delle parti contraenti, è indagine riservata al giudice di merito, il cui risultato può essere censurato in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, configurabile quando la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. Ai fini della censura di violazione di legge, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria, in ossequio al principio di specificità del ricorso, l’indicazione dei canoni rimasti in concreto inosservati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice di merito se ne è discostato. La denuncia del vizio di motivazione richiede, invece, la precisa indicazione delle lacune argomentative del ragionamento seguito dal giudice di merito, ovvero delle incongruenze dello stesso, consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, o ancora dei punti inficiati da mancanza di coerenza, cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dalla sentenza. In ogni caso, le predette censure devono essere accompagnate dalla trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, in modo da consentire a questa Corte di verificare la pertinenza delle critiche sollevate e di individuare la diversa portata che il ricorrente pretende di attribuire alla clausola in questione, ancor prima di valutare la sussistenza dei vizi lamentati (nei predetti sensi, tra le altre, Sez. 3, 28 novembre 2017, n. 28319; Sez. L, 15 novembre 2013, n. 25728; Sez. 1, 22 febbraio 2007, n. 4178).
6.2. Tanto richiamato, l’art. 8 del contratto di affitto di azienda in questione prevede, tra l’altro, che “La Cooperativa Costruttori s.c. a r.l. si rende disponibile a curare l’incasso delle quote risultanti dagli stati di consistenza dei lavori di competenza del concedente. Si occuperà altresì della gestione delle riserve tecniche relative ai contratti in corso e proposte dalla concedente, nonchè del contenzioso alle stesse inerente. (…).”. Come evidenziato retro sub 2, lett. a) e b), la Corte di appello ha in sostanza interpretato tale clausola come comprensiva della facoltà di Coopcostruttori di transigere le questioni controverse sulle riserve ed incassare quanto pattuito, precisando inoltre che, “data la predetta pattuizione, non può essere riconosciuto alcun rilievo, nei confronti dell’Anas, alla circostanza che, al momento della definizione della riserva tra essa e la Cooperativa, la C. si trovasse soggetta a concordato preventivo”.
6.3. Nella specie, è dirimente osservare che C., pur trascrivendo nel ricorso il testo dell’art. 8 del contratto di affitto di azienda, da un lato attacca la motivazione offerta sul punto dalla Corte di appello esclusivamente in termini di violazione di legge e, dall’altro, espressamente riconosce (p. 25 del ricorso) la non univocità della dizione “gestione delle riserve tecniche”, contenuta nell’art. 8 cit., ai fini della ricomprensione o meno nell’ambito della stessa della facoltà di Coopcostruttori di incassare e transigere.
6.4. Orbene, a fronte della non implausibile interpretazione della clausola – alla luce del tenore letterale della stessa – accolta dalla Corte di appello, la ricorrente sostiene le proprie argomentazioni opponendo una serie di elementi quali la necessità di un previo ed esplicito mandato a transigere ed incassare, la propria impossibilità di gestire le riserve in quanto sottoposta a concordato, la ricostruzione complessiva del rapporto in chiave teleologica in relazione alla funzione dell’istituto delle riserve, la volontà delle parti desumibile dal richiamo alla complessiva corrispondenza intercorsa tra le stesse, l’inapplicabilità dell’art. 2559 c.c., sui crediti relativi all’azienda ceduta, nel diverso caso di affitto di azienda.
In tal modo, tuttavia, la ricorrente mira in definitiva a sollecitare un non consentito riesame nel merito rispetto all’opzione interpretativa privilegiata – con motivazione sintetica, ma non illogica – dalla Corte di appello, sicchè la censura finisce per infrangersi contro il consolidato principio secondo cui “L’interpretazione del contratto può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicchè, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra” (così, da ultimo, Sez. 3, 10 maggio 2018, n. 11254 e già Sez. 3, n. 28319/2017 cit.).
7. Il secondo motivo è infondato.
7.1. Non ricorre infatti l’omessa pronuncia sull’insussistenza, anche a prescindere dalla validità della transazione, della facoltà di incasso diretto delle somme da parte di Coopcostruttori, atteso che la Corte d’appello – nell’affermare che, in forza dell’art. 8 del contratto di affitto di ramo d’azienda, “rientrava fra i poteri della Cooperativa gestire le riserve inerenti il contratto ora dedotto in giudizio. Pertanto deve affermarsi che i successivi accordi fra l’Anas e la Cooperativa, la cui conclusione, con la definizione di tutti gli aspetti riguardanti le predette riserve e i connessi decimi di garanzia, può ritenersi dimostrata, siano efficaci anche nei rapporti tra l’Anas e la C., con la conseguenza che Anas, dopo tale definizione, non può essere chiamata a rispondere nuovamente delle riserve e dei decimi di garanzia in favore di C.” – ha implicitamente, ma con tutta evidenza, statuito anche in ordine alla validità dei pagamenti.
8. E’ invece fondato il terzo motivo.
8.1. Premesso che il mezzo propone – tanto nella rubrica quanto nella sua illustrazione – due distinte censure, riferite l’una all’omessa o erronea valutazione di un fatto decisivo quale l’estraneità dei cd. decimi di garanzia (ritenute sui pagamenti in conto del corrispettivo dell’appalto) alla “gestione delle riserve” (art. 360, comma 1, n. 5) e, l’altra, alla violazione delle norme (n. 3) applicabili ratione temporis sulle dette ritenute (R.D. 23 maggio 1924, n. 827, art. 48; L. 3 gennaio 1978, n. 1, art. 22; R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 110; D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 33; L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 5), non possono condividersi le censure di inammissibilità del mezzo avanzate da entrambe le controricorrenti con riferimento ad un’omessa pronuncia pur in effetti evocata da C., ma di cui in sostanza non si fa questione (venendo invece in evidenza, come detto, l’omesso esame di un fatto decisivo), nè l’ulteriore censura di inammissibilità opposta da Coopcostruttori circa profili di “merito” – invero insussistenti – che inficerebbero il mezzo.
8.2. Ciò chiarito, il brano della motivazione testè riportato sub 7.1. rende evidente che la Corte di appello ha operato una non consentita commistione tra il tema della “gestione delle riserve”, cui ha riguardo l’art. 8 del contratto di affitto di ramo d’azienda, e quello, affatto diverso, del credito di Euro 20.992,27, oltre accessori, vantato da C. per lo svincolo ed il conseguente pagamento delle ritenute di garanzia, credito inerente al corrispettivo dell’appalto (essendo le ritenute operate sull’importo dei lavori eseguiti: D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 33) che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto rientrare (“… le predette riserve e i connessi decimi di garanzia…”) nel meccanismo gestorio delle riserve (che invece attengono ad ogni pretesa di maggiori compensi, rimborsi o indennizzi per qualsiasi titolo e in relazione a qualsiasi situazione nel corso dell’esecuzione dell’opera: da ultimo, Sez. 1, 28 febbraio 2018, n. 4718 e già Sez. 1, 3 marzo 2006, n. 4702) regolato dalla menzionata clausola.
9. Il quarto motivo è infondato.
9.1. Deve premettersi che al motivo aderisce Anas ribadendo in controricorso quanto argomentato al riguardo nei precedenti gradi di giudizio, ossia che la chiamata in causa di Coopcostruttori, da essa chiesta, “è stata dettata dalla necessità di estendere anche nei confronti dell’impresa affittuaria l’accertamento in ordine alla situazione sostanziale dedotta in giudizio, che coinvolge con evidenza un rapporto plurisoggettivo. D’altra parte la notifica della citazione, della comparsa e dell’ordinanza istruttoria di integrazione del contraddittorio era per ciò solo sufficiente ai fini della suddetta “estensione” (…)” (p. 12 del controricorso).
9.2. Tuttavia, come esattamente dedotto da Coopcostruttori ed osservato anche dal P.M., la chiamata in causa (chiesta da Anas, ma effettuata da C.), siccome priva del petitum (mediato e immediato) nei confronti della chiamata, non poteva estendere automaticamente a questa alcuna domanda poichè in effetti mai formulata contro Coopcostruttori – che non è stata chiamata in giudizio quale soggetto obbligato in relazione al dedotto rapporto – nè da C. nè, tanto meno, dall’Anas.
9.3. Non è dunque esatto il riferimento al principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore nei confronti del terzo chiamato in causa dal convenuto, principio che “opera solo quando tale chiamata sia effettuata dal convenuto per ottenere la sua liberazione dalla pretesa attorea, individuandosi il terzo come l’unico obbligato nei confronti dell’attore, in posizione alternativa con il convenuto ed in relazione ad un unico rapporto, mentre non opera in caso di chiamata in garanzia impropria, attesa l’autonomia dei rapporti.
Tuttavia, anche in caso di rapporto oggettivamente unico, la presunzione su cui si fonda il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore al terzo chiamato (ossia che l’attore voglia la condanna del chiamato, pur avendo agito nei confronti del solo convenuto) non può operare se l’attore escluda espressamente che la propria domanda sia stata proposta nei confronti del terzo chiamato” (Sez. 2, 27 aprile 2016, n. 8411; si v. anche, per l’ipotesi di chiamata in garanzia, Sez. 2, 29 dicembre 2009, n. 27525).
10. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, complessivamente disattesi i restanti, con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame della questione relativa alle ritenute di garanzia.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 18 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018
Codice Civile > Articolo 1362 - Intenzione dei contraenti | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1363 - Interpretazione complessiva delle clausole | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1369 - Espressioni con piu' sensi | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2013 - Girata per incasso o per procura | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2559 - Crediti relativi all'azienda ceduta | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 102 - Litisconsorzio necessario | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 107 - Intervento per ordine del giudice | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 164 - Nullita' della citazione | Codice Procedura Civile