LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3813-2018 proposto da:
M.O., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ZARA 80, presso lo studio dell’avvocato RONDININI FLAVIO, rappresentata e difesa dall’avvocato CASTELLARI ANNA;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI CLEMENTINA, VALENTE NICOLA, CAPANNOLO EMANUELA, MASSA MANUELA;
– resistente –
avverso la sentenza n. 354/2017 del TRIBUNALE di RAVENNA, depositata il 24/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SPENA FRANCESCA.
RILEVATO
che con sentenza in data 17- 24.11 2017 n. 354 il Tribunale di Ravenna, pronunciando in sede di opposizione ad accertamento tecnico preventivo obbligatorio ex art. 445-bis c.p.c., dichiarava M.O. nelle condizioni sanitarie per il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento e dello stato di handicap grave a decorrere dalla data della revoca. Per quanto qui rileva, condannava l’INPS alla refusione delle spese processuali relative al procedimento di accertamento tecnico preventivo, liquidandole in complessivi Euro 1.000, oltre rimborso spese generali al 1 5 % ed accessori; compensava le spese del procedimento di opposizione;
che avverso la statuizione sulle spese ha proposto ricorso M.O., articolato in due motivi; l’INPS ha depositato procura alle liti;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti-unitamente al decreto di fissazione della adunanza camerale- ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
che la parte ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 -violazione e falsa applicazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, della L. 13 giugno 1942 n. 794, art. 24,D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, art. 4, comma 1, e della L. 7 novembre 1957, n. 1051 – per avere il Tribunale liquidato in proprio favore le spese processuali della prima fase del procedimento per ATP senza indicare il sistema di liquidazione adottato e, comunque, in violazione dei parametri fissati dal D.M. n. 55 del 2014, con riferimento allo scaglione compreso tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00;
– con il secondo motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3- violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere il Tribunale compensato le spese processuali della fase di opposizione nonostante l’esito a sè integralmente favorevole;
che ritiene il collegio si debba accogliere il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo;
che, invero, il primo motivo è infondato.
A tale riguardo giova premettere che tanto il D.M. n. 140 del 2012, art. 41, che il D.M. n. 55 del 2014, art. 28, prevedono come criterio temporale di applicazione quello del momento della liquidazione dei compensi, stabilendo che le rispettive disposizioni si applichino per le liquidazioni avvenute successivamente alla corrispondente data di entrata in vigore. Questa Corte ha già chiarito che la liquidazione del compenso è unitaria sicchè la disciplina vigente al momento della liquidazione trova applicazione anche quando la prestazione professionale si è in parte svolta nella vigenza di un precedente regolamento (CASS. SU 12 ottobre 2012 n. 17405 in riferimento ai rapporti tra il DM 140/2012 e le abrogate tariffe professionali, con principio estensibile anche nella successione tra il DM 140/2012 ed il DM 55/2014).
Alla stregua del superiore insegnamento, alla presente fattispecie va applicato il D.M. n. 55 del 2014, in vigore dal 3.4.2014, essendo stata operata la liquidazione qui censurata con sentenza del 17.11.2017;
che, quanto alla determinazione degli scaglioni applicabili, va ribadito che, ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali deve applicarsi il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, di talchè, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Cass. S.U. n. 10455 del 2015);
che non sussiste alcun obbligo per il giudice di liquidare il compenso nella misura media, dal momento che il cit. D.M. n. 55 del 2014, artt. 1 e 4, , gli impongono soltanto di liquidare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, peraltro derogabili con idonea motivazione (Cass. nn. 18167 del 2015 e 2386 del 2017);
che, applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta. Computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva, il minimo liquidabile va individuato in Euro 911,00, risultanti dalla somma di Euro270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, e trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 (cause di previdenza) (Cass. ord. n. 28977/2018 e succ. conf.).
Ne consegue che la liquidazione operata nella sentenza impugnata non ha violato, diversamente da quanto dedotto in ricorso, le norme evocate in rubrica;
– il secondo motivo, relativo alla disposta compensazione delle spese della fase di opposizione, è invece fondato.
Il procedimento è disciplinato ratione temporis dall’art. 92 c.p.c., nel testo attualmente vigente, a tenore del quale le spese possono essere compensate, parzialmente o per intero, “se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”; alle ipotesi tipizzate deve aggiungersi- per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 19 aprile 2018 n. 77, additiva di accoglimento- quella in cui “sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni “.
La Corte Costituzionale nella pronuncia da ultimo citata ha altresì affermato che l’obbligo di motivazione della decisione di compensare le spese di lite, vuoi nelle due ipotesi nominate vuoi ove ricorrano “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni” discende dalla generale prescrizione dell’art. 111 Cost., comma 6, che vuole che tutti i provvedimenti giurisdizionali siano motivati (Corte Cost. sent. n. 77/2018, punto 16, in fine).
Resta da ultimo valido il principio- enunciato dalle Sezioni Unite nell’arresto del 22.2.2012 n. 2572 e ribadito dalla giurisprudenza successiva (per tutte: Cassazione civile, sez. III, 26/09/2017, n. 22333) in relazione al testo dell’art. 92 c.p.c., comma 2, vigente anteriormente al D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13 – secondo cui la disposizione, nella parte in cui consente al giudice di disporre la compensazione delle spese di lite allorchè ricorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, è norma elastica, che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche.
Nella fattispecie di causa, esclusa la ricorrenza di una ipotesi di soccombenza reciproca, la sentenza impugnata non ha affatto assolto al proprio obbligo motivazionale circa la ricorrenza di una delle ulteriori ipotesi legittimanti l’esercizio del potere di compensazione, limitandosi a statuire che “dovevano” essere compensate le spese della opposizione.
che, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata limitatamente alla disposta compensazione delle spese e la causa rinviata ad altro giudice del Tribunale di Ravenna perchè provveda a statuire nuovamente e motivatamente sulle spese della fase di opposizione;
che il giudice del rinvio provvederà, altresì, sulle spese del presente grado.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo. Accoglie il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia- anche per le spese- ad altro giudice del Tribunale di Ravenna.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 5 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019