Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26716 del 21/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29785-2017 proposto da:

ASSOCIAZIONE SPORTIVA RAMA CLUB, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato KERAMBRUN JEAN JACQUES;

– ricorrente –

contro

FEDERAZIONE ITALIANA TENNIS, in persona del presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANGELO SECCHI 9, presso lo studio dell’avvocato CARVELLI LUIGI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PROTO MASSIMO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1821/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SCODITTI ENRICO.

RILEVATO

Che:

la Federazione Italiana Tennis convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli l’Associazione Sportiva “Rama Club” chiedendo la risoluzione di convenzione stipulata con la convenuta ed il consequenziale rilascio di impianto sportivo. Il Tribunale adito rigettò sia la domanda principale che quella proposta in via riconvenzionale dalla convenuta. Avverso detta sentenza propose appello l’originaria attrice ed appello incidentale l’Associazione sportiva. Con sentenza di data 12 maggio 2017 la Corte d’appello di Napoli accolse l’appello principale, dichiarando l’intervenuta risoluzione della convenzione con condanna al rilascio dell’impianto sportivo, e dichiarò improcedibile l’appello incidentale.

Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, che inaccoglibile era l’istanza di sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in relazione al ricorso proposto innanzi al TAR Campania dall’Associazione Sportiva, fino alla definizione del giudizio amministrativo, in quanto difettavano i presupposti della norma invocata e i due giudizi non pendevano fra le stesse parti.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Associazione Sportiva “Rama Club” sulla base di un motivo e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

CONSIDERATO

Che:

con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 81,100 e 295 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che il TAR Campania aveva rigettato il ricorso proposto dall’Associazione sportiva nei confronti della nota del Comune di Napoli di diffida al rilascio del complesso sportivo non avendo la FIT il potere di sublocare l’immobile, il quale poteva essere locato attraverso un’evidenza pubblica solo dall’ente proprietario, e che la sentenza era motivata nel senso che era scaduta la convenzione madre stipulata con il CONI e che nella stessa convenzione era vietata la subconcessione (previsione violata per effetto della convenzione stipulata con l’Associazione Sportiva “Rama Club”). Aggiunge che sussiste pregiudizialità logico-giuridica fra i due giudizi, in quanto alla luce della decisione del TAR FIT era priva della legittimazione a concedere in godimento i beni e conseguentemente a richiedere la risoluzione della convenzione, e che non costituisce presupposto della sospensione del processo civile pregiudicato il fatto che il giudizio amministrativo penda fra le stesse parti.

Il motivo è manifestamente infondato. La sospensione necessaria del giudizio civile in pendenza di un giudizio amministrativo, è ammissibile qualora sia imposta dall’esigenza di evitare un conflitto di giudicati, ipotesi che però non ricorre se tra i giudizi, come nel caso di specie, sussista diversità di parti, ostandovi in questo caso il rispetto del principio del contraddittorio. (Cass. n. 11085 del 2009, n. 2263 del 2012 e n. 22784 del 2015). Va peraltro rammentato che la sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra due cause sia concreto ed attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non giustificandosi diversamente la sospensione, che si tradurrebbe in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione, sicchè, quando una sentenza sia impugnata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, è onere del ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e resti presumibilmente tale sino all’accoglimento del ricorso, mancando, in difetto, la prova dell’interesse concreto e attuale all’impugnazione, perchè nessun giudice, di legittimità o di rinvio, può disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non più effettivamente in corso (Cass. n. 22878 del 2015 e n. 18026 del 2012).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019

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