Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26705 del 21/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26927-2017 proposto da:

D.L., in proprio ed in qualità di legale rappresentante pro tempore della EDIL SABA SRL, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio dell’avvocato PAOLO IORIO, rappresentati e difesi dall’avvocato TOMMASO DIVINCENZO;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1216/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 19/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Trani ha accolto l’opposizione proposta da D.V.L. in proprio e nella qualità di legale rappresentante della EDIL SA.BA s.r.l. contro ordinanza ingiunzione emessa dal Ministero dell’Economia e Finanza per la violazione del D.L. 21 novembre 2007, art. 58, comma 1, (effettuazione di operazioni finanziarie senza l’osservanza delle modalità previste dal D.L. n. 231 del 2007, art. 49, comma 5).

Gli opponenti avevano dedotto che la notificazione del verbale di contestazione della violazione era stata eseguita a mezzo del servizio postale, con consegna del plico in mani di persona di cui nell’avviso di ricevimento non era indicata la qualità, nè il rapporto con i destinatari della notificazione.

Il tribunale ha accolto l’opposizione, riconoscendo la nullità della notificazione nei termini dedotti dagli ingiunti.

La Corte d’appello di Bari è andata in contrario avviso, riconoscendo che l’amministrazione aveva notificato il verbale non tramite ufficiale giudiziario, ma mediante spedizione diretta.

Conseguentemente le indicazioni che dovevano risultare dall’avviso di ricevimento ai fini della validità della notificazione non erano quelle di cui all’art. 139 c.p.c., ma quelle prescritte nel regolamento postale per la raccomandata ordinaria, con l’ulteriore conseguenza che spettava al destinatario l’onere di provare di essersi trovato senza colpa nell’impossibilità di acquisire conoscenza dell’atto, in applicazione della norma di cui all’art. 1335 c.c..

La corte ha osservato che, nella specie, tale prova non era stata fornita, essendo irrilevante che la persona cui l’atto fu consegnato non risultasse dallo stato di famiglia, potendo ricorrere altro tipo di rapporto, come risultava indirettamente dal fatto che la medesima persona aveva ritirato le raccomandate in date diverse e in indirizzi diversi (domicilio della persona fisica e della società).

Per la cassazione della sentenza D.V.L., in proprio e nella qualità, ha proposto ricorso, affidato a un unico motivo, con il quale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1335 c.c. e violazione degli artt. 24 e 111 Cost..

Si sostiene che la mancata indicazione, nell’avviso di ricevimento, della qualità della persona cui è stato consegnato il plico impedisce di ritenere operante la presunzione stabilita dall’art. 1335 c.c., la quale, così come applicata dalla corte d’appello, risultava altresì in contrasto con il principio dell’effettività del contraddittorio e del diritto di difesa.

Il Presidente della Sesta Sezione civile ha ordinato la rinnovazione della notificazione del ricorso al Ministero dell’Economia e Finanza, in quanto eseguita presso l’Avvocatura Distrettuale di Bari invece che presso l’Avvocatura Generale dello Stato.

Il Ministero ha resistito con controricorso, con il quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso. Si deduce che la rinnovazione della notificazione, eseguita per via telematica, non comprendeva il ricorso per cassazione.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta inammissibilità, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380 – bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In vista dell’adunanza i ricorrenti hanno depositato memoria.

In relazione all’eccezione sollevata dall’Avvocatura dello Stato osserva il collegio che i ricorrenti hanno depositato – in formato cartaceo, con attestazione di conformità ai documenti informatici da cui sono tratti – del messaggio di trasmissione a mezzo PEC ags.rm avvocaturastato.it, dei suoi allegati, che includevano anche il ricorso per cassazione, e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna previste dal D.P.R. n. 68 del 2005, art. 6, comma 2.

L’attività da essi compiuta è conforme agli insegnamenti della Suprema Corte in materia. “Qualora il deposito del ricorso per cassazione non sia fatto con modalità telematiche, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., dell’avvenuta sua notificazione per via telematica va data prova mediante il deposito – in formato cartaceo, con attestazione di conformità ai documenti informatici da cui sono tratti – del messaggio di trasmissione a mezzo PEC, dei suoi allegati e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna previste dal D.P.R. n. 68 del 2005, art. 6, comma 2” (Cass. n. 26102/2016).

Ci sono quindi le condizioni per dare continuità al principio secondo cui la ricevuta di avvenuta consegna (RAC), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, seppure non assurga a quella “certezza pubblica” propria degli atti facenti fede fino a querela di falso, “costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario” (Cass. n. 15035/2016; n. 26102/2018).

Il Ministero controricorrente tale prova non ha fornito, sicchè la eccezione va rigettata.

Il ricorso è infondato.

La corte d’appello ha riconosciuto che, nella specie, la notificazione del verbale con il quale fu contestata la violazione non era avvenuta a mezzo ufficiale giudiziario, ma in via diretta da parte dell’amministrazione, facendone derivare da ciò l’applicabilità delle norme del regolamento postale.

Al fine di giustificare tale conclusione essa ha richiamato i principi di giurisprudenza di legittimità in materia di notificazione di cartelle di pagamento (Cass. n. 15973/2014), ritenendoli, applicabili, per identità di ratio, anche nella materia in esame.

Tale statuizione, che costituisce l’essenziale premessa della decisione, non ha costituito oggetto di censura, il che rende un fatto ormai acquisito che la regolarità della notificazione va valutata, nella specie, in applicazione delle norme concernenti il servizio postale ordinario e non di quelle della L. n. 890 del 1982 (Cass. n. 29022/2017; n. 8293/2018; 8086/2018).

In relazione a tale fattispecie di notificazione è stato chiarito che “fatta salva querela di falso, non sussiste alcun profilo di nullità ove essa venga consegnata nel domicilio del destinatario e l’avviso di ricevimento venga sottoscritto dalla persona rinvenuta dall’ufficiale postale senza che risulti da esso la qualità del consegnatario o la sua relazione con il destinatario, con superabilità della presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. solo se il destinatario provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prendere cognizione del plico” (Cass. n. 24780/2018).

La corte di merito ha fatto corretta applicazione dei principi sopra indicati.

Da un lato essa ha ritenuto che, essendo la comunicazione pervenuta all’indirizzo del destinatario, fosse a quel punto onere del medesimo di provare di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prendere cognizione del plico; dall’altro, con apprezzamento insindacabile in questa sede, ha riconosciuto che la prova non era stata fornita.

I richiami di giurisprudenza, operati nel ricorso a Cass. n. 9303 del 2012 e a Cass. n. 20924 del 2005 per sostenere il contrario, non sono pertinenti.

In ambedue le pronunce si nega l’operatività della presunzione ex art. 1335 c.c. in forza della sola spedizione, quando manchi la prova dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione.

Al contrario, nel caso in esame, è un fatto oggettivo che la comunicazione è pervenuta all’indirizzo del destinatario, il quale pretende di paralizzare l’operatività della presunzione in base alla considerazione, irrilevante per quanto sopra detto, della mancata indicazione della qualità della persona cui è stato consegnato il plico.

In relazione ai profili di incostituzionalità ventilati nel ricorso si deve infine rilevare che la possibilità accordata dall’art. 1335 c.c. al destinatario dell’atto, di superare la presunzione di conoscenza mediante la prova di essersi trovato senza colpa nell’impossibilità di averne notizia, esclude che la norma sia di per sè in contrasto con il principio del contraddittorio e con il diritto di difesa (Cass. n. 8399/1996).

Il ricorso, pertanto, va rigettato, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

ridetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 3.000,00, oltre alle spese prenotate a debito; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019

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