LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35883-2018 proposto da:
D.M.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO XI 13, presso lo studio dell’avvocato MICHELE LIGUORI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE, D’APPELLO di NAPOLI n. cronol.
3301/2018, depositato il 15/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/5/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CARRATO.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il sig. D.M.V. ha proposto ricorso per cassazione – basato su tre motivi – avverso il decreto n. cronol. 3301/2018 (depositato il 15 novembre 2018) della Corte di appello di Napoli, con il quale, a seguito di opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter, veniva. accolta la sua domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 (per l’irragionevole durata di un giudizio civile), con il riconoscimento dell’indennizzo nella misura di Euro 1.626,00 e la condanna del soccombente Ministero della Giustizia al pagamento dei compensi professionali nella misura di Euro 405,00 oltre accessori di legge.
Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione dalla domanda dallo stesso formulata di condanna del Ministero della Giustizia al pagamento delle spese e dei compensi del doppio procedimento (monitorio e di opposizione) instaurato in virtù della L. n. 89 del 2001.
Con il secondo ed il terzo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma l, n. 3, e sotto un duplice profilo – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 c.c., del R.D.L. n. 1578 del 1933, artt. 57 e 58 (convertito nella L. n. 36 del 1934), della L. n. 794 del 1942, art. 24, del D.L. n. 223 del 2006, art. 2 (comma 2) (conv. nella L. n. 248 del 2006, del D.M. n. 53 del 2014, art. 4, e del medesimo D.M., tabella 12, il tutto con riferimento all’errata ed incongrua liquidazione dei compensi sia del procedimento monitorio che di quello di opposizione.
L’intimato Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.
Su proposta del relatore, il quale riteneva che i tre motivi – esaminabili congiuntamente – potessero essere dichiarati manifestamente fondati, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, in prossimità della quale la difesa del ricorrente ha depositata memoria ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c., comma 2.
Rileva il collegio che i tre motivi – siccome attinenti tutti a violazioni riguardanti l’aspetto delle spese inerenti all’intero procedimento instaurato ai sensi della L. n. 89 del 2001 – possono essere esaminati unitariamente.
Essi sono fondati per le ragioni che seguono.
In primo luogo va ribadito che – per costante giurisprudenza di questa Corte – gli onorari spettanti per il giudizio di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 vanno liquidati tenendosi conto delle tariffe previste per il procedimenti contenziosi e non per quelli di volontaria giurisdizione (cfr. Cass. n. 25352/2008 e Cass. n. 23187/2016), come, invece, erroneamente ritenuto dalla Corte partenopea (v. pag. 5, alla fine, del decreto oggetto di ricorso).
Con riferimento al primo motivo, cui si correla il secondo, il collegio rileva che, in effetti, sia dalla motivazione che dal dispositivo dell’impugnato decreto, non si evince – malgrado l’accoglimento dell’opposizione del D.M. formulata ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter – che siano state riconosciute anche le spese e le competenze della prima fase monitoria (ordinariamente da riconoscersi in forza della stessa L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5), che, invero, avrebbero dovuto essere liquidate in favore dell’odierno ricorrente, siccome risultato vittorioso all’esito del procedimento di opposizione (e, quindi, sulla scorra del criterio generale della esclusiva rilevanza dell’esito finale della controversia).
Anche per tali competenze che avrebbero potuto anche essere cumulate in un unico contesto con quelle relative alla fase di opposizione – sarebbe stato necessario osservare l’criteri di liquidazione previsti nella indicata tabella 12 dei parametri professionali “ratione temporis” applicabili, del D.M. n. 55 del 2014, in relazione al valore della causa.
Dall’impugnato decreto risulta, invece, che la Corte napoletana si è limitata a riconoscere le sole spese e competenze della fase oppositiva, ma, con riguardo a queste ultime, va evidenziato che – come dedotto dal ricorrente l’importo complessivo delle stesse come liquidato dalla stessa Corte territoriale è certamente inferiore al totale del minimo tabellare (Euro 1.198,50), avuto riguardo – ai parametri tariffari previsti dal citato D.M. n. 55 del 2014, anche applicando l’aumento massimo della riduzione dei singoli importi spettanti per ciascuna voce (ai sensi del citato D.M., art. 4, comma 1).
Pertanto, in virtù dei conseguenti computi rapportati al valore della causa compreso tra Euro 1 e Euro 5.200,00, la Corte di rinvio – oltre a pronunciarsi sui compensi e sulle spese della prima fase monitoria dovrà rivalutale e rideterminare, secondo i richiamati parametri, di legge, l’entità dei compensi della fase di opposizione in riferimento alle singole voci riconoscibili per le prestazioni professionali compiute, ovvero in ordine alla fase di studio della controversia, alla fase di introduzione del giudizio, alla fase istruttoria e alla fase decisionale.
In definitiva, il ricorso deve essere accolto e, previa cassazione del decreto impugnato il procedimento deve essere rinviato alla Corte di appello di Napoli, che dovrà riconoscere e liquidare i compensi spettanti al ricorrente per fase la monitoria e riquantificare quelli che competono allo stesso alla, stregua degli indicati criteri tabellari in relazione alle singole prestazioni professionali espletate, oltre a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.
In ultimo, occorre rilevare l’insussistenza del presupposto generale – ovvero la condanna alle spese all’esito di questo grado (siccome rimessa al giudice di rinvio per effetto della cassazione dell’impugnato decreto) – per poter provvedere sulle istanze formulate nell’interesse del ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., commi 1 e 3.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte di cassazione, il 15 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019