Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.28839 del 08/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11296-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FABIO PACE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 425/4/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di TORINO, depositata il 09/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA LA TORRE.

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con la quale la Commissione tributaria regionale del Piemonte – decidendo in sede di rinvio a seguito di sentenza di questa Corte n. 24928 del 2013 – ha dichiarato dovuta la somma di Euro 48.952,81, oltre interessi di legge, richiesta da B.P., dirigente Enel, quale differenza d’imposta tra quella trattenuta all’aliquota del 33,02% sull’indennità percepita nel 2000 a titolo di liquidazione delle somme spettanti per l’adesione al Fondo previdenza integrativa aziendale (PIA) istituito da Enel per i suoi dirigenti, e l’aliquota del 12,50%, che riteneva applicabile.

In particolare, la Commissione regionale, preso atto della perizia versata in giudizio e del documento del fondo pensione PIA, ha ritenuto raggiunta la prova di “quale sia la quota finanziaria e quella capitale delle somme accantonate di cui ai conteggi che precedono”, riconoscendo, quindi, il diritto al rimborso nella misura richiesta con l’atto di riassunzione.

Il contribuente si costituisce con controricorso e deposita memoria. CONSIDERATO che:

1. Col primo motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c.; sostiene che la sentenza impugnata violi il principio di diritto enunciato con la ordinanza cui avrebbe dovuto uniformarsi in sede di rinvio, per avere i giudici di merito omesso di verificare se il capitale accantonato alla gestione PIA sia stato effettivamente investito sul mercato, prescindendo dal necessario accertamento di fatto richiesto.

2. Col secondo motivo deduce violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, al D.L. n. 669 del 1996, art. 1, agli artt. 16,17,42 (ora 45) T.U.I.R., alla L. 482 del 1985, art. 6, all’art. 2697 c.c..

La CTR non avrebbe applicato i principi sanciti dalle SSUU, come specificati nella sentenza di rinvio, non considerando il concetto di “rendimento” rilevante per la decisione della controversia, così come specificato dalle Sezioni Unite e dalle successive pronunce di questa Corte. In relazione alla natura del rendimento e alla aliquota applicabile, non avrebbe ravvisato l’evidente carenza di prova di cui era onerato il contribuente relativamente agli importi da tassare alla pretesa minore aliquota, in quanto nella certificazione prodotta proveniente dall’ENEL (erroneamente attribuita al fondo), non emerge nè il quantum dell’investimento di capitale effettuato negli anni (come richiesto dalla sentenza di rinvio) nè la tipologia di investimento, nè l’eventuale rendimento che tale investimento avrebbe generato per il contribuente.

3. I motivi, congiuntamente esposti e trattati, sono fondati.

3.1. La sentenza della Commissione regionale ha accertato il “rendimento” suscettibile di imposizione attenuata sulla base di perizia di parte e di certificazione, ma ha mancato di effettuare un qualsiasi esame degli investimenti effettuati dal Fondo sul mercato e, quindi, sul “rendimento” così come inteso dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 13642 del 22/6/2011.

3.2. Omettendo di ricostruire l’impiego delle somme sul mercato, la sentenza non si è attenuta all’ordinanza di rinvio, tra le stesse parti, che, richiamando il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite e meglio chiarito da questa Corte con le sentenze nn. 10285 del 26/4/2017, 4941 del 2/3/2018 e 16116 del 19/6/2018, ha rimesso al giudice di rinvio di verificare il “rendimento netto” imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato.

3.3. Con riferimento ai principi di cui alle Sezioni unite, come successivamente delineati dalla giurisprudenza successiva (Cass. n. 10285 del 26 aprile 2017; Cass. n. 24525 del 18 ottobre 2017; Cass. n. 4941 del 2 marzo 2018; Cass. n. 5436 del 7 marzo 2018, n. 14640 del 2019), è stato chiarito che il principio affermato dalle Sezioni Unite deve essere interpretato nel senso che il più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rinvenienti dall’effettivo investimento, da parte del fondo, sul mercato finanziario, o comunque di riferimento, del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento.

3.4. Va, quindi, confermato che sono tassabili con l’aliquota del 12,50 per cento, ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, i capitali maturati anteriormente al 10 gennaio 2001 dai soggetti iscritti al fondo di previdenza integrativa (P.I.A., poi Fondenel) prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, limitatamente a quella parte di essi costituita dal rendimento netto, derivante dalla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato; se, pertanto, da una parte, tale requisito andrà ricercato anche per i capitali maturati e gli accantonamenti effettuati anteriormente alla trasformazione del fondo da P.I.A. a Fondenel, dall’altra parte, però, non vi è ragione di circoscrivere tale requisito ai soli (eventuali) investimenti nel mercato finanziario, secondo l’indicazione contenuta nella Risoluzione n. 102/E del 26 novembre 2012 dell’Agenzia delle Entrate, avallata da diverse sentenze successive alla pronuncia delle Sezioni Unite (v. Cass. nn. 7724, 7728, 12941, 12946, 22950 del 2013; nn. 3136, 6380, 8310 del 2014; n. 1977 del 2015).

3.5. Deve conseguentemente essere ribadito che “In tema di fondi previdenziali integrativi per i dirigenti Enel, le prestazioni erogate in forma di capitale a coloro che risultino iscritti, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 10 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (nel testo vigente “ratione temporis”); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento. Sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non necessariamente finanziario – non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate”. (Cass. 10285/2017; n. 24525 del 2017; n. 21423 del 2017; n. 15853 del 15/06/2018, n. 8096 del 2019).

4. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite richiamato dalla sentenza resa inter partes, come specificato dalla successiva giurisprudenza, alla luce delle considerazioni sopra svolte, per cui la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR del Piemonte per un nuovo esame, che sarà effettuato alla luce dei superiori principi. La CTR provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

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