LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16811/2014 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p. t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso cui è
domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –
contro
R.G.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 284/1/13 della Commissione Tributaria Regionale della Campania, depositata in data 13/5/2013 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 16/5/2019 dal Consigliere Dott. Giudicepietro Andreina;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pedicini Ettore, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato dello Stato Paolo Gentili per l’Agenzia delle Entrate.
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate ricorre con quattro motivi avverso R.G. per la cassazione della sentenza n. 284/1/13 della Commissione Tributaria Regionale della Campania, depositata in data 13/5/2013 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’Ufficio, in controversia relativa all’impugnativa del silenzio rifiuto sull’istanza, avanzata dalla contribuente quale esercente la professione di medico convenzionato, volta al rimborso dell’Irap per gli anni 2004, 2005, 2006, 2007 e 2008.
2. Con la sentenza impugnata, la C. T. R., per quanto di interesse in questa sede, limitatamente agli anni 2007 e 2008, per i quali l’Ufficio aveva proposto appello, riteneva che non sussistessero nella fattispecie le condizioni per l’assoggettamento all’Irap, “poichè l’attività professionale svolta dalla contribuente, di medico generico di base, seppur abituale, è carente dei tipici elementi organizzativi e fonda esclusivamente sul suo lavoro personale, non potendosi intravedere autonomia di gestione in caso di sua assenza”. I giudici di appello, quindi, concludevano ritenendo “ultronea ogni altra considerazione espositiva”, “attesi gli approfonditi e dettagliati, nonchè pienamente condivisi, contenuti offerti in parte motiva, a sostegno del proprio deciso, dai giudici di prime cure”.
3. A seguito del ricorso, inoltrato per la notifica in data 23 giugno 2014 e regolarmente recapitato presso il difensore del destinatario, R.G. è rimasta intimata.
4. Il ricorso è stato chiamato all’udienza pubblica del 16 maggio 2019 a seguito di avviso inviato telematicamente via PEC, consegnato il 4/4/2019.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
Secondo la ricorrente, i giudici, violando il principio secondo cui sarebbe stato onere del contribuente, che ha chiesto il rimborso dell’imposta versata, dare la prova della mancanza dell’autonoma organizzazione, sono giunti all’errata conclusione di escludere l’assoggettabilità ad Irap dei proventi dell’attività di medico convenzionato, senza che la contribuente avesse assolto al proprio onere probatorio.
In particolare, per le due annualità oggetto di appello (2007 e 2008), l’Agenzia deduce di aver evidenziato che, dal quadro RE della dichiarazione dei redditi, risultava che la contribuente aveva sostenuto spese per personale dipendente e compensi corrisposti a terzi per attività professionale, oltre ad altre spese documentate, dalle quali sarebbe emersa la sussistenza di un’autonoma organizzazione.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, poichè la C.T.R. avrebbe completamente omesso di pronunciarsi sugli indici rivelatori dell’autonoma organizzazione per gli anni in contestazione.
Con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poichè i giudici di appello hanno ritenuto che non fossero sussistenti i presupposti impositivi, senza spiegare perchè hanno ritenuto irrilevanti i dati contenuti nelle dichiarazioni dei redditi.
Con il quarto motivo, infine, la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, poichè la sentenza impugnata risulterebbe del tutto priva di motivazione o fondata su di una motivazione meramente apparente.
1.2. I motivi sono infondati e vanno rigettati.
1.3. E’ opportuno premettere che, le Sezioni Unite di questa Corte, componendo il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla res controversa, con la sentenza n. 9451 del 2016, hanno statuito, con riguardo al presupposto dell’IRAP, il principio di diritto secondo cui “il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive” (Cass. sez. un. 9451 del 2016, proprio in caso di un medico che aveva solo pochi beni strumentali al suo attivo).
In caso di attività medica convenzionata, non possono ritenersi eccedenti il minimo indispensabile i beni usati conformemente allo statuto della convenzione, ossia la disponibilità di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. n. 270 del 2000, pur in presenza di personale dipendente con mansioni esecutive (vedi, ex multis, Cass. n. 13405 del 2016, 18881/16).
Inoltre, questa Corte ha chiarito che “i compensi corrisposti ai colleghi medici, in caso di obbligatoria sostituzione per malattia o ferie, non rilevano ai fini della configurabilità dell’autonoma organizzazione del medico di medicina generale convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione con cui il giudice di merito, nel respingere l’istanza di rimborso del contribuente, aveva attribuito esclusivo rilievo all’entità delle spese sostenute, identificandole in modo unitario e indistinto per tutti gli anni di riferimento)” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 20088 del 06/10/2016).
Ciò premesso, nel caso di specie, il giudice di appello, ritenendo condivisibili le argomentazioni del giudice di prime cure, ha ritenuto l’assenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, “poichè l’attività professionale svolta dalla contribuente, di medico generico di base, seppur abituale, è carente dei tipici elementi organizzativi e fonda esclusivamente sul suo lavoro personale, non potendosi intravedere autonomia di gestione in caso di sua assenza”.
La decisione del giudice regionale non si discosta dai principi regolativi, ora definitivamente certificati (Cass. S.U. n. 9451/2016), secondo i quali, in tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell’autonoma organizzazione, richiesto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, non ricorre quando il contribuente, responsabile dell’organizzazione, impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive (ex multis, Ordinanza n. 30397/2017della Cassazione Civile, Sez. VI – 5; Ordinanza n. 30392/2017 della Cassazione Civile, Sez. VI – 5; Ordinanza n. 28640 del 29 novembre 2017 della Cassazione Civile, Sez. VI – 5 -; Ordinanza n. 28635/2017della Cassazione Civile, Sez. VI – 5).
Dalla lettura combinata della sentenza d’appello e dell’atto di ricorso dell’agenzia delle Entrate emerge, infatti, che nella specie il thema decidendum riguarda modestissimi importi addotti per lavoro dipendente (959Euro, 2007; 4784Euro, 2008), ampiamente compatibili con prestazioni minimali ed esecutive, ed Euro 34.802 per spese varie (nel biennio), di cui 1736Euro per compensi a terzi (2008, come indicato in ricorso) e 3226Euro per spese varie (2008, in ricorso).
Le altre spese sarebbero, sempre secondo quanto affermato in ricorso dall’Agenzia delle Entrate, relative a canoni di locazione (verosimilmente lo studio) ed a quote di ammortamento per beni strumentali.
Il che, secondo l’id plerumeque accidit, è compatibile con il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività sanitaria, senza superare cioè quella soglia ridotta richiesta dalla normativa convenzionale (D.P.R. n. 270 del 2000) e poi indicata dalle Sezioni Unite per l’esonero dalla imposizione fiscale ai fini dell’IRAP.
Sono, dunque, gli stessi elementi di fatto, riportati nella sentenza d’appello e nel ricorso dell’Agenzia, che consentono di escludere che i limiti enunciati dalle Sezioni Unite siano superati dall’attività del contribuente (conf. Cass. se. 6- 5, nn. 1953/1954,1956 del 2017).
Sicchè la sentenza impugnata, che perviene ad un dispositivo conforme a diritto, secondo il consolidato orientamento di legittimità sopra riportato (SU/9451/2016, 23557-23552/2016, 8728/2018, 23466-22027/2017), va confermata, sia pure con diversa motivazione.
Di conseguenza il ricorso va complessivamente rigettato.
Nulla deve disporsi in ordine alla spese, poichè R.G. è rimasta intimata. Nulle è dovuto per “doppio contributo”.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019