LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 715-2019 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DE DONATO 10, presso il Sig. LUIGI COMITO, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA PARILLO;
– ricorrente –
e contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legjs;
– resistente –
avverso il decreto n. 2799/2018 E.R. della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il 9/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/5/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CARRATO.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il sig. A.A. ha proposto ricorso per cassazione – riferito a quattro motivi – avverso il decreto E.R. n. 2799/2018 della Corte di appello di Perugia, con il quale veniva dichiarata l’improponibilità del ricorso per di equa riparazione relativo alla durata irragionevole di un giudizio amministrativo svoltosi dinanzi al TAR Lazio, iniziato nel 2003 e definito nel 2010 (con sentenza depositata il 28 settembre 2010), siccome non risultava essere stata in esso depositata l’istanza di prelievo.
Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, nel testo novellato dal D.Lgs. n. 104 del 2010.
Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – l’omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti avuto riguardo alla mancata rilevazione che nel suddetto giudizio amministrativo presupposto erano state depositate, il 25 giugno 2003 e l’11 novembre 2009, due istanze di fissazione di udienza.
Con il terzo motivo il ricorrente ha prospettato – in ordine all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., – la violazione e/o falsa applicazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, e dell’art. 738 c.p.c., in relazione all’omessa – ancorchè richiesta – acquisizione del fascicolo d’ufficio del giudizio amministrativo presupposto per la verificazione della circostanza dell’avvenuta presentazione dell’istanza di prelievo.
Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente ha eccepito l’incostituzionalità del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, convertito, con modif., nella L. n. 138 del 2008, nella parte in cui tale norma (come modificata dal D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 3, comma 23, dell’all. A), prevedeva l’improponibilità della domanda per equo indennizzo – in mancanza della proposizione dell’istanza di prelievo nel giudizio amministrativo presupposto pendente alla data del 16 settembre 2010 – per la sua intera durata irragionevole. L’intimato Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato un mero atto di costituzione ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1. Su proposta del relatore, il quale riteneva che i primi due motivi potessero essere dichiarati manifestamente fondati (con assorbimento degli altri), donde la conseguente definibilità nelle torme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Rileva il collegio che le prime due censure – riferite alla denuncia della illegittimità della dichiarazione di improponibilità della domanda di equo indennizzo per l’asserita mancata presentazione dell’istanza di prelievo nel giudizio amministrativo presupposto – sono da accogliersi per l’assorbente ragione che, come rilevato nella proposta di cui all’art. 380-bis c.p.c., è intervenuta nelle more la sentenza n. 34 del 2019 della Corte costituzionale (che ha accolto la questione di legittimità costituzionale eccepita dallo stesso ricorrente con l’ultima doglianza). In particolare, con detta sentenza è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella L. 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dal D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 3, comma 23, Allegato 4, (Attuazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) e dal D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195, art. 1, comma 3, lett. a), n. 6, (Disp. correttive ed integrative al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo a norma della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44, comma 4).
Con tale pronuncia è stata specificamente ritenuta l’illegittimità costituzionale della censurata norma, nella parte in cui, relativamente ai giudizi pendenti alla data del 16 settembre 2010 (in cui è entrato in vigore il D.Lgs. n. 104 del 2010), e per la loro intera durata, subordinava la proponibilità della domanda di equa riparazione per l’irragionevole durata dei giudizi amministrativi, alla previa presentazione dell’istanza di prelievo.
Da ciò è derivata la conseguenza (per effetto dell’efficacia generalizzata ed “ex tane” della richiamata sentenza di incostituzionalità, ai sensi dell’art. 136 Cost.), che, essendo venuta meno la suddetta condizione di proponibilità riconducibile alla necessaria presentazione dell’istanza di (Ndr: testo originale non comprensibile), nel caso di specie avrebbe dovuto essere riconosciuto l’invocato indennizzo per (Ndr: testo originale non comprensibile) durata irragionevole del giudizio amministrativo presupposto (naturalmente previo scomputo dell’intervallo temporale da ricondurre alla sua durata ragionevole come stabilita per legge).
E’ stata, dunque, eliminata la previsione normativa impositiva della preventiva condizione di proponibilità correlata alla necessaria presentazione dell’istanza di prelievo nei giudizi amministrativi.
Rimangono assorbiti il terzo motivo, siccome riguardante un’assunta violazione di un aspetto del procedimento di equa riparazione superato per effetto (Ndr: testo originale non comprensibile) delle prime due censure, e il quarto morivo, in quanto relative alla eccezione di illegittimità costituzionale, (Ndr: testo originale non comprensibile) accolta – con la richiamate sentenza n. 34/2019 del Giudice delle leggi.
In definitiva, vanno accolti il primo e secondo motivo del ricorso, dichiarati assorbiti gli altri, con conseguente cassazione dell’impugnato decreto e il rinvio della causa, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, che si conformerà al principio statuito con riferimento all’applicazione degli effetti derivanti dalla sopravvenuta sentenza di incostituzionalità (Ndr: testo originale non comprensibile).
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso e dichiara assorbito gli altri; cassa il decreto un pugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte di cassazione, il 15 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019
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