LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29000/2015 R.G. proposto da:
C.G., rappresentato e difeso giusta delega in atti dall’avv. Claudio Coratella, con studio in Roma, via Lago di Lesina n. 35, presso il quale studio è anche elettivamente domiciliato;
– ricorrente –
AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Satato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 5193/1/15 depositata il 1/6/2015, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 5/2/2019 dal consigliere Roberto Succio.
RILEVATO
che:
– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha respinto l’appello del contribuente confermando la pronuncia di prime cure e quindi sancendo la legittimità dell’avviso di rettifica emesso dall’Agenzia delle Dogane, uff. Napoli ***** per IVA all’importazione e diritti doganali;
– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per Cassazione il contribuente con atto affidato a quattro motivi; l’Amministrazione finanziaria resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, in relazione all’art. 111 Cost, art. 2909 c.c., art. 324 c.p.c., e art. 112 c.p.c., per avere la CTR omesso di considerare e riconoscere l’eccepito difetto di legittimazione passiva del contribuente, come riconosciutogli dai giudici del merito nei giudizi relativi all’impugnazione di altri provvedimenti emessi dall’Agenzia delle Dogane e relativi alla medesima vicenda, essendosi quei giudici espressi con sentenza ormai irrevocabile proprio sulla questione relativa alla sua legittimazione passiva qui contestata;
– il motivo è infondato;
– questa Corte applica invero il principio del giudicato, nella giurisprudenza citata dal ricorrente, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato; in questi casi l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo;
– dalla sentenza impugnata si evince infatti come le sentenze passate in giudicato intervenute fra le stesse parti si riferiscono invece a rapporti diversi, vale a dire a dichiarazioni doganali diverse (in termini vedasi Cass. n. 31062/2017) dalle quali sorge ogni volta, all’atto della presentazione, una diversa e autonoma obbligazione tributaria sia quanto ai dazi sia quanto all’IVA alle importazioni, non potendosi riconoscere effetti preclusivi alla soluzione della questione di diritto contenuta nella motivazione ed effettuata dal giudice per pronunciare sulla specifica questione dedotta in giudizio (Cass. n. 16816/2006);
– il secondo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per violazione ed errata applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in combinazione con l’art. 132 c.p.c., n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per avere la CTR reso una motivazione consistente in un mero rimando alle argomentazioni della sentenza di primo grado;
– il motivo è infondato;
– è vero che questa Corte ha ancora di recente statuito che (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24452 del 05/10/2018) in tema di processo tributario è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa; ma proprio in tal sentenza si precisa che ciò avviene quando in concreto resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame;
– nel presente caso, la CTR, sia pur in modo sintetico, ha dimostrato di aver esaminato le censure dell’appellante, che aveva censurato la sentenza della CTP specialmente in punto difetto di prova della partecipazione del C. alla frode doganale, e di averle ritenute infondate in quanto la prova del suo coinvolgimento era in realtà stata fornita, in forza dell’attività istruttoria svolta dall’Amministrazione Finanziaria;
– analogamente, la CTR dà (sempre sia pur sinteticamente) conto delle doglianze relative ai vizi motivazionali dell’atto impugnato e della sentenza di prime cure, ritenendoli entrambi insussistenti sia in forza delle difese concretamente svolte dal contribuente, sia in forza del contenuto logico-giuridico della sentenza della CTP, che il giudice dell’appello ha preso in esame e ritenuto ineccepibile;
– il terzo motivo censura la gravate sentenza per violazione ed errata applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 212 del 2000, art. 7, per mancata allegazione al verbale di accertamento dell’intero processo verbale in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto adempiuto da parte dell’Amministrazione l’onere di motivazione in difetto di allegazione all’atto impugnato del PVC, che era già nella disponibilità del contribuente;
– il motivo è infondato;
– come, invero, già evidenziato da questa Corte, in tema di contenzioso tributario l’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione – D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 42, o della L. 27 luglio 2000, n. 212, ex art. 7, – ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur”, e quindi detto avviso deve ritenersi correttamente motivato ove faccia riferimento ad un processo verbale di constatazione regolarmente notificato o consegnato all’intimato; in particolare, è stato precisato che “in tema di motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, (cosiddetto Statuto del contribuente), nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non intende certo riferirsi ad atti di cui il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione; infatti, un’interpretazione puramente formalistica si porrebbe in contrasto con il criterio ermeneutico che impone di dare alle nonne procedurali una lettura che, nell’interesse generale, faccia bensì salva la funzione di garanzia loro propria, limitando al massimo le cause d’invalidità o d’inammissibilità chiaramente irragionevoli” (Cass. 18073/2008; conf. Cass. 15327/2014 e 26472/2014). Correttamente, pertanto, la CTR, affermata l’avvenuta notificazione o comunque conoscenza in capo al contribuente del pvc, ha ritenuto legittimamente motivato l’avviso di accertamento per relationem al pvc di cui il destinatario dell’avviso aveva avuto legale conoscenza;
– il quarto motivo di ricorso denuncia violazione ed errata applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 201,202,203e 213 CDC, e dell’art. 2727 c.c., tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente riconosciuto in capo al contribuente la posizione di debitore doganale, violando le disposizioni che ne disciplinano la sussistenza e motivando in modo insufficiente sul punto;
– il motivo, complessivamente esaminato, pare del tutto inammissibile in quanto diretto a sollecitare nuovamente una valutazione del merito, ovviamente preclusa in questa sede di Legittimità;
– quanto al denunciato vizio motivazionale, poi, il mezzo è ulteriormente inammissibile, poichè il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis (al quale la fattispecie che ci occupa è sottoposta, dato che la sentenza gravata è stata depositata il 19 dicembre 2014, quindi ben dopo l’11 settembre 2012) non consente la deduzione in cassazione di siffatto vizio nella forma in cui è stato concretamente articolato dal ricorrente;
– pertanto, il ricorso deve essere rigettato; la soccombenza regola le spese.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 1.400,00 oltre a spese prenotate a debito con radoppio del contributo unificato che pone a carico di parte soccombente.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019
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