LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12132-2018 proposto da:
AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE di CATANIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FEBO BATTAGLIA;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ACICASTELLO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 187, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO MAGNANO SAN LIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNA MIANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 446/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 16/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Catania, in riforma della decisione di primo grado, ha condannato l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania (succeduta all’AUSL n. *****) a pagare al Comune di Acicastello la somma di Euro 130.117,87 corrisposta dall’Ente territoriale per oneri di natura sanitaria rese agli istituti convenzionati a titolo d’integrazione delle rette di ricovero di anziani non autosufficienti. Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania affidato ad un motivo. Il Comune ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il proposto ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L.R. Sicilia 18 maggio 1996, n. 33, art. 59, che ha interpretato autenticamente la L.R. 9 maggio 1986, n. 22, art. 17, nonchè dell’art. 2697 c.c. e del T.U. n. 639 del 1910.
2. Il motivo va accolto nei seguenti termini. 3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 9565 del 2017; n. 26289 del 2017; n. 28014 del 2017; n. 28325 del 2017; n. 3108 del 2018), la Regione Sicilia, nel procedere al riordino dei servizi e delle attività socio-assistenziali del territorio di sua competenza con la L. 9 maggio 1986, n. 22, ha attribuito, all’art. 16, ai comuni, singoli o associati, la titolarità delle funzioni attinenti alla predetta materia, tra le quali, a norma del successivo art. 17, l’assistenza, a domicilio o mediante ricovero in strutture protette, agli anziani non autosufficienti, assegnando alle unità sanitarie locali il compito di assicurare i servizi di carattere sanitario, integrativi dei servizi di competenza dei comuni. La L.R. n. 33 del 1996, art. 59, avente espressamente natura interpretativa del menzionato L.R. n. 22 del 1986, art. 17, ha disposto, al comma 1, che l’integrazione della retta giornaliera corrisposta dai comuni agli enti gestori di strutture residenziali per il ricovero di anziani non autosufficienti sia assunta a carico del Fondo sanitario regionale “entro il limite annuo di Lire 500 milioni”, ha aggiunto, al comma 2, che: “Per le finalità di cui al comma 1 il servizio dei comuni trasmette all’azienda unità sanitaria locale di competenza copia del provvedimento di autorizzazione al ricovero corredato della certificazione attestante il grado e la natura della condizione di non autosufficienza. La notifica del dispositivo al ricovero è effettuata entro cinque giorni dall’adozione e comporta, se non l’obbligo per opposizione, entro i successivi venti giorni l’obbligo per il comune di attivare l’azione di rimborso della quota di retta giornaliera corrisposta all’ente assistenziale a titolo di integrazione”, prevedendo, al comma 3, la facoltà dell’azienda unità sanitaria locale di “verificare nel termine sopra indicato il sussistere della condizione di invalidità degli anziani ricoverati, avuto anche riguardo al trattamento assistenziale curativo e riabilitativo assicurato dall’ente in rapporto ai bisogni degli ospiti nonchè, il permanere, ai sensi della vigente normativa dell’idoneità igienico-sanitaria delle strutture ricoveranti”.
4. Nel quadro di siffatta sistemazione normativa risulta evidente come: a) il credito del comune per l’integrazione relativa ai servizi di carattere sanitario erogati in favore di anziani ricoverati in strutture protette costituisce un diritto che trova fonte nella legge, ma che non è incondizionato, come in sostanza ritenuto dalla Corte territoriale, dovendo scontare il previsto iter, che impone la tempestiva notifica del ricovero dell’anziano entro cinque giorni, obbligo che si giustifica in funzione dei compiti di valutazione dei relativi presupposti, riferiti a particolari esigenze di singoli anziani, e dell’apprezzamento delle condizioni e del grado di non autosufficienza, che non necessariamente coincide col grado d’invalidità civile, e che è rimessa alle attribuzioni dell’Azienda sanitaria, competente a valutare la necessità di interventi sanitari di prevenzione, cura e/o riabilitazione fisica e psichica dell’anziano, in modo da discriminare tale componente da quella propria assistenziale, anche ai fini della ripartizione dei relativi costi, che la norma non predetermina in misura percentuale; b) tale costo va contenuto entro i limiti delle disponibilità finanziarie che a tale modalità di intervento, non connotata da urgenza o emergenza, è possibile destinare: la relativa entità costituisce l’effetto del bilanciamento tra l’esigenza di garantire agli anziani non autosufficienti – come a tutti i cittadini – il diritto fondamentale alla salute, nella misura più ampia possibile, con quella di rendere compatibile la spesa sanitaria con l’entità dei fondi.
5. Ne consegue che l’Azienda cui è demandato di assicurare i servizi integrativi è il soggetto obbligato a sopportarne i costi, dovendo, al riguardo, aggiungersi che la questione relativa al mancato riparto delle somme stanziate dal Fondo sanitario attiene ai rapporti interni tra aziende sanitarie e Regione senza incidere sulla posizione creditoria – esterna – del Comune, che la L.R. in esame, art. 59, non subordina a tale concreto adempimento; laddove l’avvenuto raggiungimento del tetto di spesa non costituisce un fatto costitutivo del diritto, ma opera come un fatto estintivo della pretesa, con la conseguenza che l’eventuale insufficienza di quei fondi deve esser provata da chi la invoca, ovvero dalla ASP (in termini, Cass. n. 9565 del 2017 cit. e Cass. 19/10/2016 n. 21068, che specifica come il credito del Comune sia, appunto, subordinato alla condizione che siano stati adempiuti gli oneri formali previsti dalla legge, di cui non si occupa).
6. Alla stregua degli esposti principi, l’impugnata sentenza è incorsa non nella ricostruzione dei fatti, come afferma il Comune in seno alla memoria, ma nella violazione di legge che le è stata addebitata (per la cui deduzione non era necessario alcun appello incidentale da parte dell’Azienda, vittoriosa in prime cure) per avere riconosciuto il diritto al rimborso, senza accertare l’osservanza dei termini per la notifica del dispositivo di ricovero e per l’attivazione della procedura. Va, inoltre aggiunto che l’argomento speso dalla controricorrente in seno alle difese, secondo cui, trattandosi di un’opposizione ad ingiunzione fiscale, competerebbe all’Azienda la dimostrazione che i pazienti assistiti non necessitavano di prestazioni integrative, è erroneo, dovendo qui trovare applicazione la condivisibile giurisprudenza (Cass. n. 9989 del 2016) secondo cui nel giudizio di opposizione ad ingiunzione R.D. n. 639 del 1910, ex art. 3, la p.A. convenuta assume la posizione sostanziale di attrice, sicchè, ai sensi dell’art. 2697 c.c., è tenuta a fornire la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa, mentre l’opponente deve dimostrare la loro inefficacia ovvero l’esistenza di cause modificative o estintive degli stessi. Nè vale obiettare che la menzionata ingiunzione cumula in sè la natura e funzione di titolo esecutivo unilateralmente formato dalla P.A. nell’esercizio del suo peculiare potere di autoaccertamento e di atto prodromico all’inizio dell’esecuzione coattiva, in quanto ciò non implica affatto che nel giudizio di opposizione l’ingiunzione sia assistita da una presunzione di verità, dovendo piuttosto ritenersi che la posizione di vantaggio riconosciuta alla P.A. sia limitata al momento della formazione unilaterale del titolo esecutivo, restando escluso – perchè del tutto ingiustificato in riferimento a dati testuali e ad un’esegesi costituzionalmente orientata in relazione all’art. 111 Cost. che essa possa permanere anche nella successiva fase contenziosa, in seno alla quale il rapporto deve essere provato secondo le regole ordinarie.
7. La sentenza va cassata, per i dovuti accertamenti, ed i giudici del rinvio dovranno attenersi al seguente principio di diritto: “il credito del comune per l’integrazione relativa ai servizi di carattere sanitario erogati in favore di anziani ricoverati in strutture protette costituisce un diritto, per il cui conseguimento è necessario che l’Ente territoriale adempia agli oneri formali previsti dalla legge, e dunque dia la prova di aver notificato il ricovero dell’anziano entro il termine cinque giorni, cui deve riconnettersi carattere perentorio, poichè volto a segnare l’inizio del procedimento di controllo ed in riferimento al quale è posto il dies a quo del successivo termine di venti giorni per la proposizione dell’opposizione da parte dell’Azienda sanitaria”.
8. Il giudice del rinvio, che si indica nella Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione, provvederà a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Catania in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2019