LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTO Antonio – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32650-2018 proposto da:
S.S.K.H., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LIA MINACAPILLI, giusta procura special allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 515/2018 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 03/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non partecipata del 28/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa VELLA PAOLA.
RILEVATO
che:
1. 11 Tribunale di Caltanissetta ha respinta il ricorso proposto dal cittadino pakistano S.S.K.H. contro il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero della protezione sussidiaria o di quella umanitaria, ritenendo che il narrato fosse generico e, poco credibile, che Con riguardo alla regione di provenienza del Punjab non ricorressero i presupposti per la protezione. sussidiaria e che l’assenza di specifici profili di vulnerabilità non consentisse rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
2. Avverso detta decisione il ricorrente ha proposto, tre motivi di ricorso per cassazione. Il Ministero intimato non ha svolto difese.
3.:1 seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
4. Con il primo motivo si denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per non avere il tribunale applicato il principio dell’onere probatorio attenuato, “non avendo preso in considerazione, ai fini del, giudizio, evidentemente, la triste condizione della realtà sociale che permea la regione di provenienza del ricorrente”, stante il livello di “evidente arretratezza culturale di un territorio in citi ancorè. oggi si ipotizzi una ipotesi di condanna a morte per scomunica da infedeltà ad un dettame ideologicò”.
5. Con il secondo mezzo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 112 e art. 14, lett. c), non potendo “non riconoscersi il danno grave ai sensi dell’art. 14, avuto riguardo al contesto socio-politico che caratterizza il paese e, segnatamente, la zona del Punjab di provenienza dell’istante, caratterizzato da livelli di violenza tali da concretare un elevato rischio per la sua incolumità personale”.
6. Il terzo motivo prospetta la violazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 286 del 1998 art. 19 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per non avere la corte d’appello “considerato la situazione di instabilità del Pakistan alla luce di quanto emerge dalle fonti ufficiali, pur riportate in dettaglio, di per sè idonea a giustificare il riconoscimento della protezione quantomeno umanitaria”.
7. Le censure sono inammissibili perchè attengono al merito delle valutazioni in punto di credibilità, condizioni del Paese d’origine e presupposti di vulnerabilità. In particolare, la Corte d’appello ha con ampia motivazione escluso: la riconoscibilità dello status di rifugiato quale conseguenza di arresto o là tua comminate al ricorrente per aver avuto (da sposto) una relazione con una ragazza poi rimasta incinta e uccisa per tale ragione, ritenendo il racconto generico, laconico, incoerente e ò quindi non credibile; la sussistenza di una violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale nella specifica regione di provenienza del richiedente (regione centrale del Puniab, segnatamente Mandi Bahauddin, città di nascita ove si trova il suo negozio) alla luce delle cd. C.O.I. tratte da plurime fonti qualificate e aggiornate; la ricorrenza di specifiche condizioni di vulnerabilità, con riferimento alla situazione oggettiva del paese d’origine, alle condizioni personali che hanno determinato la fuga e al livello di integrazione nel tessuto sociale italiano.
8. Al riguardo deve ricordarsi che: i) la materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel ò giudizio (Cass. 19197/2015, 27336/2018, 3016/2019), anche con riguardo alla protezione umanitaria (Cass. 3681/2019); li) l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguarda il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, ma quello della prova, con la conseguenza che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda (Cass. 3016/2019, 33096/2018, 28862/2018); iii) la ritenuta non credibilità del racconto del ricorrente integra un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, chiamato a valutare se le dichiarazioni dello straniero siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), perciò censurabile in cassazione solo nei rigorosi limiti attualmente prescritti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ovvero come mancanza assoluta della motivazione (Cass. 3340/2019, cfr. Cass. 27502/2018); iv) anche l’accertamento della sussistenza di una “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale” ai fini della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) – da interpretare in conformità alle fonti normative e giurisprudenziali Eurounitarie (direttive 2004/83/CE e 2011/95/LTE; Corte giust. 17/0/2009, Elgafeji; 30/01/2014, Diakitè) – implica un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito (Cass. 30105/2018, 32064/2018);
9. Nulla sulle spese, in assenza di difese del Ministero intimato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 giugno 2019.
Depositato in cancelleria il 8 ottobre 2019