LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6332-2018 proposto da:
B.B., in proprio e nella qualità di titolare della Ditta CENTRO BENESSERE DI B.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 44, presso lo studio dell’avvocato GREGORIO EQUIZI, rappresentata e difesa dall’avvocato STEFANO MIGLIETTA;
– ricorrente –
contro
V.M., V.G., nella qualità di eredi di VE.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ETTORE PAIS 18, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA CERIOLI, rappresentati e difesi dall’avvocato ELIO ZECCA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 286/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 17/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 4218/14, emessa il 7 novembre 2014, dichiarò la risoluzione del contratto di locazione del 12 aprile 1995 per inadempimento della conduttrice B.B.; dichiarò quest’ultima responsabile dei danni arrecati all’immobile locato e, per l’effetto, ne determinò l’ammontare in Euro 16.842,00, oltre interessi legali dalla domanda fino al soddisfo; dichiarò Ve.Gi. (locatore), del quale gli attuali ricorrenti sono eredi, responsabile dei danni arrecati alla conduttrice in conseguenza dei comportamenti omissivi posti in essere in relazione ai fatti di cui al procedimento civile n. 4831/05 e ne determinò l’ammontare in Euro 4.000,00, oltre interessi dalla data della domanda fino al soddisfo; condannò, per l’effetto, la B. al pagamento, in favore di V.G. e V.M., quali eredi di Ve.Gi., della somma di Euro 12.842,00, oltre interessi dalla data della domanda fino al soddisfo, a titolo di differenza tra le somme come sopra quantificate; accolse l’opposizione proposta da Ve.Gi. avverso il D.L. n. 854 del 2007, e, per l’effetto, revocò il D.L. opposto; compensò le spese.
Avverso tale pronuncia B.B. propose appello, del quale gli appellati, nella indicata qualità, costituendosi in secondo grado, chiesero il rigetto; V.G. e V.M., inoltre, proposero, a loro volta, appello incidentale.
La Corte di appello di Lecce, con sentenza n. 286/17, pubblicata il 17 novembre 2017, rigettò l’impugnazione principale; accolse, per quanto di ragione l’appello incidentale e, per l’effetto, rigettò la domanda di risarcimento del danno proposta dalla B., regolò tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e diede atto che, essendo stato l’appello principale integralmente respinto, sussistevano i presupposti di cui al T.U. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (per evidente lapsus calami indicato, nel dispositivo di quella sentenza, come 11/2002), introdotto dalla L. 25 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
Avverso la sentenza della Corte di merito B.B., in proprio e nella qualità di titolare della Ditta Centro Benessere di B.B., ha proposto ricorso per cassazione, basato su quattro motivi e illustrato da memoria.
V.G. e V.M. hanno resistito con controricorso.
La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.
2. Rileva preliminarmente questa Corte che la ricorrente non ha, come invece prescritto dall’art. 369 c.p.c., depositato la copia autentica con la relata di notifica della sentenza impugnata, pubblicata il 17 novembre 2017, che la stessa B. ha indicato in ricorso essere stata notificata in data 18 dicembre 2017, nè a tanto hanno provveduto i controricorrenti.
2.1. Peraltro, il mancato deposito, a cura della ricorrente, nel termine di cui all’art. 369 c.p.c., della copia autentica della sentenza impugnata corredata della relata di notifica (rilevante nella specie, atteso che il ricorso risulta essere stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica ed effettivamente notificato in data 16 febbraio 2018, quindi oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata, con esito negativo della cd. prova di resistenza), risulta confermato dalla stessa ricorrente nella memoria datata 13 marzo 2019 e depositata dalla B. che, a tale ultimo atto, ha pure allegato copia autentica della sentenza di secondo grado con la relata di notifica, sostenendo di non aver allegato la stessa al fascicolo di parte “per mero errore materiale”.
2.2. Osserva il Collegio che il mancato deposito, nei termini stabiliti dall’art. 369 c.p.c., a pena espressa di improcedibilità, della copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notificazione (nella specie avvenuta a mani proprie del procuratore costituito della B., a mezzo ufficiale giudiziario), non configura, come sostenuto dalla ricorrente un errore materiale sanabile e, comunque, idoneo ad evitare la prescritta improcedibilità.
1.3. In particolare, va evidenziato che, con la sentenza del 2 maggio 2017, n. 10648, le Sezioni Unite hanno ribadito che l’art. 369 c.p.c., non consente di distinguere tra deposito della sentenza impugnata e deposito della relazione di notificazione, con la conseguenza che anche la mancanza di uno solo dei due documenti determina l’improcedibilità, che l’improcedibilità può essere evitata se il deposito del documento mancante avviene in un momento successivo, purchè entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione, che l’improcedibilità non può, invece, essere evitata qualora il deposito avvenga oltre detto termine e che, al contrario, l’improcedibilità non sussiste quando il ricorso per cassazione risulta notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza e, quindi, nel rispetto del termine breve per l’impugnazione, perchè in tal caso perde rilievo la data della notifica del provvedimento impugnato (Cass. 10/07/2013, n. 17066) e, pertanto, non risulta necessario il deposito della relazione di notificazione della sentenza impugnata, dovendo, in ogni caso, essere però depositata la copia autentica della sentenza impugnata.
2.4. Con la già richiamata pronuncia delle SS.UU. del 2 maggio 2017, n. 10648, questa Corte ha pure affermato che, in tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotta dalla parte controricorrente o perchè presente nel fascicolo d’ufficio acquisito su istanza di parte, con la precisazione che tale ultima affermazione deve essere rettamente confinata – come specificato da Cass., ord., 15 settembre 2017, n. 21386 – alle sole limitate ipotesi, diverse da quella all’esame, in cui la decorrenza del termine breve per ricorrere in cassazione sia ricollegata dalla legge alla comunicazione del provvedimento ovvero nelle altre ipotesi in cui la legge preveda che sia la stessa Cancelleria a notificare la sentenza e che tale notificazione sia idonea a far decorrere il termine di cui all’art. 325 c.p.c., in quanto, al di fuori di tali ipotesi eccezionali, trattasi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio.
3. Il ricorso va, pertanto, dichiarato improcedibile.
4. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 28 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2019