LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18111-2018 proposto da:
C.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICOLA RICCIOTTI 11, presso lo studio dell’avvocato MICHELE SINIBALDI, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO CIRULLI;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI CUPELLO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1186/6/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’ABRUZZO SEZIONE DISTACCATA di PESCARA, depositata il 27/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 29/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;
La CTR della Sardegna con sentenza n. 962/6/2014, depositata il 27.12.2017 non notificata, accoglieva l’appello proposto dal Comune di Cupello avverso la pronuncia di primo grado della CTP di Chieti che aveva raccolto il ricorso del contribuente C.N. sul presupposto che la scadenza del termine di efficacia del piano regolatore non aveva privato l’area della destinazione industriale.
Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo.
Il Comune di Cupello non ha spiegato difese.
1. Con il motivo il ricorrente deduce violazione del D.P.R. n. 218 del 1978, art. 52 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la CTR affermato che la scadenza del termine di efficacia dei vincoli preordinati all’esproprio del piano regolatore non aveva privato l’area della destinazione industriale.
La censura non è fondata.
Questa Corte ha affermato che in tema di ICI, per determinare la natura di terreni compresi in un piano ASI decaduto, occorre far riferimento alla destinazione urbanistica originaria, con la conseguenza che gli stessi sono da qualificare edificabili se inseriti nel preesistente programma di fabbricazione, a prescindere dall’esistenza o dalla validità degli strumenti urbanistici attuativi, poichè, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 203 del 2005, art. 11-quaterdecies, comma 16, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2005 e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 504 del 1992, l’edificabilità di un’area deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nello strumento generale adottato dal comune, indipendentemente dalla sua approvazione da parte della regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, in quanto nel sistema dell’ICI la nozione di area fabbricabile è ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria (Cass. 17818/2017).
Nella specie la CTR ha accertato che la destinazione “industriale” impressa con il Piano regolatore generale non aveva efficacia limitata nel tempo, atteso che la decadenza del termine decennale, poteva aver fatto venire meno i vincoli espropriativi, ma non la destinazione industriale delle aree e richiamato il principio di diritto affermato da questa Corte in base al quale “I piani regolatori, adottati o modificati in relazione al piano per l’area di sviluppo industriale, possiedono valenza conformativa della proprietà dei fondi in esso inclusi, e sono dunque pienamente idonei a conferire ad essi qualità edificatoria, ancorchè detta qualità debba essere valutata con riferimento alla destinazione specifica di zona industriale (Cass. 24041/2006).
Nella specie peraltro gli strumenti urbanistici, variante al PRG e variante al Piano territoriale del Comune che conferiscono il carattere edificatorio alle aree accertate con destinazione “zona industriale” sono stati reiterati: parte ricorrente, infatti, non contesta l’esistenza degli atti reiterativi ma la loro illegittimità. L’area di cui si tratta, dunque è seppure è adibita ad attività industriale secondo lo strumento urbanistico, il che induce ad escludere la sua natura agricola ai fini della determinazione della base imponibile ed è altresì suscettibile di edificazione, ancorchè limitata alla realizzazione di fabbricati strumentali. Ciò fa sì che il terreno debba essere qualificato come edificabile ai fini dell’Ici e che la base imponibile debba essere determinata sulla base del valore venale”. Non vi sono ragioni per discostarsi dall’indirizzo, volto ad escludere che terreni urbanisticamente destinati allo svolgimento di attività industriale quale quella in esame possano considerarsi – ai fini del tributo in oggetto – agricoli.
In tema di Ici Cass. SSUU 25506/06 ha statuito che: “a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248 e del D.L. 16 gennaio 2019 – luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Nulla sulle spese essendo rimasto il Comune di Cupello solo intimato.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019