LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25820-2017 proposto da:
M.A., M.B., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIEDILUCO N. 9, presso lo studio dell’avvocato DI GRAVIO PAOLO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
ARENA NPL ONE SRL e per essa la DOBANK SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE U. TUPINI, 103, presso lo studio dell’avvocato CRIVELLARI FRANCESCA, rappresentato e difeso dall’avvocato TASCIOTTI FAUSTO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1666/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI LAURA.
RITENUTO
Che:
Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma in epigrafe indicata, è stato proposto da M.B. e M.A. ricorso per cassazione con un mezzo; DOBANK SPA (già Unicredit Credit Managment Bank SPA) quale mandataria di Arena NPL One SRL ha replicato con controricorso.
La controversia riguarda un contratto di mutuo stipulato il 7/3/1988, in data anteriore alla entrata in vigore della L. n. 108 del 1996 e non ancora esaurito alla sua entrata in vigore.
Per quanto interessa il presente giudizio, la Corte di appello ha riformato la prima decisione riconoscendo che gli interessi dovuti da M. e M. sulla sorta capitale già accertata in primo grado erano da computare – non al tasso legale, ma – al tasso convenzionalmente pattuito tra le parti e, ove superiore al “tasso soglia”, entro i limiti di questo.
Tutte le parti costituite hanno depositato memoria.
Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
Che:
1. Con l’unico motivo i ricorrenti lamentano la violazione della L. 7 marzo 1996 n. 108, la violazione dell’art. 1815 c.c. e, infine, l’omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
La controversia riguarda un contratto di mutuo stipulato il 7/3/1988, in data anteriore alla entrata in vigore della L. n. 108 del 1996 e non ancora esaurito alla sua entrata in vigore.
La censura concerne la statuizione del giudice del gravame che, in accoglimento del motivo di appello proposto dalla banca, ha affermato, in riforma della prima decisione, che sul credito della banca, accertato nella sorta capitale già nel corso del giudizio di primo grado in Euro 183.916,75, dovevano essere riconosciuti “gli interessi convenzionalmente pattuiti tra le parti a decorrere dalla data di intimazione del pagamento (ovvero dal 16/10/2001) al saldo; con l’ulteriore precisazione che, naturalmente, tali interessi, laddove per tempo superiori al “tasso soglia” andranno comunque ricondotti ai limiti di quest’ultimo”, ciò sulla preliminare e decisiva considerazione che il Tribunale aveva ritenuto infondata la domanda di accertamento della nullità delle clausole contrattuali relative alla previsione di interessi ultralegali, di guisa che non si giustificava la condanna degli originari attori al solo pagamento, oltre la somma capitale, degli interessi nella misura legale a decorrere dalla comunicazione della sentenza.
2. La denuncia sotto il profilo del vizio motivazionale è infondata.
La motivazione sul punto c’è ed è chiarissima, in quanto si fonda sulla statuizione, non impugnata, con la quale il Tribunale ha ritenuto legittima la pattuizione convenzionale di interessi ultralegali, statuizione che integra un giudicato interno, non risultando oggetto di gravame in secondo grado.
Ciò a prescindere dalla inammissibilità del motivo, che non corrisponde al modello legale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis, perchè non individua lo specifico fatto storico totalmente pretermesso (Cass. Sez. U. n. 8053 del 07/04/2014; Cass. n. 20721 del 13/8/2018) 3. Le considerazioni svolte – circa la ricorrenza di un giudicato interno in merito alla liceità delle pattuizioni convenzionali relative agli interessi comportano l’inammissibilità anche della denunciata violazione di legge, atteso che la doglianza sostanzialmente sollecita il riesame di una questione già definita.
La questione, peraltro, è stata risolta dalla Corte di appello in termini maggiormente favorevoli alle parti ricorrenti (prevedendo una riconduzione del tasso, ove superiore, a quello “soglia”) rispetto a quanto discenderebbe dall’applicazione del principio, fissato recentemente in materia dalle Sezioni Unite, secondo il quale “Nei contratti di mutuo, allorchè il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, nè la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto.” (Cass. Sez. U. n. 24675 del 19/10/2017).
V’è da osservare che i ricorrenti nemmeno in memoria si sono confronti con quest’ultima pronuncia a Sezioni Unite, nonostante alla stessa sia stato fatto espresso richiamo nella proposta della relatrice.
4. In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo Sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso;
– Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00=, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, alle spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed agli accessori di legge;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2019