LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10474-2017 proposto da:
B.V., nella qualità di procuratore speciale di M.E., M.S.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 55, presso lo studio dell’avvocato IRENE GIUSEPPA BELLAVIA, rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI AVILA;
– ricorrenti –
contro
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA in persona del procuratore ad negotia, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 320, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MALATESTA, rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE CARAGLIANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 81/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 17/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.
RILEVATO
che:
M.E. e M.V.S. agirono in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali conseguiti al decesso del fratello M.N., avvenuto il 5.11.2004 – a seguito di incidente stradale – mentre la vittima si trovava trasportata a bordo dell’autovettura condotta dal padre M.L. (assicurato presso la Aurora Assicurazioni), anch’egli deceduto dopo qualche giorno dal sinistro;
a tal fine convennero in giudizio la Aurora Assicurazioni (poi UGF e successivamente Unipol Assicurazioni) che resistette alla domanda, assumendo – fra l’altro – che la vettura era priva di copertura assicurativa ed eccependo, comunque, l’intervenuta prescrizione dell’azione;
il Tribunale rigettò la domanda per intervenuta prescrizione;
la Corte di Appello ha confermato la sentenza affermando che il primo giudice aveva correttamente applicato l’art. 2947 c.c., comma 3, in quanto il termine di prescrizione biennale – decorrente dalla morte del reo, avvenuta il 13.11.2004 – risultava ampiamente decorso al momento del primo atto interruttivo (risalente al giugno 2009);
hanno proposto ricorso per cassazione M.E. (rappresentato dal procuratore speciale B.V.) e M.V.S., affidandosi a due motivi; ha resistito, con controricorso, la UnipolSai Assicurazioni s.p.a..
CONSIDERATO
che:
il primo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2947 c.c. in relazione all’art. 409 c.p.c.: i ricorrenti si dolgono che, avendo fatto decorrere il termine di prescrizione biennale dalla morte di M.L., la Corte non abbia tenuto in alcuna considerazione la posizione di B.G. (conducente dell’altro veicolo coinvolto nel sinistro), anch’egli indagato per la morte di M.N., nei confronti del quale era stato emesso decreto di archiviazione; assumono che il decreto di archiviazione non può essere equiparato alla sentenza irrevocabile prevista dall’art. 2947 c.c., comma 3 e che pertanto continuava ad applicarsi il termine più lungo previsto per il reato;
il motivo è inammissibile e, comunque, infondato:
inammissibile, in quanto introduce un tema (quale quello della ininfluenza del decreto di archiviazione pronunciato nei confronti di altro soggetto coinvolto nel sinistro) che è del tutto nuovo, dato che non risulta esaminato nella sentenza impugnata e che i ricorrenti non hanno dedotto se e come l’abbiano introdotto nei gradi di merito;
comunque infondato, giacchè il decorso del termine di prescrizione deve essere valutato in relazione al soggetto di cui si deduce la responsabilità e quindi – nel caso – in relazione alla posizione di M.L., soggetto assicurato presso la società convenuta in giudizio;
col secondo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 2947 c.c. in relazione agli artt. 119 e 640 c.p., art. 61 c.p., n. 11"), i ricorrenti lamentano che “la Corte non ha considerato la presenza di una concorrenza di reati, quali l’omicidio colposo, la falsificazione del tagliando e la truffa assicurativa la cui definizione, avvenuta in tempi diversi, non ha consentito agli odierni ricorrenti la possibilità di esercitare i loro diritti prima di quando li hanno effettivamente azionati”;
la censura – che fa riferimento a circostanze collaterali attinenti ad un procedimento penale concernente l’ipotizzata contraffazione del contrassegno di assicurazione, che era stato definito con l’assoluzione di due dipendenti della compagnia Aurora e col riconoscimento dell’autenticità del contrassegno – è manifestamente infondata, in quanto il termine di prescrizione non poteva che essere considerato in relazione al solo illecito integrante il reato di omicidio colposo, senza possibilità di riconoscere alcuna rilevanza a vicende collaterali non incidenti sulla responsabilità dedotta in giudizio;
le spese di lite seguono la soccombenza;
ricorrono, in relazione alla posizione di M.S., le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non sussistenti invece in ordine all’altro ricorrente, in quanto ammesso al patrocinio a spese dello Stato (cfr. Cass. n. 18523/2014).
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente M.S., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019