LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13192/2015 proposto da:
CURATELA DELL’EREDITA’ GIACENTE DI C.V., e CURATELA DELL’EREDITA’ GIACENTE DI C.G. in persona dei curatori, elettivamente domiciliate in Roma, rappresentate e difese dall’avvocato Giancarlo Fazi, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
BUSINESS PARTNER ITALIA SOC. CONS. PER AZIONI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, rappresentata e difesa dall’avvocato Giorgio Ballesi, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 835/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata l’11/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/05/2019 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI;
lette le conclusioni scritte del P.M.
FATTI DI CAUSA
1.1. Le curatele delleeredità giacenti di C.V. e C.G. impugnano con l’odierno ricorso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Ancona, confermando la decisione di primo grado e rigettandone il gravame, ha respinto l’opposizione proposta dalle medesime avverso il decreto ingiuntivo fatto notificare nei confronti dei de cuius, quali fideiussori della 3C Pneumatici s.p.a., dalla Banca Nazionale del Lavoro a fronte del saldo passivo di conto corrente maturato dalla debitrice e delle somme anticipate alla medesima a titolo di sconto.
1.2. Nel rigettare il proposto gravame la corte territoriale ha, dapprima, ritenuto che l’efficacia probatoria del saldaconto posto a base dell’ingiunzione si estendesse anche al susseguente giudizio di opposizione e che il saldaconto facesse prova del relativo credito anche nei confronti dei fideiussori, posto che la debitrice era decaduto dal diritto di impugnare gli estratti conto e che nel contratto di conto corrente era previsto che i libri e le scritture contabili della banca facessero piena prova nei confronti del correntista; ha quindi disatteso la censura riferita alle operazioni di sconto richiamando la pattuizione figurante nella distinta di accompagnamento dei titoli, in guisa della quale era in facoltà della banca recedere in qualsiasi tempo dalla facilitazione accordata e di esigere il rimborso immediato delle somme anticipate; ed ha infine condiviso gli assunti difensivi della banca dove questa aveva sostenuto l’insussistenza di alcun limite di ammontare alla fideiussione prestata ed il riferimento agli usi di piazza quanto al tasso degli interessi applicato nella specie.
1.3. Il mezzo ora proposto si vale di quattro motivi di ricorso, ai quali resiste la banca con controricorso. Conclusioni del P.M. e memoria dei ricorrenti a mente dell’art. 380-bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo di ricorso – a mezzo del quale si contesta l’impugnato deliberato nella parte in cui, respingendo il relativo motivo di gravame, ha ritenuto di riconoscere l’ultrattività probatoria del saldaconto con riguardo anche al giudizio di opposizione, sebbene esso faccia prova solo in relazione al procedimento monitorio – è affetto da pregiudiziale inammissibilità e non è perciò scrutinabile.
Invero, argomentando la contestata efficacia probatoria del documento anche in forza della clausola figurante nel contratto di conto corrente che assicura un’efficacia probatoria privilegiata alle scritture della banca, peraltro in adesione ad un chiaro insegnamento di questa Corte, la decisione coltiva una ratio decidendi che non ha formato oggetto di specifica confutazione, di talchè in piana applicazione di un altrettanto chiaro insegnamento di questa Corte, in ragione del quale l’omessa impugnazione di tutte le “rationes decidendi”, allorchè singolarmente prese si mostrino in grado di sorreggere sul piano logico e giuridico la decisione, il motivo in rassegna si rende inammissibile per difetto di interesse, dato che le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività di quelle non impugnate, all’annullamento della decisione stessa.
3.1. Il secondo motivo argomenta, in relazione alla mancata restituzione dei titoli vanamente reclamata in giudizio ed in ragione della quale si era assunta la mancata dimostrazione dell’inadempimento degli obbligati, la violazione degli artt. 1375,1858,1859 e 2697 c.c., nonchè dell’art. 66 L. camb. ed è fondato.
3.2. Giova premettere che nella giurisprudenza di questa Corte si trova affermato il principio secondo cui, poichè il contratto deve essere eseguito secondo buona fede, “in caso di sconto, ordinario o cambiario, il diritto della banca di ottenere dal cliente la restituzione della somma anticipata discende dal contratto, ma diviene attuale ed esercitabile solo a seguito dell’inadempimento del debitore ceduto, il quale opera quale condizione risolutiva dell’erogazione e, pertanto, spetta alla banca, che chieda detta restituzione, di fornire la prova dell’inadempienza del terzo” (Cass. Sez. I, 23/09/2002, n. 13823). Posto, perciò, che “il diritto della banca di ottenere dal cliente la restituzione della somma anticipata è subordinato all’inadempimento del debitore ceduto” (Cass., Sez. I, 17/05/2013, n. 12079) e che “è onere del creditore, che pretende la restituzione delle somme erogate in ragione del mancato pagamento del terzo, dimostrare non solo l’esistenza del contratto di finanziamento, bensì anche l’avvenuta erogazione delle somme sovvenute” (Cass., Sez. I, 15/06/2012, n. 9848), ne discende che l’impugnata decisione, onde rigettare il gravame e confermare così la pretesa dell’appellata, avrebbe dovuto previamente scrutinare la specie alla luce delle regole che governano la ripartizione dell’onere probatorio, non potendo per vero aderire alla domanda della banca se questa non avesse adempiuto l’onere probatorio impostole.
3.3. Eppur vero che il decidente, non ignorando l’obiezione, si è dato cura di confutarla con l’argomento che “dalle distinte degli effetti presentati dalla società debitrice principale risulta il diritto della banca, essendo stata appositamente sottoscritta la relativa clausola dalla 3C di recedere in qualsiasi tempo “dalla facilitazione accordata e di esigere il rimborso immediato delle somme anticipate” anche prima della scadenza degli effetti”. Ma l’argomento non si rivela provvisto della dovuta concludenza, poichè, quand’anche ne fosse inferibile qualche ricaduta probatoria, nondimeno occorrerebbe pur sempre notare che la banca, allorchè instava lo scontatario per il rimborso, sarebbe stata obbligata alla restituzione dei titoli, non dubitandosi infatti che “nello sconto bancario di cambiali regolato in conto corrente, se il terzo debitore cartolare non paga, la banca ha diritto alla restituzione della somma anticipata al correntista, ma deve a sua volta avvertire quest’ultimo e, soprattutto, restituirgli i titoli protestati” (Cass., Sez. I, 20/03/2003, n. 4071). E questo si spiega esattamente con l’osservanza della regola della buona fede nell’esecuzione del contratto, poichè diversamente, mentre la banca, che non sia obbligata alla restituzione dei titoli e nel contempo reclami la restituzione delle somme anticipate, si verrebbe a trovare nella profittevole condizione di poter escutere a sua scelta sia l’obbligato cambiario che lo scontatatario, quest’ultimo, in spregio ad ogni più elementare dovere di solidarietà, verrebbe intanto onerato di restituire alla banca le somme anticipategli, ma a causa dell’indisponibilità dei titoli non potrebbe agire nei confronti del suo debitore nè a titolo di regresso nè con l’azione causale, postulando l’una l’elevazione del protesto, per la cui redazione il titolo è indispensabile (L. camb., art. 69 e art. 71, comma 2), l’altra l’offerta in restituzione del titolo ed il deposito di esso in cancelleria (art. 66, comma 3 L. camb.).
4. il terzo motivo di ricorso – in guisa del quale si censura il capo della decisione impugnata laddove questa ha fatto proprie le difese della banca circa il fatto che nessun limite di ammontare fosse frapposto alla garanzia prestata dagli escussi, sebbene il relativo documento, pur prodotto agli atti del giudizio, ma dal decidente ignorato, violando così l’art. 115 c.p.c., indicasse a questo titolo la somma di 750.000.000 di Lire – pur se non affetto dall’inammissibilità eccepita dal controricorrente sul rilievo che si tratterebbe di errore revocatorio, ad escludere la ricorrenza del quale basta replicare che il fatto ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza si è pronunciata, va comunque reputato assorbito in considerazione dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso, potendo la revisione del deliberato impugnato in parte qua determinare la riduzione della condanna al di sotto del limite invocato.
5. Il quarto motivo di ricorso allega la violazione degli artt. 1284 e 1346 c.c. poichè l’impugnata decisione, facendo affidamento sulle difese della banca, ha ritenuto che la clausola in punto di interessi, calcolati nella misura del 17%, fosse legittima in considerazione del richiamo agli usi di piazza ed è fondato.
E’ da tempo convinzione di questa Corte che “in tema di contratti bancari, nel regime anteriore alla entrata in vigore della disciplina dettata dalla legge sulla trasparenza bancaria 17 febbraio 1992, n. 154, poi trasfusa nel testo unico 1 settembre 1993, n. 385, la clausola che per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è priva del carattere della sufficiente univocità, per difetto di univoca determinabilità dell’ammontare del tasso sulla base del documento contrattuale, e non può quindi giustificare la pretesa della banca al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale quando faccia riferimento a parametri locali, mutevoli e non riscontrabili con criteri di certezza” (Cass., Sez. I, 25/02/2005, n. 4094).
Poichè perciò il richiamo alle condizioni di piazza non è idoneo ad assicurare alla relativa pattuizione il necessario rispetto del requisito di determinazione o di determinabilità della prestazione ne discende la sua nullità e, di riflesso, la caducazione dell’impugnata sentenza affermativa del contrario.
6. Vanno quindi accolti il secondo ed il quarto motivo di ricorso, infondato risultando il primo ed assorbito dovendo dichiararsi il terzo.
Così cassata l’impugnata sentenza, la causa va rinviata al giudice a quo per un nuovo esame a mente dell’art. 383 c.p.c., comma 1 e art. 384 c.p.c., comma 2.
P.Q.M.
Accoglie il secondo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo motivo; cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Ancona che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 10 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019
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