LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11377/2017 proposto da:
L.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA GIOVANNI RANDACCIO N. 1, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO MUSA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIANO NATALIZI ZIZZI;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
*****, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA SCIPLINO, ANTONINO SGROI;
– controricorrenti –
e contro
EQUITALIA SUD S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1884/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 08/11/2016 R.G.N. 1177/2014;
Il P.M., ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO
che:
L.V., titolare di azienda agricola, premesso di aver aderito al contratto provinciale di riallineamento retributivo del 20.9.2004 valido nella provincia di Brindisi per il periodo 2004-2007, si oppose al verbale di accertamento col quale l’Inps aveva preteso differenze contributive sulla base del diverso parametro del salario medio convenzionale, di importo maggiore rispetto al minimale contributivo parametrato al minimale retributivo di fonte contrattuale;
il giudice del lavoro del Tribunale di Brindisi accolse il ricorso ed annullò l’atto impugnato (verbale di accertamento con conseguente avviso di addebito); impugnata tale decisione da parte dell’Inps (anche in rappresentanza della società di cartolarizzazione dei crediti inps S.C.C.I. s.p.a.), la Corte d’appello di Lecce (sentenza dell’8.11.2016) ha accolto il gravame ed ha rigettato la domanda di L.V., dopo aver ravvisato la violazione della L. n. 608 del 1996, art. 5, comma 5, che consentiva una sola variazione ai programmi di riallineamento contributivo, compresi quelli già stipulati, per cui nella fattispecie si era avuta una deroga non consentita alla generale obbligatorietà di corresponsione ai lavoratori dipendenti dei trattamenti retributivi conformi ai minimi salariali previsti dai c.c.n.l.;
per la cassazione della sentenza ricorre L.V. con tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste l’Inps con controricorso; il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
che:
1. col primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 5, comma 5, convertito dalla L. 28 novembre 1996, n. 608 e del D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 20, come sostituito dal D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 9 ter, comma 3, oltre che della L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 63, comma 3, L. n. 388 del 2000, art. 116,artt. 1362 c.c. e segg., nonchè degli artt. 2697 e 1175 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;
2. in pratica il ricorrente contesta la decisione della Corte d’appello nella parte in cui ha ritenuto illegittimo il programma di riallineamento contributivo del 2004 per ritenuta contrarietà al disposto del D.L. n. 510 del 1996, art. 5, comma 5, convertito nella L. n. 608 del 1996;
3. secondo la tesi di L.V. la normativa da prendere a riferimento è non solo quella di cui alla D.L. n. 510 del 1996, art. 5, convertito nella L. n. 608 del 1996, richiamata dalla Corte di merito, ma anche quella di cui alla L. n. 488 del 1999, art. 63, comma 3 (vigente all’epoca della stipula dei contratti in discussione) che aveva espressamente prorogato al 31 dicembre 2000 il termine per la sottoscrizione di validi accordi territoriali di riallineamento;
4. l’assunto difensivo verte, quindi, sulla considerazione che in base a quest’ultima normativa l’azienda agricola L. aveva aderito alla gradualità per il periodo 2000/2003 e alla successiva rimodulazione (la prima e sola) per gli anni 2004/2007, per cui non poteva essere condivisa la conclusione cui era giunta la Corte leccese, secondo la quale l’accordo del 2000 costituiva già la prima variazione del precedente contratto di gradualità del 1996;
5. aggiunge il ricorrente che l’art. 16 del CPL di Brindisi del 18.12.2000 non richiamava alcun precedente accordo di riallineamento, proprio perchè non costituiva prosecuzione e/o rimodulazione di alcun accordo precedente, a differenza dell’art. 19 del CPL di Brindisi del 20.9.2004 che faceva esplicito riferimento al precedente CPL scaduto il 31.12.2003, del quale costituiva, pertanto, prima ed unica variazione;
6. nè poteva ritenersi condivisibile, secondo la presente tesi difensiva, l’interpretazione secondo cui per “variazione” poteva intendersi anche la sospensione del percorso di gradualità, atteso che la stessa – da sola – non incideva nè sui tempi, nè sulle percentuali di riallineamento, necessitando della riattivazione (nel caso di specie intervenuta con l’accordo del 20.9.2004) per spiegare effetti di variazione dei tempi;
7. il motivo è infondato;
invero, il D.L. n. 510 del 1996, art. 5, convertito, con modificazioni, in L. n. 608 del 1996, ha introdotto, al dichiarato fine di sospendere “la condizione di corresponsione dell’ammontare retributivo di cui al D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 6, comma 9, lett. a), b) e c), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, n. 389”, l’istituto del riallineamento retributivo, più correttamente, l’adesione del datore di lavoro all’accordo di riallineamento retributivo con la previsione del graduale riallineamento dei trattamenti economici dei lavoratori ai livelli previsti nei corrispondenti contratti collettivi nazionali di lavoro; ha riconosciuto, ai predetti accordi, validità pari a quella attribuita ai contratti collettivi nazionali di lavoro di riferimento, quale requisito per l’applicazione, a favore delle imprese, di tutte le normative nazionali e comunitarie. Sempre il richiamato art. 5, al comma 3, secondo periodo, prevedendo, quanto agli sgravi contributivi, che
“l’applicazione nel tempo dell’accordo provinciale comporta la sanatoria anche per i periodi pregressi per le pendenze contributive ed a titolo di fiscalizzazione di leggi speciali in materia e di sanzioni a ciascuna di esse relative ovvero di sgravi contributivi, per le imprese di cui al comma 1”, rivela l’intento del legislatore di consentire al datore di lavoro, che aderisca all’accordo provinciale di riallineamento, di fruire dei benefici contributivi e della fiscalizzazione degli oneri sociali limitatamente ai lavoratori già dipendenti del datore di lavoro al recepimento dell’accordo provinciale incentivandolo con il graduale recepimento della contrattazione collettiva (al più tardi, entro trentasei mesi dal recepimento dell’accordo provinciale) e con lo sgravio contributivo quale conseguenza del dichiarato fine sospensivo richiamato nell’incipit del più volte richiamato art. 5;
8. è bene ricordare che il D.L. n. 510 del 1996, art. 5, comma 5, convertito dalla L. n. 608 del 1996, testualmente recita quanto segue: “E’ ammessa una sola variazione ai programmi di riallineamento contributivo, compresi quelli già stipulati, limitatamente ai tempi ed alle percentuali fissati dagli accordi provinciali, purchè tale modifica sia oggettivamente giustificata da intervenuti rilevanti eventi non prevedibili e che incidano sostanzialmente sulle valutazioni effettuate al momento della stipulazione dell’accordo territoriale, ed a condizione che l’intesa di aggiustamento sia sottoscritta dalle medesime parti che hanno stipulato il primitivo accordo”;
9. orbene, la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 116, commi 1-7, pur mantenendo fermo l’intero quadro normativo vigente in materia, ha integrato gli effetti della contrattazione da riallineamento sotto l’aspetto contributivo, prevedendo uno sgravio sulla retribuzione dovuta nella misura della L. n. 608 del 1996, art. 5, comma 4. Per tal motivo, la riapertura dei termini operata dalla norma è stata limitata alla sola possibilità di recepimento dei contratti già stipulati e non alla stipula ex novo di nuovi accordi provinciali di riallineamento;
10. inoltre, in ossequio al dettato della Commissione Europea, la legittimità dell’aiuto statale alle imprese riposa sulla limitazione nel tempo. Così della L. n. 608 del 1996, art. 5, comma 2, aveva concesso 12 mesi di tempo per stipulare gli accordi territoriali e quelli aziendali di recepimento da depositare presso gli Uffici Provinciali del lavoro e presso le sedi dell’INPS;
11. si è, quindi, avuta l’esplicita previsione normativa, introdotta solo con la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 116, dello sgravio contributivo concesso ai datori di lavoro che abbiano aderito ad un accordo di riallineamento entro un anno dalla decisione della Commissione delle Comunità Europee. Si è trattato di stabilire una disciplina per favorire l’emersione del lavoro irregolare rivolta ai datori di lavoro che abbiano aderito ad un accordo di riallineamento nel termine annuale dalla decisione della Commissione delle Comunità
Europee, per la durata del programma di riallineamento, e comunque per non più di cinque anni, con condizioni, anche temporali, e requisiti per fruire dello sgravio contributivo;
12. la citata Decisione della Commissione Europea in materia di aiuto di Stato n. 236/A/2000, contenente misure a favore della regolarizzazione dell’economia sommersa, è del 17.10.2000, per cui ha ragione la difesa dell’Inps nel sostenere che il termine ultimo di un anno di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 1, per il recepimento, da parte delle imprese, dei contratti di riallineamento, regolati ai sensi e alle condizioni del D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 5, scadeva il 17.10.2001;
13. ne consegue che è, altresì, fondato il rilievo dell’Inps secondo cui l’applicazione dell’accordo provinciale del 20.9.2004, contemplante all’art. 19 il programma di riallineamento retributivo, era da considerare nella specie illegittima, posto che detto accordo era stato sottoscritto tre anni dopo il termine ultimo di efficacia dell’istituto del riallineamento invocato ai fini dei pretesi sgravi contributivi;
14. erra, quindi, il ricorrente L. nel ritenere che tale accordo fosse da considerare valido in quanto attraverso lo stesso era stata attuata la prima ed unica rimodulazione al programma di riallineamento già definito dal precedente contratto provinciale di lavoro 2000 – 2003, in quanto una tale interpretazione trascura il dato normativo rilevante dell’osservanza del termine di un anno (scadente il 17.10.2001), di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 1, per il recepimento, da parte delle imprese, dei contratti di riallineamento, regolati ai sensi e alle condizioni del D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 5;
15. ne consegue che l’applicazione, ai fini dei relativi sgravi, del contratto provinciale di riallineamento retributivo sottoscritto il 20.9.2004, ovverosia a circa tre anni di distanza dalla predetta scadenza del 17.10.2001, è da ritenere eseguita in evidente violazione di quanto previsto dal combinato disposto di cui al D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 5, comma 5, convertito con L. n. 608 del 1996 e della L.n. 388 del 2000, art. 116, comma 1;
16. col secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 1175 c.c. e del D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 6, comma 1, che nel settore agricolo impone in via preliminare le verifiche, gli accertamenti e la liquidazione dei contributi da parte dell’Inps, che predispone ed invia i modelli di pagamento trimestrali, non essendo ammessa l’autoliquidazione;
17. in sostanza, il ricorrente si duole del fatto che dalla visione delle copie dei prospetti di modello di richiesta di pagamento relativi agli anni 2004 e 2005 prodotti in primo grado (modello “DMAG”) era possibile riscontrare che aveva pagato l’intero importo contributivo calcolato e richiesto dall’Inps, per cui non poteva essere incorso in alcuna violazione prevista per i casi di omesso o parziale pagamento dei contributi richiesti;
18. il motivo denota, anzitutto, un profilo di inammissibilità, stante la novità della questione esposta che non risulta essere stata affrontata in sede d’appello, non essendovene traccia nell’impugnata sentenza; nè il ricorrente ha fornito elementi atti a far ritenere che la stessa sia stata dibattuta in prime cure; in ogni caso la censura è
infondata, posto che il calcolo del montante contributivo è stato eseguito sulla base degli elementi forniti dal medesimo contribuente all’ente di previdenza tramite l’invio telematico dell’apposito modello
“DMAG”; infatti, attraverso tale modello vengono denunciati periodicamente i lavoratori occupati alle dipendenze di aziende agricole con la dichiarazione dei dati retributivi e contributivi degli stessi dipendenti ai fini dell’accertamento e della riscossione dei contributi;
19. col terzo motivo si assume che la sentenza è viziata ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione ed erronea applicazione di norme di legge (L. n. 338 del 2000, art. 116 e D.L. n. 338 del 1989, art. 6, conv. in L. n. 389 del 1989) in relazione agli importi richiesti a titolo di somme aggiuntive e alla revoca dei benefici contributivi e fiscalizzazioni nel settore agricolo;
20. in particolare si addebita all’impugnata sentenza l’errata applicazione delle sanzioni, contestandosi il presupposto della sussistenza di una ipotesi di evasione contributiva; inoltre, si contesta la revoca dei benefici contributivi, deducendosi al riguardo l’insussistenza di un’ipotesi di colpa dell’azienda agricola;
21. il motivo è, anzitutto, inammissibile in considerazione della novità delle questioni prospettate rispetto a quelle affrontate nell’impugnata sentenza; in ogni caso trattasi di censure infondate, sia perchè l’accertata illegittimità dell’applicazione di un contratto di riallineamento retributivo ai fini del conseguimento di sgravi contributivi integra un’ipotesi di evasione del pagamento dei contributi dovuti, in assenza di una prova della sussistenza del diritto alla fruizione dei suddetti sgravi da parte del soggetto interessato ad avvalersene, sia perchè la rilevata insussistenza del diritto al conseguimento di tali sgravi legittimava la revoca del relativo beneficio indebitamente usufruito;
22. il ricorso va, pertanto rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’Inps delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, in base al principio della soccombenza;
non va, invece, adottata alcuna statuizione nei confronti della società
Equitalia Sud s.p.a. che è rimasta solo intimata; sussistono, infine, i presupposti per la condanna del soccombente al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore dell’Inps nella misura di Euro 4200,00, di cui Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019
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