LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17554/2015 proposto da:
F.R., F.A., elettivamente domiciliati in Roma, P.Za B. Cairoli 6, presso lo studio dell’avvocato Piero Guido Alpa, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
C.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Carso 77, presso lo studio dell’avvocato Luciano Alberini, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Edoardo Pontecorvo;
– controricorrente –
e contro
D.G.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 641/2015 della Corte d’appello di Roma, depositata il 29/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/01/2019 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha chiesto la rimessione del ricorso alla pubblica udienza ovvero in subordine il rigetto del ricorso.
RILEVATO
che:
– il presente giudizio trae origine dalla domanda proposta da C.A. nei confronti di F.F. e volta ad ottenere l’accertamento in via incidentale della non autenticità del testamento olografo del 7 settembre 1995, asseritamente proveniente da O.A. ved. F., di cui l’attore era nipote ed il convenuto figlio, e, conseguentemente, accertare la sua qualità di erede per la quota disponibile del patrimonio relitto e con l’effetto che all’attore spettava la quota ereditaria pari ai 2/3; proseguiva chiedendo disporsi la giudiziale divisione del patrimonio tra l’attore ed il convenuto coerede in qualità di figlio della testatrice;
– costituitosi, il convenuto chiedeva il rigetto delle domande attoree, contestando il contenuto del testamento datato 27 giugno 1995 fatto pubblicare dal C., del quale contestava l’autenticità e chiedeva dichiararsi l’indegnità e conseguente esclusione dalla successione di parte attrice ai sensi dell’art. 463 c.c., n. 6;
– disposta da parte dell’adito Tribunale di Roma ctu grafica su entrambi i testamenti ed indicate le scritture di comparazione, con la sentenza pubblicata il 30/09/2005 il tribunale romano accertava la non provenienza dalla testatrice del testamento datato 7 settembre 1995, al contempo statuendo la provenienza dalla stessa di quello datato 27 giugno 1995 e dichiarava eredi della defunta C.A. per la quota disponibile e per la quota legittima e, pertanto, per complessivi 2/3, F.F. e, per esso, deceduto in corso di causa, le di lui eredi D.G.A. ved. F., F.A. e R. per 1/3, alla stregua dei rapporti interni tra questi ultimi contenuti nelle disposizioni testamentarie di F.F.;
– avverso tale sentenza, e per quanto qui ancora di interesse, i convenuti F.A. e R. proponevano appello;
– in particolare, gli appellanti deducevano con il primo motivo il vizio di omessa pronuncia della sentenza di primo grado per non avere il tribunale pronunciato sull’eccezione di nullità della ctu dipendente dal fatto che il consulente aveva effettuato un’indebita comparazione tra le scritture in verifica ed una scrittura non inserita tra le comparative;
– con il secondo motivo gli appellanti denunciavano il “malgoverno del materiale probatorio” da parte del tribunale di primo grado e dichiaravano di proporre in via incidentale querela di falso avverso la scrittura di comparazione del 22 aprile 1992, c.d. C2 utilizzata come base fondamentale della consulenza e della decisione impugnata e risultata, a seguito di perizia grafologica, formata falsamente (per “ammantare” di verità il testamento datato 27 giugno 1995;
– la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 641, depositata il 29 gennaio 2015, ha dichiarato inammissibile la querela di falso e rigettato l’appello;
– la corte territoriale ha ritenuto non determinante nella formazione del giudizio del ctu la scrittura di comparazione C2, precisando di non avere ammesso la querela di falso perchè, anche ipotizzata la sua falsità, la circostanza sarebbe irrilevante ai fini dell’attendibilità delle conclusioni del ctu, atteso che il consulente è pervenuto alla conclusione formulata sulla scorta delle numerose scritture di comparazione utilizzate, quali le compravendite del 12 marzo 1970 e dell’11 dicembre 1987, il testamento pubblico del 1 dicembre 1987, la procura speciale del 15 settembre 1987, oltre la firma apposta sulla tessera di pensione;
– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dai ricorrenti F.R. e A., con ricorso notificato il 2 luglio 2015 ed articolato sulla base di tre motivi;
– resiste C.A. con controricorso notificato il 15 settembre 2015;
– entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ai sensi dell’art. 380bis.l. c.p.c..
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 355,222 e 221 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere il giudice d’appello omesso di effettuare l’interpello di C.A. che aveva prodotto in causa la scrittura di comparazione C2 impugnata impugnata di falso ed avere, invece, proceduto immediatamente alla valutazione di rilevanza del documento;
– il motivo è inammissibile;
– a prescindere dalla questione riguardante la applicabilità dell’interpello di cui all’art. 222 c.p.c., al modulo procedimentale delineato dall’art. 355 c.p.c., ed, in caso positivo, le conseguenze dell’omissione di esso, appare, come evidenziato dal P.M., risolutiva la ritenuta ininfluenza del documento impugnato;
– la corte d’appello ha infatti affermato che la scrittura di comparazione oggetto della querela di falso non era stata determinante nella formazione del giudizio del ctu e, una volta ritenuta l’ininfluenza della stessa, il disporre l’interpello avrebbe costituito un passaggio processuale inutile ed incidente sulla ragionevole durata del processo;
– del resto è principio consolidato che non possa denunciarsi la violazione formale di una norma processuale che comunque non abbia determinato alcuna lesione delle garanzie difensive del ricorrente (cfr. Cass. 2626/2018; id. 15676/2014);
– con il secondo motivo si censura la sentenza gravata per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, laddove è stata ritenuta l’irrilevanza della scrittura di comparazione C2 utilizzata dal ctu e posta a fondamento della decisione di primo grado;
– il motivo è infondato pur essendo ammissibile in considerazione del fatto che l’art. 348-ter c.p.c., comma 5 (che vieta al ricorrente di formulare il motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel caso di c.d. doppia conforme, ovvero conformità della motivazione in fatto della decisione di appello e di primo grado) postula non solo la conformità dei dispositivi delle sentenze di primo e di secondo grado, ma anche la conformità delle motivazioni in fatto, che nel caso di specie non è ravvisabile, atteso che il giudice d’appello ha confermato la conclusione del giudice di prime cure escludendo dal suo percorso argomentativo il documento impugnato di falsità;
– nel caso di specie, la corte d’appello ha argomentato l’irrilevanza della scrittura C2 dall’esame comparativo della scheda testamentaria e di numerose altre scritture, specificamente indicate e contenenti sottoscrizioni apposte su atti notarili e quindi) autenticate (cfr. pag. 5 della sentenza, terzo, quarto e quinto capoverso);
– così facendo ha reso una motivazione della statuizione non inesistente, nè apparente o perplessa e, pertanto, immune dall’ipotizzato vizio motivazionale;
– con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2702 c.c. e artt. 214,215,221,222 e 355 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, laddove la corte distrettuale ha fatto riferimento alla circostanza secondo cui la scrittura di comparazione C2 sarebbe stata accettata dai F. in sede di conferimento dell’incarico di ctu in primo grado e durante il corso delle operazioni, con conseguente pretestuosità della contestazione svolta in appello;
-ritengono, infatti, i ricorrenti che la querela di falso proposta in appello non fosse tardiva, potendo essere proposta in corso di causa, in qualunque stato e grado di giudizio, finchè la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato;
– inoltre ad avviso dei ricorrenti la querela era ammissibile perchè relativa ad una scrittura privata tacitamente riconosciuta;
– il motivo è inammissibile;
– il riferimento all’intervenuta accettazione della scrittura di comparazione C2 costituisce nel percorso argomentativo della corte di merito una ratio decidendi alternativa ed autonoma rispetto a quella incentrata sulla ininfluenza della scrittura di comparazione contestata, che però, come si è visto esaminando e rigettando il secondo motivo del ricorso, è da sola idonea e sufficiente a sorreggere la decisione impugnata, di talchè nessuna incidenza sulla tenuta della decisione potrebbe avere l’esito del mezzo in esame;
– l’esito sfavorevole di tutti i motivi comporta dunque il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti, in applicazione del principio di soccombenza, alla rifusione in solido delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in Euro 4000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019