LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6003/2014 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI;
– ricorrenti –
contro
F.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 53, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO ALLEGRA, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCIA DI SANTO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 366/2013 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 01/03/2013 R.G.N. 1684/2009.
RILEVATO
che:
1. la Corte d’appello di Messina, in riforma della sentenza del Tribunale di Patti, condannava l’Inps a corrispondere ad F.A. l’assegno ordinario di invalidità di cui alla L. n. 222 del 1984, con decorrenza dal 1/1/2012, con interessi come per legge.
2. Per la cassazione della sentenza l’Inps ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui F.A. ha resistito con controricorso, nel quale ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per tardività. F.A. ha depositato anche memoria ex art. 380-bis. 1 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
3. l’eccezione d’inammissibilità del ricorso è infondata: dall’esame degli atti (ed in particolare dal timbro apposto in calce alla relata di notifica del ricorso recante la data e la sottoscrizione dell’Ufficiale giudiziario) risulta che la consegna dell’atto all’organo notificatorio, momento nel quale si perfeziona per il notificante la notifica a mezzo del servizio postale (v. ex multis Cass. S.U. n. 14294 del 20/06/2007) è stata effettuata in data 28.2.2014, mentre la sentenza gravata è stata pubblicata il 1.3.2013. Dovendosi applicare l’art. 327 c.p.c., nella formulazione anteriore alla modifica apportata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, artt. 17 e 46, in quanto il ricorso di primo grado è del 2007, l’impugnazione risulta tempestiva.
4. Il ricorrente deduce come primo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 4,R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 9, n. 2, conv. nella L. 6 luglio 1939, n. 1272, come sostituito dalla L. 4 aprile 1952, n. 218, art. 2 e lamenta che la Corte d’appello abbia riconosciuto il diritto alla provvidenza senza accertare la sussistenza del requisito contributivo, che era stata contestata fin dal primo grado di giudizio e fatta oggetto di appello incidentale.
5. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 4,R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 9, n. 2, conv. nella L. 6 luglio 1939, n. 1272, come sostituito dalla L. 4 aprile 1952, n. 218, art. 2. Riferisce che la ricorrente non ha nè dedotto nè provato in primo e secondo grado il possesso del requisito contributivo, avendo l’Inps eccepito nell’appello incidentale che l’assicurata possiede soltanto 136 contributi invece dei 156 necessari nell’ultimo quinquennio.
6. Come terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 222 del 1984, art. 1 e lamenta che la valutazione medico legale in ordine alla riduzione della capacità di lavoro dell’assicurato non sia stata fatta con riferimento all’attività concretamente svolta ed a tutte le occupazioni diverse che costituiscano una naturale estrinsecazione delle attitudini del soggetto, avendo il c.t.u. soltanto riferito in ordine alla compromissione dell’attività lavorativa della perizianda.
7.1 primi due motivi sono fondati: il requisito contributivo costituisce elemento costitutivo della prestazione previdenziale e la sua esistenza dev’ è essere provata dall’assicurato e verificata anche d’ufficio dal giudice (v. ex multis Cass. n. 6264 del 18/03/2014). Nel caso, di tale accertamento, sollecitato dalla difesa dell’Inps anche con l’appello incidentale, non vi è però cenno nella sentenza gravata.
8. Il terzo motivo è inammissibile.
E’ vero che ai fini del riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità, la sussistenza del requisito posto dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, concernente la riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro dell’assicurato in occupazioni confacenti alle sue attitudini, deve essere verificata operando una valutazione complessiva del quadro morboso dell’assicurato, con riferimento alla sua incidenza non solo sull’attività svolta in precedenza, ma su ogni altra che egli possa svolgere, in relazione alla sua età, capacità ed esperienza, senza esporre a ulteriore danno la propria salute (così da ultimo Cass. n. 16141 del 19/06/2018). Tale accertamento risulta essere stato fatto dalla Corte di merito nel caso in esame, considerato che essa ha recepito le conclusioni dell’ausiliare nella parte in cui hanno fatto riferimento a tale aspetto, che è stato dunque (almeno implicitamente) valutato, nè l’Inps deduce che tale conclusione sia stata raggiunta in violazione dei canoni della scienza medica od omettendo accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi.
9. La censura risulta dunque un mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (v. ex plurimis da ultimo Cass. ord. 23/12/2014 n. 27378, Cass. 16/02/2017 n. 4124, Cass. 19/05/2017 n. 12722).
10. Il ricorso deve quindi essere accolto in relazione ai primi due motivi, rigettato il terzo, e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Catania, che dovrà procedere a nuovo esame con riferimento alla sussistenza del requisito contributivo.
11. Al giudice designato competerà anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
12. Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente vittorioso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, rigetta il terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolamentazione della spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catania.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019
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