Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.23895 del 25/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1578/2018 R.G. proposto da:

C.A., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Federico PARDINI, ed elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 807/06/2017 della Commissione tributaria regionale della LIGURIA, depositata il 31/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/05/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di un’intimazione di pagamento dell’IVA dovuta da C.A. per l’anno d’imposta 2000, nonchè della prodromica cartella di pagamento, con la sentenza impugnata la CTR rigettava l’appello proposto dal contribuente rilevando la regolarità della notifica della predetta cartella e l’inammissibilità dei motivi di impugnazione dell’intimazione di pagamento in quanto non riproposti in quel grado di giudizio;

– avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replicano le intimate con controricorso;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale il ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, incentrato sull’omessa pronuncia sul motivo di impugnazione dall’atto di intimazione per mancanza di notifica di un “apposito atto di accertamento/rettifica o di liquidazione”, nonchè sulla nullità della sentenza per motivazione apparente, viene dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per “mancato esame dell’eccezione di mancata notifica di atto presupposto”, “difetto di motivazione”, “nullità della notifica del prodromico avviso di accertamento per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60,” e “decadenza e conseguente inesistenza del debito tributario”.

2. Pur volendo tralasciare i profili di inammissibilità del mezzo in esame per la simultanea deduzione, in relazione alla medesima statuizione impugnata, del vizio di violazione di norme di diritto e del vizio logico di motivazione, accomunati inestricabilmente nella esposizione del motivo, in modo da tale da non rendere possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio (cfr. Cass. n. 9793 del 2013; v. anche Sez. U., n. 9100 del 2015 e, in motivazione, Cass. n. 17526 del 2016 che richiama Sez. U. n. 26242 del 2014 e Sez. U. n. 17931 del 2013, nonchè, più recentemente, Cass. n. 22343 del 2018, non massimata), il motivo è manifestamente infondato in quanto la CTR ha accertato la regolarità della notifica della cartella di pagamento, che il contribuente avrebbe dovuto impugnare tempestivamente per contestare l’omessa notifica dell’atto impositivo ad essa prodromico. Invero, rientrando la cartella di pagamento nel novero degli atti elencati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, vi è un obbligo d’impugnazione in capo al contribuente, il cui mancato esercizio preclude al medesimo la possibilità d’impugnazione con l’atto successivo dell’atto ad esso prodromico, comportando la cristallizzazione del credito indicato nella cartella (arg. da Cass. 10987 del 2011, n. 2616 del 2015, n. 14675 del 2016, n. 26129 del 2017). In suona sostanza, l’accertata regolarità della notifica della cartella di pagamento rendeva superflua la verifica da parte dei giudici di appello della regolarità della notifica del prodromico avviso di accertamento, con la conseguenza che su tale questione non è ravvisabile alcuna omessa pronuncia o, come pure deduce il ricorrente, un vizio di motivazione della sentenza impugnata.

3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l'”errato esame delle produzioni relative alle notifiche degli atti prodromici” nonchè la violazione dell’art. 139 c.p.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b-bis, la “nullità della notifica sia dell’avviso di accertamento che della cartella esattoriale presupposti dell’intimazione impugnata, nonchè “decadenza e conseguente inesistenza del debito tributario”, sostenendo, tra l’altro, l’omesso invio da parte dell’ufficiale postale della raccomandata informativa necessario per il completamento del procedimento di notificazione della cartella di pagamento.

4. Il motivo è inammissibile sia per la commistione delle censure, al pari di quanto si è detto esaminando il precedente mezzo di cassazione, sia per la novità della questione dedotta, in quanto la mancata notifica della raccomandata informativa doveva essere dedotta in primo grado, a seguito della produzione documentale delle parti resistenti, con motivi aggiunti del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24. Ma di ciò non vi è prova in atti ed anzi, il motivo in esame è sul punto anche carente di autosufficienza, posto che “qualora una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa” (Cass. n. 1435 del 2013; conf. Cass. n. 23675 del 2013, n. 27568 del 2017).

5. Conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2019

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