LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8915-2018 proposto da:
S.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MURANA;
– ricorrente –
contro
AVIVA ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO NOBILONI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELE PAOLETTI;
– controricorrente –
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SCRIMA ANTONIETTA.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 384/2010, il Tribunale di Trapani rigettò la domanda proposta nel 2006 dalla AVIVA Italia S.p.a. – società assicuratrice, per i rischi della navigazione, dell’imbarcazione da diporto a motore, modello Stama 37, provvista di motori Volvo Penta n. 1544/2004 e 1545/2004, non immatricolata all’epoca dei fatti di cui si discute in causa) – la quale, premesso che a seguito di un sinistro verificatosi il 29 luglio 2004, durante un giro di prova nelle acque antistanti il litorale di Gallipoli, l’imbarcazione assicurata aveva riportato gravi danni, in relazione ai quali essa aveva corrisposto agli assicurati ( F.F., conduttore in leasing dell’imbarcazione, e Selma Bipiemme Leasing S.p.a., proprietaria dell’imbarcazione) la somma di Euro 51.790,48, aveva convenuto in giudizio – agendo in via surrogatoria ex art. 1916 c.c. – S.A., titolare dell’omonimo cantiere navale con sede a *****, a rifonderle a titolo risarcitorio l’importo dell’indennizzo in questione, sul rilievo che il sinistro si era verificato allorquando l’imbarcazione era ancora dotata di targa temporanea ed era affidata alla custodia del predetto cantiere navale, il quale non aveva fatto buon uso degli obblighi sullo stesso incombenti, in particolare affidando la conduzione della barca ad uno skipper (tale C.F.) che aveva tenuto una condotta gravemente colposa.
Il giudice adito in primo grado osservò che: 1) la consegna dell’imbarcazione al F. era avvenuta anteriormente all’effettuazione del giro di prova conclusosi con il danneggiamento del natante; 2) il C., pertanto, aveva accompagnato il F. di propria iniziativa, e non già in qualità di incaricato dal titolare del cantiere S., evidenziando che in tal senso deponeva la circostanza che nel rapporto riassuntivo dell’inchiesta sommaria condotta dalla Capitaneria di Porto di Gallipoli non si faceva alcun cenno al possesso della targa di prova da parte dei soggetti che si trovavano sull’imbarcazione al momento del sinistro e che la targa di prova era nella disponibilità di P.B., dipendente del cantiere S., che aveva fatto rientro a ***** prima che il F. ed il C. avessero iniziato la navigazione notturna conclusasi con l’incidente.
Avverso tale sentenza Aviva Italia S.p.a. propose impugnazione della quale l’appellato chiese la declaratoria di inammissibilità o il rigetto.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza pubblicata il 6 marzo 2017, in riforma della sentenza impugnata, condannò la Società Cantiere Navale A.S. S.r.l. (così indicando la parte appellata, per evidente lapsus calami, laddove trattasi di cantiere navale gestito sotto forma di ditta individuale da S.A. del quale prende il nome, come risulta dalla medesima sentenza, v. p. 3, ed è incontestato tra le parti, v. ricorso p. 1 e controricorso p. 1 e 2) al pagamento, in favore di Aviva Italia S.p.a., della complessiva somma di Euro 51.790,48, oltre rivalutazione e interessi, come indicato nella motivazione di quella sentenza, nonchè alla restituzione, in favore della società appellante, delle spese liquidate dal Tribunale per il primo grado di giudizio e al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio di merito.
Ritenne la Corte territoriale che “al momento del sinistro l’imbarcazione non era stata ancora consegnata all’acquirente, non essendo stato redatto alcun verbale di consegna. Il compendio fotografico in atti, peraltro, testimonia(va) la presenza della targa di prova sull’imbarcazione, dopo il sinistro. La barca, pertanto, rientrava ancora nella sfera di custodia del Cantiere, risultando a ben vedere inconferenti le contrapposte prospettazioni circa il ruolo svolto dallo skipper C. ed il suo rapporto, al momento del sinistro, col Cantiere o col F….. (era) certo invero che il natante doveva essere custodito adeguatamente dal Cantiere – il quale peraltro non (aveva) evocato alcuna circostanza esimente – mediante personale all’uopo adeguatamente capace e responsabilizzato. L’avvenuto rientro, a *****, dell’altro dipendente della società S., peraltro, costituiva) circostanza di rilevanza secondaria, e comunque di certo non favorevole all’appellato, perchè dimostra(va) che la consegna dell’imbarcazione e le ultime prove in mare erano state ormai concentrate nel C.”.
Avverso la sentenza della Corte territoriale S.A., titolare dell’omonimo cantiere navale, ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo, cui ha resistito Aviva Italia S.p.a. con controricorso illustrato da memoria.
La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.
2. Con l’unico motivo, veicolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente lamenta che la Corte di appello avrebbe “omesso di esaminare un fatto decisivo acquisito al giudizio ed oggetto di discussione, e cioè il fatto che il disposto dell’art. 4 delle condizioni generali di contratto di assicurazione tra il F. e la Aviva Italia s.p.a. escludeva l’operatività della garanzia”.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Ed invero l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (Cass., sez. un., 7/04/2014, n. 8053; Cass. 8/03/2017, n. 5795; Cass. 13/08/2018, n. 20718; Cass. ord. 29/10/2018, n. 27415), nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive o di clausole contrattuali ovvero l’interpretazione di tali clausole.
Inoltre, il motivo proposto, inammissibilmente neppure coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, fondata sulla perdurante custodia dell’imbarcazione in parola in capo al cantiere.
3. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 28 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2019