Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24166 del 27/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18557-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MICHELANGELO POGGIOLI 2, presso lo studio dell’avvocato DANIELE MAURO, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO FICHI;

– ricorrente –

contro

SARA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28, presso lo studio dell’avvocato GAETANO ALESSI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSARIO LIVIO MESSI;

– controricorrente –

contro

A.M., AS.MA.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2308/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 05/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa RUBINO LINA.

RILEVATO

che:

1. M.G. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi ed illustrato da memoria, notificato il 5.6.2018, contro Sara Ass.ni, A.M. e As.Ma., avverso la sentenza n. 2308/2017, emessa dalla Corte d’Appello di Palermo il 5.12.2017, con la quale in parziale accoglimento dell’appello da lei proposto si condannava la Sara Ass.ni al pagamento in suo favore dell’importo di Euro 37.649,00, oltre altro importo per spese mediche, a titolo di risarcimento del danno per l’incidente stradale nel quale era rimasta coinvolta allorchè, mentre attraversava la strada a piedi sulle strisce pedonali, veniva investita dall’autocarro degli A. riportando la frattura scomposta del femore.

2. La Sara A.ss.ni resiste con controricorso notificato il 27.12.2018.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta infondatezza dello stesso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati comunicati.

CONSIDERATO

che:

Il Collegio, tenuto anche conto delle considerazioni sviluppate dalla ricorrente nella memoria, condivide le conclusioni contenute nella proposta del relatore nel senso del rigetto del ricorso.

Questa la vicenda: a seguito dell’incidente stradale sulle strisce pedonali, dal quale riportava la frattura del femore e danni fisici permanenti, la M. percepiva dall’assicurazione dell’autocarro investitore, di proprietà della signora A. e condotto dal figlio, l’importo di Euro 30.000,00 e, ritenendolo insufficiente a risarcire integralmente il danno, la conveniva in giudizio, percependo, all’esito del primo grado, la somma di circa 7.000 Euro, con compensazione delle spese di lite.

L’appello della danneggiata veniva accolto solo in parte, liquidando la corte d’appello un importo per il danno patrimoniale (spese mediche), e un importo di circa 37.000 Euro al lordo di quanto già percepito per il danno non patrimoniale.

Il ricorso si appalesa manifestamente infondato.

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la mancata personalizzazione del danno: il motivo è inammissibile, in quanto con esso si deducono una serie di circostanze di fatto delle quali si lamenta l’omessa considerazione nel giudizio di merito, ai fini di una adeguata personalizzazione del danno, senza neppure indicare in quali atti processuali esse furono tempestivamente allegate, in violazione quindi del principio di specificità del ricorso per cassazione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. in conseguenza della decisione della corte d’appello di compensare le spese di entrambi i gradi di giudizio nonostante il parziale accoglimento dell’appello della ricorrente. Il motivo è infondato, atteso che il principio della soccombenza è violato soltanto se vengono poste, anche in parte, a carico della parte vittoriosa le spese sostenute dall’altra parte. In questo caso, la corte d’appello è addivenuta, con dettagliata motivazione, alla decisione di compensare, in ragione sia del solo parziale accoglimento della domanda della ricorrente, sia della messa a disposizione da parte della appelata già in sede stragiudiziale, di una somma che, nel momento in cui era stata offerta, precedente all’affermazione del principio giurisprudenziale (Cass. n. 12408 del 2011) che prescrive di far riferimento, su tutto il territorio nazionale, per la liquidazione del danno alla persona delle tabelle predisposta dal tribunale di Milano, sarebbe stata idonea all’integrale risarcimento del danno biologico (l’unico del quale, all’esito del giudizio di primo grado, era stata provata l’esistenza) e quindi ad evitare il giudizio ove accettata. Tale decisione non si pone in violazione del principio della soccombenza. Giacchè il controricorso è tardivo, essendo stato notificato al ricorrente nel domicilio eletto ampiamente oltre il termine di venti giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, previsto dall’art. 370 c.p.c. e non essendo prevista per la trattazione della cause da parte della sesta Sezione l’udienza pubblica, e quindi la facoltà della parte di partecipare alla discussione orale, al controricorrente non spetta la liquidazione delle spese di lite (v. Cass. n. 22269 del 2010: “Il controricorso inammissibile (nella specie, per tardività della notificazione), non può essere posto a carico del ricorrente (soccombente) nel computo dell’onorario di difesa da rimborsare al resistente. Tale onorario deve essere, quindi, limitato alla discussione della causa, fatta dal patrono della parte vittoriosa alla pubblica udienza.”).

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 11 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 27 settembre 2019

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