LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18829/2018 R.G. proposto da:
M.C., rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Vita, con domicilio eletto in Roma, alla Via Monte Zebio n. 19, presso lo studio dell’avv. Calabrese.
– ricorrente-
contro
ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Pier Ludovico Patriarca, con domicilio eletto in Roma alla Via del Tempio di Giove n. 21.
– controricorrente –
avverso la sentenza del tribunale di Roma n. 23786/2017, depositata in data 20.12.2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 23.5.2019 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile, per tardività, l’appello proposto dalla M. avverso la sentenza resa definizione di un’opposizione a sanzione amministrativa per violazione del c.d.s..
Ha osservato il giudice di merito che: a) la sentenza di primo grado era stata pronunciata in un giudizio regolato dall’art. 327 c.p.c. come novellato dalla L. n. 69 del 2009, per cui l’appello doveva esser proposto entro sei mesi dal deposito della pronuncia impugnata; b) che, in presenza di due diverse date di deposito, occorreva accertare il momento in cui la sentenza era divenuta conoscibile dall’appellante mediante il deposito in cancelleria e l’inserimento nell’elenco cronologico delle sentenze con attribuzione del relativo numero identificativo; c) che la sentenza del giudice di pace era stata depositata in data 28.3.2013 con attribuzione del n. 60886/2013, dovendo considerata inserita nell’elenco cronologico – al più tardi in data 31.12.20123; d) che il dies a quo di decorrenza del termine ex art. – 327 c.p.c. coincideva con il 31.12.2013 e non con il giorno 11.6.2015, come invece sostenuto dall’appellante, per cui l’impugnazione proposta in data 8.1.2016 era tardivo.
La cassazione della sentenza è chiesta da M.C. sulla base di un unico motivo di ricorso.
L’intimata non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 327 e 339 c.p.c. e della L. n. 689 del 1981, art. 23, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26, nonchè l’illogica e contraddittoria motivazione, sostenendo che, sebbene la causa fosse stata assunta in decisione in udienza in data 28 marzo 2013, la decisione era stata depositata l’11.6.2015, come risultava dal timbro di deposito apposto dalla cancelleria e dall’aggiornamento sei servizi on line della cancelleria, per cui l’appello non poteva dichiararsi tardivo.
Il motivo è fondato.
Come ha ricordato il giudice di merito, il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico, con l’attribuzione del numero identificativo.
Tale momento coincide con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione.
Qualora, peraltro, tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione il giudice deve accertare – attraverso l’istruttoria documentale, ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, in base all’art. 2697 c.c. – quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria, effettuato con le descritte modalità (Cass. s.u. 18569/2016).
Ciò posto è però da rilevare che, nel caso in esame, la sentenza di primo grado recava in calce un’unica data di deposito, attestata dal timbro di cancelleria con la firma del cancelliere (11.6.2015), per cui l’individuazione della data di effettivo deposito non poteva compiersi sulla base del numero cronologico, occorrendo semmai verificare le ragioni di tale discrepanza, tenendo conto del lungo intervallo decorso tra la data di deposito attestata dalla cancelleria e quella desumibile dal numero cronologico della sentenza.
Dall’esame degli atti processuali, consentito a questa Corte in relazione alla natura del vizio denunciato, si evince inoltre che, in data 28.3.2013 la causa era stata assunta in decisione mentre solo due anni dopo ne era stato depositato il testo completo con la relativa motivazione (come comprova la stessa attestazione di deposito).
E’ quindi da ritenere che il numero cronologico sia stato erroneamente assegnato in base alla data dell’udienza e della lettura del dispositivo (L. n. 689 del 1981, art. 23), mentre l’appello (proposto correttamente con citazione notificata in data 11.1.2016, considerato che il giudizio di primo grado era stato incardinato prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011; cfr. Cass. s.u. 2907/2014) era tempestivo, poichè il dies a quo del termine ex art. 327 c.p.c. decorreva dal deposito delle motivazioni e quindi dall’11.6.2015 (Cass. s.u. 16399/2007).
E’ quindi accolto l’unico motivo di impugnazione e la sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altro Magistrato del tribunale di Roma, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie l’unico motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altro Magistrato del tribunale di Roma, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019