LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19298-2014 proposto da:
GELCO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CICERONE 44, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CORBYONS, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIDI LUCA, giusta procura a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controcorrente –
avverso la sentenza n. 214/2014 della COMM.TRIB.REG. di MILANO, depositata il 17/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/07/2019 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato SCAFAREILI per delega dell’Avvocato CORBYONS che ha chiesto l’a cedimento del ricorso;
udito per ci contrari corrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DELLA CAUSA 1. La srl Gelco ricorre, con tre motivi, illustrati con memoria, per la cassazione della sentenza della commissione tributaria regionale della Lombardia n. 214/44, in data 17 gennaio 2014, con la quale è stato ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione della maggior imposta di registro, emesso dalla Agenzia delle Entrate nei confronti di essa ricorrente riguardo al contratto concluso il 25 giugno 2008 e registrato il 10 luglio successivo, con cui la medesima ricorrente aveva acquistato, da vari soggetti, appezzamenti di terreno facenti parte di una lottizzazione convenzionata in Comune di Santa Cristina e Bissone (PV), per prezzi compresi tra i 29,96 Euro per mq e i 38,33 Euro per mq, ritenuti dall’Agenzia inferiori al reale valore di 43,00 Euro per mq.
2. Nella sentenza impugnata è stato evidenziato che l’Agenzia aveva proceduto alla determinazione del valore tenendo conto delle caratteristiche dei terreni, della delibera comunale con cui, ai fini ICI e in riferimento all’anno 2004, il valore delle aree edificabili con destinazione identica rispetto a quella dei terreni oggetto di accertamento era stato stabilito in 27,10 Euro per mq, del listino prezzi della Federazione Italiana Mediatori e Agenti d’affari per l’anno 2008, con cui, per terreni posti nel Comune di Santa Cristina e Bissone, con destinazione residenziale e facenti parte della Superficie Piano Lottizzazione era stato fissato un valore compreso tra i 100,00 e i 190 Euro per mq, di un atto di compravendita, in data 3 dicembre 2008, con cui ad un terreno di analoghe caratteristiche, posto in Comune limitrofo a quello di Santa Cristina e Bissone, era stato attribuito il valore di 43 Euro per mq, dell’avvenuto pagamento, da parte dei venditori dei terreni, degli oneri di urbanizzazione derivanti dalla convenzione di lottizzazione; la commissione ha aggiunto che uno dei cedenti, ricevuto l’avviso di liquidazione della maggiore imposta, aveva provveduto al pagamento di quanto richiesto e che ciò costitutiva “un precedente non trascurabile di veridicità dell’operato dell’ufficio”; ha evidenziato che il fatto per cLi solo successivamente all’acquisto, con la realizzazione delle opere di urbanizzazione, i terreni compravenduti erano divenuti concretamente edificabili non era -rilevante essendo invece rilevante, alla luce della sentenza n. 25506/2006 di questa Corte di legittimità, che detti terreni, già al momento dell’acquisto, fossero -così come in realtà erano-potenzialmente edificabili secondo le previsioni del piano regolatore generale; la commissione ha evidenziato, infine, che lo scarto tra i prezzi dichiarati nel contratto e il valore accertato dall’Agenzia era tanto più significativo in quanto la convenzione di lottizzazione faceva obbligo ai cedenti di pagare gli oneri di urbanizzazione, il cui importo complessivo era stato previsto in oltre 206.678,00 Euro.
3. L’Agenzia delle Entrate, con controricorso, chiede la conferma della sentenza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, la società lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che la commissione abbia omesso di esaminare il fatto, decisivo per gli esiti del giudizio e incontroverso (in quanto dichiarato anche dalla Agenzia sia nelle controdeduzioni in primo grado sia nell’atto di appello), costituito da ciò che le opere di urbanizzazione, il cui importo complessivo era tale da annullare la differenza tra prezzo dichiarato in contratto e valore accertato, erano state realizzate da essa ricorrente.
2. Con il secondo motivo di ricorso, la società lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52 e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, convertito con L. n. 248 del 2006, deducendo, con riguardo ai primi due articoli, che la commissione ha valorizzato il costo delle opere di urbanizzazione assumendo erroneamente che lo stesso fosse stato sostenuto dai venditori e, con riguardo all’art. 36, che la commissione non ha ben compreso il senso della sentenza citata (Cass. 25506/2006), la quale, in tema di ICI, ha affermato che a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, e del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini del’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, ed ha peraltro precisato che l’inapplicabilità del, criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio.
3. Con il terzo motivo di ricorso, la società lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, falsa applicazione degli artt. 1306 e 1309 c.c., deducendo che la commissioneha errato nell’attribuire valore al fatto che uno dei venditori avesse provveduto al pagamento della maggiore imposta liquidata dalla Agenzia.
4. Il primo e il secondo motivo di ricorso, sono strettamente connessi, perchè prospettano doglianze aventi come presupposto comune l’assunto che i costi delle opere di urbanizzazione dei terreni -costi, secondo la stima contenuta nella convenzione di lottizzazione, tali da annullare il divario tra il prezzo dichiarato in contratto e il valore indicato nell’avviso di liquidazione- sono stati sostenuti dalla ricorrente. La commissione tuttavia, richiamando la verifica svolta sul punto dall’ufficio, ha affermato che i costi sono stati sostenuti dai venditori dei terreni. Da ciò che precede segue l’inammissibilità del primo motivo di ricorso e l’infondatezza del secondo: l’uno veicola ur a censura di omesso esame di un fatto (quello assunto dalla ricorrente) su cui la commissione si è in realtà pronunciata (in senso negativo); l’altro veicola censure di violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52 e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, convertito con L. n. 248 del 2006 (di quest’ultimo articolo per non aver la commissione, laddove ha richiamato la pronuncia n. 25506/2006 di questa Corte di legittimità, considerato che la medesima pronuncia dà rilievo alla possibile incidenza degli oneri di urbanizzazione sul valore del bene in comune commercio), che cadono una volta caduto l’assunto appena ricordato.
5. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto ha riguardo ad un passaggio della motivazione della sentenza impugnata in cui non è espressa una autonoma ratio decidendi ma è invece svolta una considerazione secondaria, di mero supporto.
6. Le spese seguono la soccombenza.
7. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), l’obbligo, a carico della ricorrente, di pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio, liquidate in C 4000,00, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 luglio 2019.
Depositato in cancelleria il 17 ottobre 2019