Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26133 del 16/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6956-2018 R.G. proposto da:

G.M.A., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Sergio Antonio Maria CACOPARDO, ed elettivamente domiciliata in Roma, al viale Mazzini, n. 142, presso lo studio legale dell’avv. Vincenzo PENNISI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 288/17/2017 della Commissione tributaria regionale della SICILIA, Sezione staccata di CATANIA, depositata il 27/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/05/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento in materia di IVA per l’anno d’imposta 1997 che, sulla scorta delle risultanze di una verifica fiscale condotta dalla G.d.F. nei confronti della ditta individuale S.G., esercente attività di trasporto merci su strada, l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti di G.M.A., in quanto ritenuta socia di fatto del coniuge S., per avere quest’ultimo utilizzato in maniera esclusiva nell’attività di trasporto gli automezzi intestati all’odierna ricorrente, con la sentenza impugnata la CTR accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, sostenendo che l’esistenza di una società di fatto tra il S. e la G. risultava accertato in maniera definitiva dalla sentenza della CTP di Catania n. 122/04/2008 avente ad oggetto il medesimo atto impositivo oggetto del presente giudizio, con la conseguenza che perdeva di rilevanza la questione dell’omessa notifica del PVC della G.d.F. alla contribuente, invece regolarmente notifica alla società verificata e, per questa, al S.;

– avverso tale statuizione la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui non replica l’intimata;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo di ricorso è incentrato sull’espansività del giudicato formatosi su diverso anno d’imposta con la sentenza della CTP di Catania n. 630/04/2005, emessa con riferimento ad analogo avviso di accertamento riferito però all’anno d’imposta 1996 ed annullato per omessa notifica del processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F., su cui si fondava l’atto impositivo.

2. Il motivo è infondato e va rigettato.

2.1 Al riguardo va ricordato che le Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 13916 del 2006 hanno affermato il principio secondo il quale “Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta”. Tra le numerose successive pronunce a Sezioni semplici, si annovera anche la sentenza n. 1837 del 29/01/2014 (Rv. 629287) secondo cui “La sentenza del giudice tributario che definitivamente accerti il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato periodo d’imposta fa stato, quanto ai tributi dello stesso tipo da questi dovuti per gli anni successivi, solo per gli elementi che abbiano un valore “condizionante” inderogabile rispetto alla disciplina della fattispecie esaminata, sicchè, laddove risolva una situazione fattuale riferita ad uno specifico periodo d’imposta, essa non può estendere i suoi effetti automaticamente ad un’altra annualità, ancorchè siano coinvolti tratti storici comuni. (Nella specie, la S.C. ha escluso l’efficacia esterna di un giudicato di annullamento di un avviso di rettifica, privo di adeguata motivazione e fondato su elementi inidonei a dimostrare l’inattendibilità della dichiarazione dei redditi, in altra controversia relativa ad un avviso, derivante dal medesimo verbale di constatazione, ma avente ad oggetto diversa annualità dello stesso tributo)”.

2.2. Ciò posto, rileva il Collegio che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, l’omessa notifica alla ricorrente e, comunque, la mancata conoscenza da parte della stessa del p.v.c. redatto dalla G.d.F., posto a base dell’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 1996 annullato con sentenza passata in giudicato, non può fare stato nel giudizio relativo a diverso avviso di accertamento (quello relativo all’anno d’imposta 1997, oggetto del presente giudizio) sia in quanto non costituisce elemento costitutivo della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta, abbia carattere tendenzialmente permanente, posto che il contenuto di quel p.v.c. ben poteva essere riportato per riassunto nell’atto impositivo qui impugnato, il cui contenuto la ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso neppure ha trascritto.

3. Il secondo motivo, con cui è dedotta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 124 disp. att. c.p.c., degli artt. 115 e 324 c.p.c., nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, commi 2 e 7, è incentrato sulla violazione delle disposizioni in materia di accertamento dell’esistenza del giudicato esterno con riferimento alla sentenza della CTP di Catania n. 122/04/2008 che aveva annullato il medesimo avviso di accertamento impugnato dal socio S.G., che sostiene essere stata depositata in copia senza l’attestazione del passaggio in giudicato.

4. Il motivo è fondato in quanto la CTR ha violato il principio giurisprudenziale secondo cui “La parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di provare il passaggio in giudicato della sentenza resa in altro giudizio, non soltanto producendola, ma anche corredandola della idonea certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la pronuncia non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, nè che sia onere della controparte medesima dimostrare l’impugnabilità della sentenza” (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9746 del 18/04/2017, Rv. 643801).

5. Il terzo motivo, incentrato sull’interpretazione del giudicato esterno con riferimento alla già citata sentenza della CTP di Catania n. 122/04/2008, in violazione dell’art. 2909 c.c., deve ritenersi assorbito.

6. Conclusivamente, la sentenza impugnata va cassata in accoglimento del secondo motivo di ricorso e la causa rinviata, per nuovo esame, alla competente CTR che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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