LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19333-2017 proposto da:
T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CESI 21, presso lo studio dell’avvocato ISAIA SALES, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO MUTO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
contro
DIREZIONE CASA CIRCONDARIALE E DI RECLUSIONE DI *****;
– intimata –
avverso la sentenza n. 317/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 21/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.
RILEVATO
CHE:
La Corte di appello di Napoli con la sentenza n. 317/2017, confermando la sentenza del tribunale locale, aveva rigettato l’appello proposto da T.A. nei confronti del Ministero della Giustizia, diretto al riconoscimento del proprio diritto ad una maggiore mercede mensile rispetto all’orario di lavoro svolto con mansioni di muratore e imbianchino presso la casa circondariale di Carinola, nel periodo di detenzione.
La Corte territoriale aveva ritenuto non provato il diritto alle retribuzioni per lavoro festivo, straordinario e ferie non godute, in quanto non corredate, le pretese, da adeguata allegazione e prova in contrasto con i dati documentali attinenti l’orario di lavoro svolto, come attestati dall’amministrazione penitenziaria. La stessa corte aveva poi ritenuto domanda nuova, non ammissibile, introdotta per la prima volta in sede di gravame, quella diretta ad ottenere gli adeguamenti retributivi conseguenti agli aggiornamenti dei trattamenti economici intervenuti nei Contratti collettivi di categoria, cui la mercede in questione è collegata in ragione del disposto della L. n. 345 del 1975 (art. 22).
Avverso tale decisione proponeva ricorso il T. affidato ad un solo motivo cui resisteva il Ministero della Giustizia.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
CHE:
1)- Con unico motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., ai sensi dell’art. 260 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver, la corte territoriale, erroneamente ritenuto domanda nuova quella diretta ad ottenere l’aggiornamento della mercede in conformità alla variazione dei trattamenti economici del ccnl di riferimento.
Il motivo risulta inammissibile per più profili. La censura non riporta esattamente ove e come la domanda in questione sia stata posta dinanzi al giudice dell’appello (ed ancora dinanzi al tribunale). La specificazione di tali circostanze risulta elemento dirimente per valutare esattamente se si tratti di domanda nuova ovvero di richiesta già inserita nell’originaria domanda proposta.
La doglianza è altresì inammissibile poichè il vizio denunciato, qualificato nella sua prospettazione quale omessa pronuncia, avrebbe dovuto essere veicolato attraverso la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con la allegazione di tutti gli elementi necessari a rendere chiara l’omissione denunciata, invece non presenti nella censura proposta.
Deve infine rilevarsi che comunque la domanda diretta ad ottenere gli adeguamenti retributivi conseguenti agli aggiornamenti dei trattamenti economici intervenuti nei Contratti collettivi di categoria non è qualificabile quale “emendatio libelli” rispetto alla originaria domanda diretta al riconoscimento del diritto alle retribuzioni per lavoro festivo, straordinario e ferie non godute in quanto questa Corte ha chiarito che si ha ” mutatio libelli” quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un “petitum” diverso e più ampio oppure una “causa petendi” fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo; si ha, invece, semplice “emendatio” quando si incida sulla “causa petendi”, in modo che risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul “petitum”, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere ” (Cass. n. 12621/2012).
Nel caso di specie la domanda di adeguamenti retributivi conseguenti agli aggiornamenti dei trattamenti economici intervenuti nei Contratti collettivi di categoria incide sul petitum originario della domanda modificandone ed ampliandone il contenuto e non è quindi qualificabile quale mera emendatio della originaria pretesa.
Per tutto quanto sopra considerato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019