Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24477 del 01/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9083-2018 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

S.V., S.C., I.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 27, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TERRIBILE, rappresentati e difesi dall’avvocato DOMENICO RUTIGLIANO;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di BARI, depositata il 06/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE L’avvocato C.S. ha proposto ricorso, sulla scorta di un solo motivo, per la cassazione dell’ordinanza del tribunale di Bari che, pronunciandosi in sede di rinvio dalla Cassazione, accoglieva la domanda da lui proposta contro S.V., S.C. e I.A., condannando costoro a pagargli la somma di Euro 2.619,22 a titolo di compensi professionali e liquidando in suo favore le spese del giudizio di cassazione e del giudizio di rinvio.

Il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 91 e 112 c.p.c., si duole della mancata regolazione delle spese del giudizio – introdotto con tre ricorsi L. n. 794 del 1942, ex art. 28, e art. 702 bis c.p.c., poi riuniti concluso con l’ordinanza annullata dalla Corte di cassazione.

S.V., S.C. e I.A. hanno depositato controricorso con ricorso incidentale, chiedendo a propria volta la cassazione, per due motivi, dell’ordinanza ex adverso impugnata.

Col primo motivo di ricorso incidentale si lamenta la violazione del D.M. n. 55 del 2014, artt. 92 e 112, in cui il tribunale sarebbe incorso, per un verso, non compensando le spese di lite nonostante che avesse riconosciuto all’avv. C. compensi per un importo largamente inferiore al domandato e, per altro verso, liquidando importi eccedenti quelli risultanti dall’applicazione dei parametri medi, ai quali pure nell’impugnata ordinanza si fa riferimento.

Col secondo motivo di ricorso incidentale si lamenta la violazione del D.M. n. 55 del 2014 in cui il tribunale sarebbe incorso condannando S.C., in solido con I.A. e S.V., al pagamento dell’intero importo di Euro 2.619,22, nonostante che il medesimo S.C. fosse stato parte in uno soltanto dei procedimenti in cui l’avv. C. aveva reso le prestazioni del cui compenso si discute, cosicchè egli doveva rispondere, in solido con I.A. e S.V., esclusivamente per il residuo dovuto sul compenso relativo a quel procedimento (Euro 516,96).

L’avv. C. ha depositato controricorso al ricorso incidentale.

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 7.3.2019, per la quale entrambe le parti ha depositato memorie illustrative.

Il ricorso principale, il cui unico motivo concerne l’omessa pronuncia sulle spese della prima fase della controversia, va giudicato inammissibile alla stregua di SSUU 16415/18; il tribunale ha infatti implicitamente espresso la propria volontà di porre le spese dell’intero giudizio a carico degli odierni contro ricorrenti (addossando loro, interamente, le spese delle fasi di legittimità e di rinvio).

In proposito va sottolineato, in risposta alle osservazioni svolte dal ricorrente principale in sede di memoria ex art. 380 bis c.p.c., che il fatto che il tribunale abbia posto interamente a carico delle controparti le spese di lite sostenute dall’avv. C. per il giudizio di cassazione e per il giudizio di rinvio consente di escludere – anche in ragione del principio per cui, ai sensi e per gli effetti dell’art. 91 c.p.c., la valutazione sulla soccombenza non può essere distinta per fasi, ma va condotta unitariamente in relazione all’esito complessivo della lite – che la mancata regolazione delle spese dell’unico grado di merito dipenda da una inespressa volontà di compensazione e chiaramente connota come omissione materiale l’assenza di pronuncia sul punto.

Il ricorrente principale doveva dunque ricorrere alla procedura di correzione dell’omissione materiale. D’altra parte, poichè il ricorso principale si fonda sull’unico motivo della omessa regolazione delle spese della prima fase della controversia, non ricorrono i presupposti dell’intervento sostitutivo di questa Corte (Cass. 29029/18: “Nell’ipotesi in cui sia mancata la liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza (emessa anche ex art. 429 c.p.c.), benchè in motivazione si riscontri la statuizione che le pone a carico del soccombente, l’interessato deve esperire il procedimento di correzione ai sensi dell’art. 287 c.p.c. per ottenerne la quantificazione; ove però l’errore materiale di liquidazione venga denunciato col ricorso per cassazione fondato anche su altri motivi – che nulla abbiano a che fare con l’errore medesimo -, esso può essere vagliato dal giudice di legittimità in considerazione dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2, senza che l’accoglimento del motivo e l’effettuazione della correzione materiale leda il diritto di difesa delle controparti, essendosi pienamente dispiegato il contraddittorio”).

Il primo mezzo del ricorso incidentale si articola, come sopra accennato, in due distinte censure.

La prima censura, con la quale si lamenta la mancata compensazione delle spese in relazione alla notevole differenza tra l’importo preteso dall’avvocato C. e quello a lui giudizialmente riconosciuto, va giudicata inammissibile per il principio che, anche in caso di soccombenza reciproca, la decisione di compensare interamente o parzialmente le spese di lite è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità (tra le tante, Cass. 20457/11).

Con la seconda censura del primo motivo i ricorrenti incidentali contestano che, a differenza di quanto enunciato nella motivazione al provvedimento impugnato, il tribunale si sia tenuto a valori medi. Anche questa censura è inammissibile, perchè in sede di legittimità la liquidazione delle spese di lite è censurabile solo sotto il profilo dell’immotivato scostamento dei valori minimi o massimi di tariffa.

Quanto al secondo motivo di ricorso incidentale, esso va giudicato inammissibile perchè si fonda su una circostanza di fatto (che il signor S.C. fosse estraneo a due dei tre procedimenti nei quali l’avvocato C. ha svolto l’attività professionale il cui compenso è stato liquidato con l’impugnato provvedimento) che non emerge dalla sentenza gravata e della cui deduzione in sede di merito non si dà conto nella narrativa di fatto svolta nel ricorso incidentale (nè, peraltro, in quello principale). Nè appare concludente il rilievo – svolto nella memoria depositata dai ricorrenti incidentali ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. – che la suddetta circostanza sarebbe incontestata, giacchè anche l’accertamento di tale mancata contestazione costituisce giudizio di fatto precluso in sede di legittimità.

Il ricorso incidentale va quindi dichiarato inammissibile, per l’inammissibilità dei relativi motivi.

Le spese di questo giudizio si compensano, in ragione della soccombenza reciproca.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi principale e incidentale. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2019

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