Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.23849 del 25/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

GEMAR s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via F.Pacelli n. 14 presso lo studio dell’Avv. Gian Maria Frattini e rappresentata e difesa per procura in calce al ricorso dall’Avv. Luigi Maiello.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore, elettivamentè domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 219/12/2012 della Commissione Tributaria Regionale della Campania-sezione distaccata di Salerno, depositata il 22.03.2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15.05.2019 dal Consigliere Dott.ssa Crucitti Roberta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De Matteis Stanislao che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo;

FATTI DI CAUSA

GEMAR s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, propone ricorso, su due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno (d’ora in poi C.T.R.), in parziale accoglimento dell’appello avverso la decisione di primo grado (integralmente sfavorevole), aveva determinato i maggiori corrispettivi, accertati mediante l’utilizzo degli studi di settore ai fini dell’IVA, IRAP e IRPEF dell’anno di imposta 2004, in Euro 49.256.

Il Giudice di appello fondava la decisione sulla considerazione che l’Ufficio non aveva negato di avere vagliato l’ipotesi di adesione del contribuente con la concessione di un abbattimento dei corrispettivi in quella misura; circostanza questa che poteva indurre a far ritenere che le ragioni della contribuente, in ordine alla localizzazione dell’esercizio e agli orari praticati, fossero da condividere, almeno parzialmente.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso, articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 in combinato disposto con l’art. 62, sexies, D.L. n. 331 del 1993 nonchè degli artt. 2697,2728 e 2729 c.c..

Secondo la prospettazione difensiva, la sentenza impugnata era erronea laddove la C.T.R. aveva assegnato valore di presunzione legale agli studi di settore, comportando una inversione dell’onere della prova in capo al contribuente; inoltre, sempre secondo la ricorrente, la violazione di legge emergeva evidente dal fatto che nell’avviso di accertamento non era stata riportata la fase del contraddittorio.

2.Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza impugnata di omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Secondo la ricorrente il principio di diritto affermato nella sentenza si poneva in aperta contraddizione con la decisione assunta in fatto, senza che la C.T.R. avesse dato alcuna giustificazione in ordine alla parzialità della decisa riduzione dell’imponibile.

3. Il ricorso non merita accoglimento.

3.1. Non sussiste, infatti, la violazione di legge dedotta con il primo motivo laddove la decisione impugnata è assolutamente coerente con i principi, dei quali ha fatto concreta applicazione, dettati da questa Corte (cfr. Sez. Un. 18 dicembre 2009 n. ri 26635, 26636, 26637 e 26638) la quale, in materia, ha avuto modo di statuire che le risultanze degli studi di settore acquiscono valenza di presunzioni qualificate all’esito del contraddittorio preventivo con il contribuente, come è avvenuto, pacificamente, nel caso in esame.

In ordine, poi, alla questione, parimenti sollevata con il motivo relativa ad una dedotta illegittimità, per difetto di motivazione dell’avviso di accertamento (perchè non sarebbe stato riportato l’esito del contraddittorio e le ragioni per le quali l’Ufficio non aveva tenuto conto delle contestazioni sollevate dalla contribuente) la censura incorre nella sanzione di inammissibilità giacchè da un canto, la questione, nel silenzio sul punto della sentenza impugnata e in mancanza di specificazione in ricorso di quando e dove tale eccezione sia stata sollevata, appare nuova e, dall’altro, non viene neppure riportato in ricorso, con difetto di sufficienza, il contenuto dell’avviso di accertamento (cfr.Cass. 13/2/2015 n. 2028; id. n. 16147 del 28/6/2017).

3.2. Nè si ravvisa la dedotta contraddittorietà e illogicità della motivazione come eccepita con il secondo motivo. La sentenza impugnata, del tutto coerentemente, ha affermato che gli studi di settore hanno valenza di presunzioni semplici (che si qualificano all’esito del contraddittorio) e ha, senza che ciò comporti contraddizione alcuna, concluso che nel contraddittorio il contribuente aveva fornito giustificazioni idonee a ridurre, ma non ad azzerare, i maggiori ricavi desunti dall’applicazione dello studio di settore.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato e la ricorrente, soccombente, va condannata al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese nella misura liquidata in dispositivo.

5 Sussistono i presupposti, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriorè importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla refusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 3.500,00 (tremilacinquecento) oltre spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 25 settembre 2019

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