LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26524-2017 proposto da:
FALLIMENTO ***** SRL, in persona del suo curatore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO CARPIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.P. DA PAIA STRINA, 48, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA DELL’AQUILA, che lo rappresenta e difende;
– controricorrenti –
contro
P.A., D.D.S.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 5323/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO MAURO.
FATTI DI CAUSA
1. – Il Fallimento ***** S.r.l. ricorre per due mezzi, nei confronti di M.C., P.A. e D.D.S., contro la sentenza del 7 agosto 2017 con cui la Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello in riassunzione, proposto dal Fallimento a seguito di cassazione con rinvio della precedente sentenza resa tra le parti dalla Corte territoriale, che, riformando la decisione del primo giudice, aveva accolto la domanda volta a far accertare la responsabilità di M., P. e D.D., quali sindaci, per il dissesto della società, con condanna al conseguente risarcimento.
In particolare la Corte territoriale ha ritenuto che l’appello in riassunzione del Fallimento fosse inammissibile perchè tardivo, attesa la nullità del primo appello proposto dal Fallimento, cui era seguita la sentenza poi cassata con ordinanza di questa Corte numero 22181 del 2015, in quanto proposto senza l’osservanza del termine a comparire e con conseguente illegittima dichiarazione di contumacia degli appellati, nullità che l’appello in riassunzione non poteva aver sanato.
2. M.C., P.A. e D.D.S. resistono con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
3. Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 384 c.p.c., comma 2, e art. 1362 c.c. e s.s., nonchè violazione di norme in relazione all’art. 324 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver pronunciato l’inammissibilità dell’appello, per la sua tardività, quantunque questa Corte avesse disposto “il rinvio della causa per la rinnovazione della citdzione”.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 164 e 359 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere, per altro contraddittoriamente, escluso l’applicabilità all’atto d’appello della sanatoria di cui all’art. 164 citato.
RITENUTO CHE:
4. – Il Collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.
5. – Il ricorso va accolto.
5.1. – E’ fondato nel senso che segue il primo motivo.
La Corte d’appello di Roma ha evidentemente pronunciato la sentenza qui impugnata in un caso di già ordinato rinvio restitutorio, essendo stato esso disposto per avere la Corte territoriale, nella prima sentenza d’appello già cassata da questa Corte, dichiarato la contumacia degli appellati M., P. e D.D., sebbene l’atto di citazione in appello fosse stato loro notificato senza l’osservanza dei termini a comparire.
Orbene, nell’ipotesi di rinvio c.d. improprio o restitutorio alla Corte d’appello – che si verifica quando la sentenza impugnata, senza entrare nel merito, si sia limitata ad una pronuncia meramente processuale -la Corte territoriale, diversamente da quanto accade nel caso di rinvio c.d. prosecutorio, conserva tutti i poteri connaturati alla funzione di giudice dell’impugnazione avverso la sentenza del tribunale, e deve pertanto esaminare tutte le questioni ritualmente proposte, che non incidano sul suo obbligo di conformarsi al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte (Cass. 27 settembre 2018, n. 23314).
Nel caso di specie il principio di diritto affermato nell’ordinanza numero 22181 del 2015 era il seguente: “In virtù del rinvio operato dall’art. 359 c.p.c. alle disposizioni del procedimento di primo grado, l’art. 163-bis c.p.c. (nella formulazione anteriore alla modifica di cui alla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. g), applicabile ratione temporis), secondo il quale tra il giorno della notifica della citazione e quello dell’udienza di comparizione devono intercorrere termini liberi non minori di giorni sessanta, se il luogo della notifica trova in Italia, si applica anche al giudizio di appello. Ne consegue che, se tra la notifica dell’atto di appello e l’udienza di comparizione intercorre un termine inferiore a quello indicato, l’atto di citazione è nullo ai sensi dell’art. 164 c.p.c., comma 1, e deve applicarsi il comma 2 di tale norma, secondo cui, in caso di mancata costituzione del convenuto, il giudice, rilevata la nullità della citazione, ne dispone la rinnovazione entro un termine perentorio”.
La Corte di cassazione ha dunque con tutta evidenza affermato doversi nel caso di specie applicare il comma 2 dell’art. 164 c.p.c., norma secondo la quale la rinnovazione della citazione sana i vizi, e gli effetti sostanziali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione: di guisa che detto principio, al quale il giudice del rinvio era tenuto a conformarsi, faceva evidentemente proprio l’indirizzo non suscettibile, si ripete, di essere rimesso in discussione in sede di rinvio – che vuole applicabile la sanatoria menzionata anche all’atto d’appello.
La Corte territoriale ha dunque violato l’obbligo di conformarsi al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte.
5.2. – Il secondo motivo è assorbito.
6. – La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto e rinviato alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che, esclusa l’inammissibilità dell’appello per tardività, si atterrà a quanto indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Depositato in cancelleria il 26 settembre 2019 Sommario IntestazioneFattoDirittoP.Q.M.
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