LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7611/2017 proposto da:
*****, in persona del suo amministratore p.t., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI MARINO;
– ricorrente –
contro
G. COSTRUZIONI SPA, in persona del suo Amministratore unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO 10, presso lo studio dell’avvocato ANNA BEI, rappresentata e difesa dall’avvocato FILIPPO MASSARA;
– controricorrente –
e contro
ASTALDI SPA, SEPSA SPA, D.V.F.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 128/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/04/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO
che:
1. Con ricorso notificato per via telematica in data 17 marzo 2017 il *****, impugna la sentenza numero 128-2017, pubblicata il 18 gennaio 2017, emessa dalla Corte d’appello di Napoli in un giudizio instaurato dal Condominio nei confronti di SEPSA S.p.A. e G. Costruzioni S.p.A., ove è intervenuta anche la ASTALTI S.p.A. in qualità di mandataria dell’ATI concessionaria dei lavori di costruzione di una galleria nell’area della città, chiamata in via di manleva da SEPSA S.p.A., in relazione ai danni riportati dal fabbricato condominiale a seguito della realizzazione della linea ferroviaria interrata da parte delle due società convenute.
2. La sentenza della Corte d’appello riformava totalmente la sentenza di primo grado (che aveva condannato le due convenute, in via tra loro solidale, al risarcimento dei danni subiti dal Condominio, e la terza chiamata a manlevare la società appaltatrice delle opere di scavo), sull’assunto che non fosse stato adeguatamente provato il nesso di causalità tra i lavori eseguiti e i danni riportati dal fabbricato, risalenti ad epoca non meglio specificata, perchè “non vi è prova dello stato delle condizioni del fabbricato prima dell’esecuzione della galleria, nè del momento in cui si sono manifestate le asserite lesioni”.
3. Il ricorso è affidato a due motivi. Le parti intimate SEPSA S.p.A. e G. Costruzioni S.p.A. (convenute nel giudizio di promo grado) hanno notificato separati controricorsi nei termini indicati in epigrafe. La terza chiamata non ha resistito.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione ed errata applicazione di norme di diritto in tema di ripartizione degli oneri della prova ex art. 2697 c.c., in relazione al nesso di causalità; con il secondo motivo, collegato al primo, denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame dei riscontri probatori emersi in tema di riconducibilità dell’evento dannoso al comportamento delle convenute che hanno eseguito le opere.
2. I motivi sono inammissibili e, vertendo sulla medesima questione vista sotto diversi profili di nullità della sentenza, vengono trattati congiuntamente.
2.1. Dall’analisi dei risultati delle indagini svolte in sede di accertamento tecnico preventivo e dalla relazione peritale la Corte ha tratto che: i) non vi era contezza dello stato del fabbricato precedente all’esecuzione delle opere di escavazione; ii) sulle preesistenti murature del fabbricato erano stati inseriti elementi strutturali in cemento armato in seguito agli eventi sismici e bradisismici del 1980-1981 ai fini del consolidamento statico dello stesso; iii) le facciate interne presentavano lesioni e rigonfiamenti dell’intonaco in corrispondenza della linea dei solai e che le pareti della casa e delle scale presentavano fessurazioni ad andamento verticale, nonchè tracce e macchie di umidità e che le putrelle di armatura di alcune solette erano risultate ossidate e prive dell’intonaco di protezione, evidenzianti un processo di ammaloramento delle strutture portanti del fabbricato dovuto a cattiva manutenzione; iv) la costruzione della galleria sotterranea era stata eseguita a notevole profondità, oltre il sottosuolo del fabbricato, ed era in linea con il progetto di variante.
2.2. Quanto al primo motivo, si osserva che la Corte di merito ha dimostrato di avere compiutamente valutato gli elementi di prova acquisiti sul nesso causale tra il fatto (i lavori di escavazione e di costruzione della linea ferroviaria sotterranea) e il danno (le fessurazioni) sulla scorta dei principi indicati da questa Corte in materia di responsabilità extracontrattuale che pongono in capo all’attore l’onere di provare ogni elemento della responsabilità del convenuto, compreso il nesso causale, al fine di offrire elementi di prova idonei a correlare il fatto al danno se non in termini di certezza, almeno in termini di adeguatezza o di regolarità causale (cfr. S.U. 576/2008). Nell’argomentare sulle ragioni del rigetto della pretesa risarcitoria la Corte territoriale non risulta avere violato le regole sulla ripartizione degli oneri probatori in tale materia, mentre del tutto inammissibili sono le censure mosse in merito alla valutazione, insindacabile in questo contesto di giudizio di legittimità, degli elementi di prova acquisiti, effettuata sulla scorta delle CTU acquisite e dei rilievi del Ct di parte.
2.3. Quanto al secondo motivo, è sufficiente richiamare che la consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perchè volta a coadiuvare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito (Sez. 3 -, Ordinanza n. 3717 del 08/02/2019; Sez. 3, Sentenza n. 6155 del 13/03/2009). Peraltro la Corte territoriale ha ritenuto che il quadro fattuale di riferimento constatato nella ATP non fosse mutato anche in seguito alla CTU disposta nel primo grado di giudizio, dopo che il Condominio aveva eseguito le opere di ristrutturazione e di consolidamento strutturale, non essendo emersi elementi di prova “nè in ordine all’entità e al tipo di intervento eseguito dal Condominio, nè al tempo in cui si era manifestato il quadro fessurativo”. Nel recepire le conclusioni delle consulenze, comprese le valutazioni del Ct di parte, la Corte non ha fatto altro che riferirsi a un quadro probatorio all’origine mancante che, come è noto, spetta al giudice valutare in via definitiva, e non al CTU che non ha fornito una valutazione tecnica chiara ed esaustiva in ordine al nesso eziologico tra le fessurazioni e gli scavi. Pertanto gli elementi di prova in discussione non risultano essere stati omessi, bensì in via definitiva valutati come complessivamente non idonei a provare la causa del danno.
2.4. Le censure pertanto sono inammissibili sotto il profilo dell’art. 366 c.p.c., n. 4, poichè la lettura dei due motivi, al lume della motivazione, evidenzia come la loro illustrazione sia parziale e non si correli alla motivazione amplissima ed esaustiva enunciata dalla Corte territoriale (Cass. SU n. 7074 del 2017).
3. Conclusivamente il ricorso è inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, a favore delle parti separatamente resistenti.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 7.200,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 15 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019