Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24158 del 27/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7340-2018 proposto da:

FIN.C. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO SIMEONE;

– ricorrente –

contro

ROMEO SPV SRL, e per essa, quale mandataria, la DOBANK SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBERICO II 33, presso lo studio dell’avvocato ELIO LUDINI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

VICTOR’S SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 462/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE POSITANO.

RILEVATO

che:

con atto di citazione Unicredit S.p.A. evocava in giudizio la Victor’s s.r.l. e la FIN.C. s.r.l. per sentir dichiarare l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., degli atti di compravendita del 20 luglio 2005 e del 4 agosto 2005 conclusi tra la venditrice Victor’s s.r.l. e l’acquirente FIN.C. s.r.l.. Si costituivano queste ultime chiedendo il rigetto della domanda;

il Tribunale di Roma, con sentenza n. 24618 del 2011, dichiarava l’inefficacia nei confronti della banca dei predetti contratti di compravendita, condannando i convenuti al pagamento delle spese di lite ritenendo sussistente il presupposto dell’eventus damni a fronte di un credito della Banca portato dal decreto ingiuntivo n. 19973 del 2007 per Euro 795.000, rispetto al quale la debitrice Victor’s s.r.l. si era resa nullatenente. Ricorreva anche l’elemento della scientia damni di Victor’s s.r.l., in quanto le alienazioni erano intervenute in data successiva alla prestazione della garanzia fideiussoria del 9 maggio 2003 e, quindi, dopo l’insorgenza dell’obbligazione di garanzia. Victor’s s.r.l. era a conoscenza della posizione del debitore principale, la società CIC Srl, poichè tale ultima società era sempre stata amministrata da C.V. che, dal 2 febbraio 2004, rivestiva anche la carica di amministratore unico della garante Victor’s s.r.l. Quanto al consilium fraudis, le risultanze processuali non consentirebbero di ritenere provata l’esecuzione, in favore di Victor’s s.r.l., di due bonifici attestanti il prezzo di trasferimento degli immobili. Inoltre, FIN.C. s.r.l. sarebbe stata costituita pochi giorni prima della compravendita con atto redatto dal medesimo notaio che aveva rogato le compravendite, eleggendo quale sede legale la medesima di Victor’s s.r.l. Infine, il socio quotista del 49% di FIN.C. s.r.l., S.A., era un imprenditore noto a C.V., legale rappresentante di Victor’s s.r.l., perchè rivestiva il ruolo di preposto alla sede secondaria di una società partecipata da Victor’s, nella misura del 90% e denominata Sogevist s.r.l.;

avverso tale decisione proponeva appello FIN.C. s.r.l. e si costituiva Unicredit Credit Management Bank s.p.a., che aveva incorporato Aspra Finance S.p.A., a sua volta cessionaria del credito (ora Romeo SPV Srl) e per essa, quale mandataria, doBank S.p.A. (nuova denominazione sociale assunta da Unicredit Credit Mangement Bank s.p.a.) chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Victor’s s.r.l. e Unicredit S.p.A. rimanevano contumaci;

con sentenza del 23 gennaio 2018 la Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione FIN.C. s.r.l. affidandosi a un unico motivo. Resiste con controricorso Romeo SPV Srl e, per essa, quale mandataria, la doBank S.p.A. (nuova denominazione sociale assunta da Unicredit Credit Mangement Bank s.p.a.). La ricorrente deposita memoria ex art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

con il ricorso si lamenta la violazione degli artt. 2727, 2729 e 2901, oltre che degli artt. 2475 e 2475 bis c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La Corte d’Appello avrebbe ritenuto provata la partecipatio fraudis della società terza acquirente sulla base del semplice presupposto che il socio di minoranza, S.A., fosse persona ben nota a C.V.. Si tratterebbe di un profilo irrilevante, perchè il potere di rappresentanza nelle società a responsabilità limitata spetta all’organo amministrativo, per cui il requisito della partecipazione va riferito alla posizione di quest’ultimo. Nello specifico, FIN.C. s.r.l., al tempo dei rogiti notarili, era gestita da un amministratore unico, R.S., persona diversa dal predetto socio di minoranza. Pertanto, la volontà di quest’ultimo, e la sua eventuale vicinanza a C., costituirebbero profili irrilevanti;

il ricorso non si confronta con la decisione impugnata che si fonda su una valutazione di una pluralità di elementi presuntivi di cui solo l’ultimo è quello esaminato dalla ricorrente;

la motivazione della sentenza impugnata ha una complessità di cui parte ricorrente si disinteressa, il che rende priva di decisività per ciò solo la prospettazione e rende la censura priva di correlazione effettiva con detta motivazione – che il motivo sollecita, al di là della postulazione dell’erronea applicazione di una presunzione, una rivalutazione della quaestio facti;

la Corte d’Appello nella sentenza impugnata, a pagina sei, sulla base di una valutazione in fatto non censurabile in sede di legittimità, ha rilevato che, indipendentemente dalla prova dell’eventuale pagamento del prezzo da parte della società FIN.C. s.r.l., in favore di Victor’s s.r.l. ricorrerebbero molteplici circostanze convergenti nel dimostrare uno stretto collegamento tra le due società e che tutta l’operazione, a partire dalla costituzione della società acquirente, era stata architettata per sottrarre al creditore la garanzia costituita dai beni immobili della società garante Victor’s s.r.l. Tali elementi sarebbero rappresentati -secondo la Corte – da:

– la circostanza che C.V., amministratore di Victor’s s.r.l. era stato anche legale rappresentante della società garantita da Victor’s s.r.l., cioè CIC Srl, e partecipava, insieme ad Sangiovanni Achille, al consiglio di amministrazione della società Ambiente S.p.A;

– il fatto che S. rivestisse la carica di preposto nella sede secondaria di una società costituita al 90% da Victor’s s.r.l.;

– i soci di FIN. C. s.r.l. erano i figli di C.V., legale rappresentante di Victor’s s.r.l.;

– la contemporaneità della costituzione della società FIN. C. s.r.l. rispetto alla conclusione dei due contratti di compravendita oggetto di revocatoria;

– il dato oggettivo della identità della sede legale tra le due società FIN. C. s.r.l. e Victor’s s.r.l., entrambe collocate presso lo studio del medesimo commercialista;

– l’ulteriore elemento dell’identità del notaio, sia per la costituzione della società acquirente, sia per la conclusione dei contratti pubblici di compravendita;

– infine, S.A. era titolare della quota di minoranza nella misura del 49% della società alienante ed era persona nota a C.;

di tali elementi parte ricorrente ha esaminato esclusivamente quello relativo al rapporto di conoscenza tra S. e C., ribadendo nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., che gli altri profili sarebbero stati contrastati nel giudizio di merito, ritenendo decisivo lo stato psicologico di R.S., a.u. di FIN.C. con riferimento all’elemento della partecipatio fraudis. Profilo che, per quanto si è già detto, riguarda solo uno dei molteplici accertamenti in fatto espletati dalla Corte territoriale;

oltre a ciò la ricorrente non deduce la violazione delle norme sulle presunzioni nei termini indicati da Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018 perchè l’illustrazione del motivo non prospetta la falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., comma 1, ma si risolve talora solo nella prospettazione di pretese inferenze probabilistiche diverse sulla base della evocazione di emergenze istruttorie e talora nella prospettazione di una diversa ricostruzione delle quaestiones facti ripercorse in relazione agli oggetti dei vari documenti dell’elenco iniziale sopra ricordato. Ne segue che il motivo non presenta le caratteristiche della denuncia di un vizio di falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., comma 1, e nemmeno, pur riconvertito alla stregua di Cass., Sez. Un., n. 17931 del 2013, quelle di un motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 6.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3 il 11 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2019

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