Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29122 del 11/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20500-2018 proposto da:

B.L., M.D., M.C., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato TRINCO STEFANO;

– ricorrente –

contro

GI.MA DI D.M. & C. SAS, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI PAOLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PEDOT CRISTIAN;

– controricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VARRONE 9, presso lo studio dell’avvocato CINQUEMANI SILVIA MARIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PERENZONI MARISA;

– controricorrente –

contro

DITTA T.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 30431/2017 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 19/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO LUCIA.

RILEVATO

Che:

la Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’appello di Trento che, in riforma della decisione di primo grado, aveva rigettato la domanda proposta dagli odierni ricorrenti nei confronti dei convenuti in epigrafe, volta ad ottenere il risarcimento dei danni a loro derivati dall’infortunio mortale occorso al marito e genitore M.D., al quale aveva ritenuto unicamente addebitabile l’infortunio mortale allo stesso occorso;

avverso la sentenza hanno proposto ricorso per revocazione gli eredi di M.D. sulla base di un unico articolato motivo;

Gima s.a.s. e P.L. hanno resistito con controricorso, proponendo a loro volta istanza di correzione errore materiale, mentre T.M. è rimasto intimato;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO

Parte ricorrente deduce che erroneamente in sentenza è stata attribuita al M. la qualità di dipendente della GIMA s.a.s. e che erroneamente nella medesima sentenza è stato affermato che costui provvide autonomamente ed in perfetta solitudine, senza che quel tipo di attività gli fosse richiesta, “ad imbarcare il pesante pezzo di scala metallica da sollevare con due sole catene anzichè quattro (come accertato anche dagli ispettori del lavoro immediatamente accorsi in loco”)”: tale circostanza era frutto di errore sul fatto, in contrasto con le risultanze istruttorie, così come erroneamente la condotta dell’infortunato era stata ricondotta alla nozione di “comportamento abnorme”, idoneo a escludere il nesso causale;

in ordine al primo profilo (rapporto di dipendenza con GIMA s.a.s.), il motivo difetta di decisività, poichè non è dato rilevare in che modo e sotto quale aspetto l’erronea indicazione in parola abbia avuto conseguenze sulla decisione, fondata sull’attribuzione all’infortunato dell’esclusiva responsabilità dell’evento dannoso;

per quanto attiene agli altri profili, non è ravvisabile alcun vizio di percezione, integrante errore di fatto riconducibile all’art. 395 c.p.c., n. 4, poichè la censura investe la ricostruzione del fatto effettuata dal giudice del merito (e fatta propria dalla Corte di legittimità) sulla base della valutazione dei mezzi istruttori, in particolare del verbale ispettivo, nonchè la ritenuta sussistenza, sulla base della valutazione del materiale probatorio, del rischio elettivo dell’infortunato;

si tratta di attività di giudizio che esulano, pertanto, dall’ambito dell’errore percettivo che può dar luogo a revocazione (ex multis Cass. n. 442 del 11/01/2018: “L’istanza di revocazione di una pronuncia della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395 c.p.c., n. 4, che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, semprechè la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione. (In applicazione del sopra esposto principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso ove è stata prospettata l’erronea affermazione dell’intervenuta prescrizione del diritto al recupero di dazi doganali, in ragione del fatto che gli errori indicati non riguardavano la percezione ma la valutazione, in fatto e in diritto, delle risultanze processuali)9;

il ricorso per revocazione, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con liquidazione delle spese secondo soccombenza e distrazione in favore dei difensori anticipatari delle parti controricorrenti;

deve essere accolta l’istanza di correzione di errore materiale della statuizione in punto di spese contenuta nella parte dispositiva, statuizione che, pur essendo plurimi i proponenti il ricorso in via autonoma e identica la loro posizione processuale, anche con riguardo agli oneri discendenti dalla soccombenza, ha previsto la condanna alle spese della sola B.L. (“condanna la ricorrente, in proprio e nella qualità”), pur a fronte della espressione contenuta in parte motiva (“le spese seguono la soccombenza”), chiaramente diretta nei confronti di tutte le parti soccombenti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, liquidate per ciascuna delle controparti costituite in complessivi Euro 4.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge, con distrazione.

Dispone che nella parte dispositiva della sentenza di questa Corte n. 30431/2017, in luogo dell’espressione “condanna la ricorrente, in proprio e nella qualità,” si legga “condanna i ricorrenti”, rimettendo alla cancelleria per la relativa annotazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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