LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7095-2018 proposto da:
C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VIRGILIO 8, presso lo studio dell’avvocato ILARIA CICCOTTI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANFRANCO SASSI, MARCO RONCO;
– ricorrente –
contro
CA.PA.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1633/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 20/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI MARCO.
RILEVATO
che, con sentenza resa in data 20/7/2017, la Corte d’appello di Torino ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da C.L. per la condanna di Ca.Pa. al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del comportamento professionale del convenuto il quale, difensore della controparte del C. nel quadro di una procedura esecutiva avviata nei confronti di quest’ultimo, aveva omesso di depositare tempestivamente l’atto con il quale il creditore procedente aveva rinunciato alla procedura esecutiva, in tal modo non impedendo la vendita dell’immobile del C. originariamente pignorato;
che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale, ritenendo di avvalersi del principio della c.d. ragione “più liquida”, ha evidenziato come l’originario attore non avesse fornito alcuna prova in ordine alla sussistenza di danni ulteriori rispetto all’importo ricavato dalla vendita del bene pignorato in sede esecutiva; importo che gli organi della procedura avevano puntualmente rimesso nella disponibilità del C., in assenza di residue istanze creditorie;
che, avverso la sentenza d’appello, C.L. propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi d’impugnazione;
che nessuno degli intimati ha svolto difese in questa sede;
che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti non hanno presentato memoria;
che, con atto regolarmente pervenuto presso la Corte di cassazione in data 11/4/2019, il curatore dell’eredità relitta da C.L. (nelle more deceduto) ha dichiarato di rinunciare al ricorso.
CONSIDERATO
che il processo dev’essere dichiarato estinto per rinuncia;
che, infatti, con dichiarazione regolarmente pervenuta presso la Corte di cassazione (in epoca anteriore alla celebrazione dell’adunanza in camera di consiglio per la decisione sul ricorso) il ricorrente ha depositato in Cancelleria un atto di rinuncia al ricorso, debitamente sottoscritto;
che si tratta di una rituale dichiarazione di rinuncia, siccome conforme alle condizioni poste dall’art. 390 c.p.c., come tale idoneo a determinare l’effetto dell’estinzione del processo;
che non vi è luogo all’adozione di alcuna statuizione in relazione alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 391 c.p.c..
P.Q.M.
Dichiara estinto il processo.
Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 12 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019