LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11751/2013 R.G. proposto da:
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, – rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
Contro
AEMME LINEA ENERGIE S.p.A., – rapp.ta e difesa dagli Avv.ti Elenio Bidoggia del Foro di Milano e Livia Salvini del Foro di Roma, elettivamente domiciliato presso lo studio della seconda in Roma V.le Mazzini n. 9, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 27/18/12, depositata il 16 marzo 2012, non notificata.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21 febbraio 2019 dal Cons. Luigi Nocella.
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Kate Tassone, che ha concluso per l’accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale e del quinto motivo del ricorso incidentale.
Udito l’Avv. Paolo Gentili per l’Agenzia delle Dogane che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Udito l’Avv. Bidoggia per la contribuente, che ha concluso per il rigetto del ricorso e, in subordine, l’accoglimento del ricorso incidentale condizionato.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato il 17.12.2008 la s.p.a. AEMME LINEA ENERGIE impugnava innanzi alla CTP di Milano l’avviso di pagamento N. *****, inviato il 29.09.2009, con il quale l’Ufficio delle Dogane di Milano ***** aveva richiesto il pagamento di Euro 1.477.891,38 per accise su gas metano e relativi accessori, asseritamente scaturenti da fatti, accertati con P.V.C. del 14.09.2007, di omessa fatturazione di gas per mc. 7.656.394, nonchè l’atto di contestazione sanzioni n. ***** per Euro 398.459,40 per l’errata compilazione delle dichiarazioni di consumo per più esercizi e per omesso versamento dell’accisa sul prodotto immesso in consumo (30% dell’accisa evasa). Per quanto di residuo interesse nella presente fase la ricorrente deduceva una serie di vizi formali e poi l’illegittimità degli atti perchè emessi sulla scorta di un p.v.c. erroneo per il mancato riscontro delle perdite di gas e delle differenti condizioni di misurazione del contatore finale rispetto a quello in cabina.
Sulla resistenza dell’Agenzia delle Dogane di *****, che deduceva, tra l’altro, l’inammissibilità del ricorso contro l’atto di contestazione per omessa indicazione di autonome censure, e ribadiva che la differenza riscontrata tra il gas acquistato e quello venduto dalla ricorrente doveva considerarsi immissione in consumo in evasione dell’accisa ai sensi del T.U.A., art. 2, comma 2, lett. b, la CTP adita accoglieva il ricorso ed annullava gli atti impugnati con sentenza n. 200/31/2009: premesso che per il funzionamento della rete di trasporto e distribuzione, per come implicitamente riconosciuto anche dalle norme in tema di accise, è evidente che possano verificarsi scostamenti tra i volumi di gas registrati per singolo impianto e quelli fatturati agli utenti, e che in relazione alle questioni in merito sollevate dalla ricorrente l’Agenzia non avrebbe provato che effettivamente il quantitativo contestato fosse stato effettivamente sottratto all’imposizione, ha ritenuto fondato il 6 motivo di censura, annullato l’avviso e ritenuto conseguentemente illegittima l’applicazione delle sanzioni.
Sull’appello principale proposto dall’Agenzia, la CTR della Lombardia, con la sentenza oggetto del presente ricorso, ha respinto il ricorso, ritenendo assorbite le questioni riproposte con l’appello incidentale della Società, ed ha compensato le spese del grado: sul presupposto che “la dispersione durante il tragitto dei prodotti energetici trasportati su reti o gasdotti costituisce un dato di comune esperienza, implicitamente riconosciuto dalla stessa normativa, laddove esclude la presunzione di immissione in consumo per gli ammanchi di prodotto inferiori al limite consentito (del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 2, comma 2, lett. a), e dalla citata Delib. dell’AEEG n. 138 del 2004”, ha ritenuto che il computo svolto dall’Agenzia per determinare la pretesa sottrazione di gas all’imposizione sulla scorta dei meri dati contabili fosse semplicistico, non avendo tenuto conto delle menzionate dispersioni verificatesi prima che il prodotto raggiungesse il consumatore finale, con conseguente inapplicabilità della presunzione legale del citato art. 2.
L’Agenzia soccombente ricorre per cassazione sulla base di 4 motivi, al quale resiste la Società AEMME Linea Energie con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato, fondato su 5 motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si prospetta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26, commi 4, 8 e 8bis e art. 2, comma 2, e violazione dell’art. 2700, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: la CTR Lombardia, omettendo di considerare che la società ricorrente era da qualificare “cliente grossista” di gas metano ai sensi del D.Lgs. n. 164 del 2000, art. 2, comma 1, lett. b, e quindi non trasportatore nè distributore, ha erroneamente pretermesso di considerare che alla stregua del sistema dichiarativo imposto ai soggetti contribuenti, l’accertamento della congruenza tra dati dichiarati e consumi effettivi deve essere effettuato su base meramente documentale, sovvenendo in difetto l’invocata presunzione, sulla cui base ogni difformità superiore al 10% del dichiarato dovrebbe essere considerato come immissione in consumo in evasione dell’accisa.
Con il secondo motivo la ricorrente Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 164 del 2000, art. 2, comma 1, lett. a e b, nonchè delle Delib. AEEG n. 138 del 2003 e del 2004, poichè la CTR, omettendo di considerare che il pericolo di dispersione investe esclusivamente le attività dei soggetti trasportatori o distributori, ha erroneamente ritenuto che il meccanismo che vede coinvolto il c.d. soggetto compensatore (qualifica che la società accertata si sarebbe impropriamente attribuita) incidesse sugli adempimenti del cliente grossista (qual è la società AEMME).
A tali motivi la controricorrente replica eccependone in via preliminare l’inammissibilità, per essere gli stessi articolati senza adeguata esplicitazione degli elementi di fatto condizionanti l’operatività della violazione e non consentendo alla Corte di verificarne il fondamento, nonchè senza sufficiente evidenziazione critica degli argomenti impiegati dalla CTR per decidere la controversia; inoltre, quanto al 1 motivo, deduce che lo stesso riproporrebbe alla Corte la richiesta di riesame di una questione di fatto (omissione della fatturazione di un determinato quantitativo di gas) insindacabile in sede di legittimità. Quanto alle questioni proposte con i due motivi, ne sostiene l’infondatezza, rilevando, quanto al 1, che nessuna delle citate disposizioni. di legge sarebbe violata dalla sentenza impugnata, restando controverso soltanto l’accertamento del quantitativo di gas immesso in consumo, fatto sottratto alla cognizione della Corte, e circa il quale nessun accertamento, ma soltanto mere ipotesi, sono formulate nel P.V.C. del 14.09.2007; quanto al secondo che nessuna contestazione è mai insorta sulla qualifica di “cliente grossista” pertinente alla società contribuente, laddove sarebbe l’Agenzia a fare confusione tra soggetto c.d. compensatore di cui alla Delib. AEEG n. 138 del 2004 ed il c.d. conto di compensazione disciplinato dalla Delib. del medesimo Ente n. 138 del 2003, che nulla avrebbe a che vedere con l’attività della Società.
3. I due motivi, esaminati unitariamente in ragione della stretta connessione logica che li caratterizza, sono fondati e debbono essere accolti.
3.1. In via pregiudiziale debbono ritenersi infondate le eccezioni di inammissibilità del 1 motivo: i limiti di esplicitazione degli elementi fattuali sulla cui base rilevare la violazione o falsa applicazione della legge vanno apprezzati, come premesso, nella lettura congiunta dei due primi motivi, laddove la denunciata confusione da parte della CTR dei ruoli normativamente attribuiti ai soggetti trasportatore e cliente grossista ha inciso sulla corretta applicazione delle norme invocate, per come si dirà in prosieguo.
Del pari è infondata l’affermazione della mancata indicazione delle ragioni di contestazione degli argomenti della sentenza impugnata assoggettati a critica, che consistono nella prospettata erroneità della pretesa della CTR di ricostruire l’imponibile sulla base della prova di pretesi flussi effettivi di gas, laddove la determinazione dell’immissione di gas in consumo dovrebbe essere effettuata sulla scorta dei soli dati documentali ed in virtù della presunzione di legge.
E’ infine infondata l’ultima dedotta causa di inammissibilità, poichè non è vero che l’Agenzia pretenderebbe di sottoporre alla Corte un accertamento fattuale circa la quantità di gas immesso in consumo; anzi, al contrario, l’Agenzia, sulla scorta dell’accertato quantitativo di gas prelevato dalla AEMME dalla rete, pretende semplicemente di far valere l’esatta applicazione della norma (D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 2, comma 2), che stabilisce una presunzione legale di integrale immissione in consumo, della quale assume l’erronea applicazione (o piuttosto disapplicazione).
3.2. Passando all’esame del merito dei motivi, l’iter argomentativo della CTR prende le mosse da un’affermazione fattuale che evidenzia immediatamente la distorta lettura delle norme delle quali la ricorrente Agenzia invoca la correzione:”…si osserva che il fenomeno della dispersione durante il tragitto dei prodotti energetici trasportati su reti o gasdotti costituisce un dato di comune esperienza”, tanto da essere implicitamente ammesso dal T.U.A., art. 2, comma 2. Tale affermazione postula in primo luogo che la ricordata dispersione sia un dato di esperienza comune, laddove trattasi di evento che può conseguire ad una serie di fenomeni tecnicamente complessi e difficilmente riconducibili alla cognizione di soggetti estranei alla platea di tecnici che operano nel settore delle reti di trasporto e distribuzione del gas, o comunque all’ambito di persone dotate di conoscenze scientifiche evolute (tanto che la società si è premurata di fornire una voluminosa relazione peritale per illustrare ai Giudici l’origine e le cause delle possibili dispersioni nella rete); da detto dato, in fatto non accertato nè tecnicamente verificato, la CTR ha tratto un’ulteriore conseguenza del tutto erronea: cioè dal fatto che tale fenomeno è riconosciuto dalla legge (dato incontestabile), tanto che gli ammanchi inferiori ai limiti di una soglia determinata dagli organi tecnici a ciò deputati non si considerano immissioni in consumo, ha tratto l’opposta conclusione che anche ammanchi superiori a detta soglia, come quello oggetto della presente controversia, possano considerarsi presuntivamente come non immessi in consumo, pervenendo ad imporre esplicitamente all’Agenzia l’onere di fornire la prova dell’avvenuta immissione in consumo e/o degli altri impieghi a questa assimilabili anche per ammanchi superiori a detta percentuale (infatti la AEMME non ha mai sostenuto che le quantità di gas contestato rientrassero nella percentuale di tolleranza). Infatti, dopo aver discettato delle corrette modalità di determinazione della base di computo dell’accisa, è pervenuta alla conclusione che la menzionata presunzione non potrebbe essere invocata perchè “deve necessariamente tener conto delle perdite verificatesi in rete prima che il prodotto raggiunga il consumatore finale e si realizzi quindi il presupposto per l’esigibilità dell’accisa”.
Orbene è evidente che tale iter argomentativo ha completamente vanificato la portata della presunzione legale, espungendo il limite quantitativo di tolleranza, distorcendo il significato letterale e logico del menzionato D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 2, e, di conseguenza, del medesimo testo normativo, art. 26, comma 4, che stabilisce che “l’accisa è dovuta dai soggetti che vendono direttamente il prodotto ai consumatori…”, qual era la società verificata, in base alle dichiarazioni di consumo redatte e presentate ai sensi del comma 8. Infatti la presunzione stabilita nella prima norma è di natura legale, ed evidentemente impone al soggetto obbligato al versamento dell’accisa l’onere di provare che tutti i quantitativi di gas risultanti dalla dichiarazione di consumo e non fatturati o non oggetto di consumo diretto non siano stati immessi in consumo (ad esempio perchè stoccati in deposito autorizzato); non potendosi gravare l’amministrazione dell’onere (peraltro impossibile) di dimostrare l’avvenuta vendita senza fattura, se non a pena di rovesciare completamente il significato della norma, e cioè leggerla come se stabilisse una presunzione contraria a quella enunciata, e cioè di mancato consumo per tutte le eccedenze caricate dal soggetto d’imposta e non fatturate, anche oltre il limite della soglia stabilita per decreto. Del resto basti considerare che ove mai, dopo l’acquisizione del prodotto gas da parte del cliente grossista, si verificasse una modificazione qualitativo-quantitativa del gas prima della sua consegna al cliente finale, dovrebbe essere lo stesso cliente grossista, che ne avrebbe concreta possibilità, a fornire la prova che si sia verificata detta modificazione e per quali cause; così come esso, alla stregua del regolamento normativo e della stessa Delib. A.E.E.G. n. 138 del 2004, ha facoltà di richiedere i controlli circa la corretta funzionalità dei contatori sulla base dei quali vengono determinati i volumi di gas che vengono estratti dalla rete di trasporto o di distribuzione.
Peraltro la distorsione, come si è accennato e come denunciato dalla ricorrente, scaturisce anche dalla erronea lettura di un’altra norma, Delib. A.E.E.G. n. 138 del 2004, art. 20, come se questa prevedesse e regolamentasse eventuali differenze di quantizzazione dei dati relativi al gas comunque ed ovunque circolante; laddove quella disciplina concerne esclusivamente le reti di trasporto e di distribuzione, che sono gestite da soggetti professionali svolgenti esclusivamente una di dette attività, secondo le definizioni contenute nel D.Lgs. n. 164 del 2000, art. 2, e sono altresì responsabili del buon funzionamento degli impianti di misurazione a monte ed a valle sia delle rete di trasporto che di quella di distribuzione; laddove la AEMME S.p.a. era, per sua espressa ammissione confermata anche nel controricorso, un cliente grossista, e cioè, secondo la definizione del cit. art. 2, “la persona fisica o giuridica, diversa dai gestori dei sistemi di trasporto e dai gestori dei sistemi di distribuzione, che acquista gas naturale a scopo di rivendita all’interno o all’esterno del sistema in cui è stabilita”. E poichè il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 2, comma 2, stabilisce che “L’accisa è esigibile all’atto dell’immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato”, appare evidente che il presupposto si è verificato già nel momento in cui il gas è pervenuto nella disponibilità del cliente grossista, e cioè della stessa AEMME s.p.a., e che tutte le alterazioni quantitative rispetto alle tolleranze ammesse debbono far presumere che il prodotto sia uscito dalla disponibilità del cliente grossista senza pagamento dell’accisa (cfr. in un’ipotesi similare Cass. sez. V 7.12.2016 n. 25126).
4. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 112 c.p.c., per avere la CTR omesso di pronunciare in ordine all’autonomo motivo d’appello con il quale essa aveva censurato la pronuncia della CTP in ordine all’avvenuta declaratoria di nullità dell’atto di contestazione sanzioni in ragione dell’avvenuto annullamento dell’avviso di pagamento.
Con il 4 motivo, infine, si denuncia omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, circa le questioni, ritenute decisive nella controversia, dell’imputazione soggettiva degli ammanchi del gas, apoditticamente postulata, e della definizione della figura di soggetto c.d. compensatore.
Entrambi i motivi debbono ritenersi assorbiti, siccome investenti rispettivamente un capo della sentenza e la motivazione circa l’accertamento di un fatto (imputabilità soggettiva dei contestati ammanchi di gas) totalmente dipendente, logicamente e giuridicamente, dai capi afferenti la fondatezza della pretesa circa la determinazione delle maggiori basi imponibili, e la cui decisione, in caso di accoglimento del ricorso, non potrebbe che essere rimessa al Giudice di rinvio (Cass. Sez. V 5.11.2014 n. 23558).
5. Invece i cinque motivi di ricorso incidentale condizionato proposti dalla AEMME s.p.a. sono inammissibili per difetto del presupposto della soccombenza, e quindi dell’interesse a ricorrere, siccome riguardanti altrettante eccezione di nullità dell’atto impugnato già proposte sia con l’impugnazione dell’avviso che nella memoria di controdeduzioni in appello ai sensi dell’art. 346 c.p.c., che potranno essere utilmente riproposte nel giudizio di rinvio (Cass. sez. II 5.01.2017 n. 134; Cass. sez. III 25.05.2010 n. 12728; Cass. sez. III 20.12.2009 n. 25821).
In sintesi con l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso principale e la declaratoria di inammissibilità nei sensi di cui in motivazione dei due residui motivi di ricorso principale e dell’intero ricorso incidentale, il giudizio deve essere rimesso alla CTR della Lombardia in diversa composizione che deciderà la controversia provvedendo altresì sulle spese anche della presente fase di legittimità. Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, a carico del ricorrente incidentale.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso principale, dichiara assorbiti gli altri due ed inammissibile il ricorso incidentale, e rinvia il giudizio alla CTR della Lombardia in diversa composizione per la decisione anche in ordine alle spese della presente fase di legittimità.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019