LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13210-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001 in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
M.G. M.G., M.D., elettivamente domiciliati in ROMA VIA GUGLIELMO SALICETO 4, presso lo studio dell’avvocato BARBARA RIZZO, rappresentati e difesi dall’avvocato ENZO LUCA FUMAROLA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1005/29/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BARI SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 23/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE CAPOZZI.
FATTO E DIRITTO
erroneamente la CTR aveva ritenuto che i contribuenti non fossero eredi, mentre, al contrario, essi erano eredi a tutti gli effetti, pur se accettanti con beneficio d’inventario;
che, con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto erroneamente la CTR aveva ritenuto che era l’ufficio a dover provare la qualità di eredi dei contribuenti, mentre invece proprio questi ultimi avevano indicato la loro qualità di eredi con beneficio d’inventario fin dal giudizio di primo grado con una memoria illustrativa depositata il 17 ottobre 2008; pertanto l’ufficio non avrebbe dovuto fornire alcuna prova circa la qualità di eredi con beneficio d’inventario rivestita dai contribuenti;
che i contribuenti si sono costituiti con controricorso;
che il primo motivo di ricorso è fondato;
che, invero, la CTR ha effettivamente confuso la situazione del chiamato all’eredità con quella dell’erede con beneficio d’inventario, atteso che, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 23389 del 2017; Cass. n. 4788 del 2017), chi accetta l’eredità con beneficio d’inventario è a tutti gli effetti erede, ai sensi dell’art. 490 c.c., comma 2; e l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario non determina di per sè sola il venir meno della responsabilità patrimoniale degli eredi per i debiti anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto di questi ultimi a non risponderne “ultra vires hereditatis”, cioè al di là del valore dei beni lasciati dal de cuius;
che, pertanto, gli eredi, nei cui confronti l’ufficio faccia valere le proprie pretese creditorie tributarie, hanno interesse a far valere la limitazione della propria esposizione debitoria mediante un accertamento giudiziale; ed a tale interesse degli eredi si Rilevato Che: l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso una sentenza della CTR della Puglia, sezione staccata di Taranto, di accoglimento dell’appello proposto dai contribuenti M.G., M.G. e M.D., quali eredi del defunto MI.Gi., contro una decisione della CTP di Taranto, di rigetto del ricorso da essi proposto avverso un avviso di accertamento con il quale era stato determinato nei loro confronti un maggior reddito del loro dante causa MI.Gi. per maggiori ricavi 1986 accertati in capo alla s.r.l. “MIDA”, di cui il defunto MI.Gi. era socio al 50%; che secondo la CTR l’ufficio non aveva fornito la prova che i ricorrenti M.G., M.G. e M.D., chiamati all’eredità del defunto MI.Gi. e non eredi del medesimo, per averne accettato l’eredità con beneficio d’inventario, avessero accettato l’eredità del defunto MI.Gi., si che l’ufficio non poteva da essi esigere l’adempimento delle obbligazioni del loro dante causa.
Considerato Che: il ricorso dell’Agenzia delle entrate è affidato a due motivi; che, con il primo motivo, viene lamentata violazione e falsa applicazione dell’art. 484 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto i tre contribuenti non potevano ritenersi meri chiamati all’eredità, avendo essi accettato l’eredità con beneficio d’inventario, da ritenere come una delle modalità di accettazione dell’eredità, la quale differiva dall’accettazione pura e semplice solo in quanto il patrimonio del defunto era tenuto distinto da quello dell’erede; pertanto contrappone l’interesse dell’ufficio di fare accertare la sussistenza del debito tributario del “de cuius”, debito che diventerà esigibile nei confronti degli eredi solo quando sarà chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari e sempre che sussista un residuo attivo in favore degli eredi (cfr. Cass. n. 23019 del 2016; Cass. n. 14847 del 2015);
che anche il secondo motivo di ricorso è fondato;
che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, incombe sul contribuente l’onere di provare la sua qualifica di erede con beneficio d’inventario, non essendo tale onere a carico dell’ufficio, come erroneamente sostenuto dalla CTR (cfr. Cass. n. 25116 del 2014); peraltro, nella specie, era emerso per tabulas, fin dal processo di primo grado, che i contribuenti rivestissero la qualifica di eredi con beneficio d’inventario del defunto MI.Gi. (memoria illustrativa depositata il 17 ottobre 2008);
che, pertanto, in accoglimento del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, la sentenza impugnata va cassata e gli atti trasmessi alla CTR di Bari, sezione staccata di Taranto, in diversa composizione per nuovo esame, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla CTR di Bari, sezione staccata di Taranto, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2019
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