Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29108 del 11/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22745-2017 proposto da:

S.F., SP.MA., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FONTANELLA BORGHESE 72, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO VOLTAGGIO, rappresentati e difesi dall’avvocato GIANCARLO PUGLISI;

– ricorrenti –

contro

PROMAT DI M.C. SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO LUIGI ANTONELLI 10, presso lo studio dell’avvocato CATERINA DE GAETANO, rappresentata e difesa dall’avvocato NUNZIO CURRAO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Contro

S.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1110/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 09/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.sa MILENA FALASCHI.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Catania, con sentenza n. 2047/2016, in accoglimento parziale delle domande proposte da S.F. e Sp.Ma., condannava la convenuta PRO.MAT sas al pagamento della complessiva somma di Euro 5.086,76 oltre interessi legali, a titolo di risarcimento dei danni cagionati all’immobile attorco a causa dei lavori di sbancamento effettuati dalla medesima e rigettava le domande riconvenzionali di arretramento della vasca Imoff e del fabbricato proposte dalla convenuta.

In virtù di appello interposto dalla PRO.MAT sas, la Corte di Appello di Catania, con sentenza n. 1110/2017, accoglieva parzialmente il gravame e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava gli appellati in solido all’arretramento della costruzione posta al confine con il fondo di proprietà della società appellante prevedendo che la sovrastante copertura realizzata con pannelli ondulati non superasse la linea mediana del muro di contenimento; compensava integralmente tra le parti le spese del doppio grado e poneva definitivamente a carico della parte appellante le spese di c.t.u. Avverso la sentenza della Corte di appello di Catania, i S.- Sp. propongono ricorso per Cassazione, fondato su tre motivi.

La società resiste con controricorso contenente anche ricorso incidentale affidato ad unico motivo.

Ritenuto che il ricorso principale e quello incidentale potessero essere entrambi respinti, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente notificato ai difensori delle parti, il Presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Atteso che:

– in via preliminare, parte ricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancanza di valida procura ad litem.

L’eccezione va disattesa, in quanto infondata.

Per consolidata giurisprudenza, infatti, la mancata indicazione del nome delle parti che l’hanno conferita non comporta la nullità della procura e la conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione, dal momento che l’indicazione della persona fisica costituisce un dato accettabile senza difficoltà. In particolare nel caso di specie, pur non risultando il nome dei coniugi, è tuttavia perfettamente leggibile la loro firma, oltre che esser state indicate, in modo completo ed estensivamente le generalità all’interno dell’intestazione del ricorso;

– passando all’esame del merito del ricorso principale, il Collegio non condivide integralmente la proposta di definizione della controversia notificata alle parti costituite nel presente procedimento e ritiene che detto ricorso debba essere parzialmente accolto per le ragioni di seguito esposte, mentre va confermata la proposta quanto al ricorso incidentale;

– venendo alle censure, con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione delle norme che regolamentano la proprietà del muro comune. In particolare, ad avviso dei ricorrenti, la corte territoriale avrebbe erroneamente riformato la sentenza del giudice di primo grado nella parte in cui aveva rigettato la riconvenzionale proposta dalla società, giungendo a ritenere comune il muro oggetto di causa. Il motivo è parzialmente fondato.

Pacifico che nella specie si tratti di fondi posti a dislivello naturale – di cui il fondo della società è a quota più bassa e quello degli appellati a quota più alta – è necessario osservare che, per consolidata giurisprudenza, il muro che, tra fondi a dislivello, assolve la duplice funzione di sostegno del fondo superiore (con la sua parte bassa) e di divisione tra i due immobili (con la sua parte più alta) si presume di proprietà esclusiva del titolare del fondo superiore, dalle fondamenta sino al livello del piano di campagna di tale fondo, e di proprietà comune tra i titolari dei fondi finitimi, nella parte sovrastante detto livello.

Per tali ragioni, erroneamente la corte territoriale ha ritenuto il suddetto muro comune ai due fondi, nonostante lo stesso non superi il piano di campagna del fondo sovrastante.

Di converso la corte nell’accertare che le onduline sono state poste oltre il muro di contenimento, occupando la colonna d’aria del fondo sottostante, correttamente ne ha disposto la rimozione;

– con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., per avere la Corte distrettuale esaminato una domanda mai ritualmente proposta accogliendo la domanda di rimozione delle onduline.

Il motivo è infondato.

Gli odierni ricorrenti sostengono, in riferimento alle onduline, che la PRO.MAT non avrebbe specificamente proposto nessuna domanda, per cui, la Corte distrettuale si sarebbe pronunciata d’ufficio.

In tema di distanze legali, le disposizioni dei regolamenti edilizi locali, integrative del codice civile, relative alla determinazione della distanza tra i fabbricati in rapporto all’altezza, che regolino, con qualsiasi criterio o modalità, la misura dello spazio che deve essere osservato tra le costruzioni, comportano in favore del danneggiato, il diritto alla riduzione in pristino (Cass. 21 febbraio 2019 n. 5142).

Ed invero secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, in tema di interpretazione delle domande giudiziali, il giudice non è condizionato dalle parole utilizzate dalla parte e deve tener conto dell’intero contesto dell’atto, senza alterarne il senso letterale ma, allo stesso tempo, valutandone la formulazione testuale e il contenuto sostanziale in relazione all’effettiva finalità che la parte intende perseguire (Cass. n. 19435 del 2018).

Ne consegue che, l’accertamento della violazione induce automaticamente ed implicitamente a far sì che il giudicante di merito si pronunci anche sulla rimozione delle onduline;

– con il terzo motivo, i ricorrenti deducono, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., perchè la sentenza della Corte con erronea e contraddittoria motivazione, pur rigettando quasi tutti i motivi di appello ha ritenuto di compensare le spese del primo e secondo grado del giudizio.

La censura è assorbita dall’accoglimento del primo motivo che ne costituisce presupposto pregiudiziale;

– venendo all’esame dell’unico motivo di ricorso incidentale, con esso la PRO.MAT deduce ex art. 360, n. 3, la violazione di norme di diritto, per avere la Corte territoriale rigettato la domanda riconvenzionale inerente la richiesta di arretramento della vasca imhoff. In particolare, la Corte avrebbe ritenuto inammissibile il motivo, per non aver la parte censurato il difetto di legittimazione attiva, di tal chè la statuizione sarebbe passata in giudicato.

E’ preliminare ricordare che, la realizzazione di opere in violazione di norme recepite dagli strumenti urbanistici locali, diverse da quelle in materia di distanze, non comportano immediato e contestuale danno per i vicini, il cui diritto al risarcimento presuppone l’accertamento di un nesso tra la violazione contestata e l’effettivo pregiudizio subito. La prova di tale pregiudizio deve essere fornita dagli interessati in modo preciso, con riferimento alla sussistenza del danno ed all’entità dello stesso.

Nel caso in esame, l’accertamento richiesto dal ricorrente incidentale, non ha natura privatistica ma ha ad oggetto, una disciplina afferente rapporti pubblicistici in materia regionale, avuto riguardo alle norme per la tutela dell’ambiente e per la lotta contro l’inquinamento (L.R. 18 giugno 1977 n. 39).

ciò consegue non un’applicazione generalizzata ma, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità citata, sarò necessario l’accertamento, caso per caso, di un nesso causale tra la violazione contestata e l’effettivo pregiudizio subito.

Per tali ragioni il ricorso incidentale non può essere accolto.

In conclusione, va accolto parzialmente il primo motivo del ricorso principale, assorbito il terzo, rigettato il secondo ed il ricorso incidentale.

Cassandosi, perciò, l’impugnata sentenza nei limiti anzidetti e decidendo ex art. 384 c.p.c., comma 2, non rendendosi necessari ulteriori accertamenti di fatto, attese le risultanze sopra evidenziate, va elisa la condanna dei ricorrenti all’arretramento del fabbricato di loro proprietà, confermando la statuizione di condanna dei ricorrenti all’arretramento delle onduline insistenti sulla colonna d’aria del fondo di proprietà della ricorrente incidentale PROMAT.

Dato l’esito dell’intero giudizio ed avuto riguardo alla reciproca soccombenza delle parti, le spese di lite di tutti i gradi dello stesso, compreso il presente, possono essere compensate.

Avuto riguardo, infine, alla conclusione del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, secondo quanto stabilito in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie parzialmente il primo motivo del ricorso principale, assorbito il terzo, rigettato il terzo ed il ricorso incidentale;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda riconvenzionale della PROMAT limitatamente all’arretramento del fabbricato di proprietà degli attori, confermando la sentenza impugnata sulle ulteriori statuizioni;

dichiara compensate fra le parti le spese dell’intero giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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