Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29156 del 11/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20630-2018 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’Avvocato CARLA OLIVIERI, rappresentata e difesa dagli avvocati VITO FUSCO, CARMINE NATELLA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimata –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 10982/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 27/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa DELL’ORFANO ANTONELLA.

RILEVATO

CHE:

F.L. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, indicata in epigrafe, che aveva respinto l’appello contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno n. 6599/2015, con cui era stato respinto il ricorso avverso avviso di accertamento IRPEF con il quale era stato rettificato D.P.R. n. 600 del 1973 ex art. 38, comma 4, il reddito dichiarato per l’anno 2009;

l’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione.

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, denunciando, in rubrica, “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e 5 e degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c.” perchè, secondo la ricorrente, la CTR avrebbe “omesso… ogni indagine circa il necessario assolvimento dell’onere probatorio, da parte della contribuente, fondato sulla ricostruzione di idonea prova documentale circa l’affermata esistenza di redditi esenti”;

1.2. il motivo, relativamente alle censure proposte ex art. 360 c.p.c., n. 5, è inammissibile, poichè si verte in ipotesi di doppia conforme ex art. 348-ter c.p.c., comma 5, rispetto alla quale la ricorrente non ha indicato profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura ex art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. nn. 26774/2016, 5528/2014);

1.3. con riguardo alla lamentata violazione di norme di diritto, ed in particolare della disciplina dettata dall’art. 38 cit. circa la prova contraria a carico del contribuente, si osserva che la CTR, dopo aver dato atto che l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, oltre che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, anche che, più in generale, il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore, richiamando anche la giurisprudenza di legittimità sul punto, ha riscontrato, nel caso di specie, conformemente a quanto già statuito dai Giudici di prime cure, la “assenza di prove documentali prodotte dalla parte contribuente”, in quanto “a fronte di spese certe non…(potevano)… assurgere a rango di prova delle semplici dichiarazioni, rilasciate negli atti di compravendita delle unità immobiliari acquistate dalla ricorrente, che i pagamenti erano avvenuti negli anni precedenti… nè…(poteva)… assumere valore l’atto di ricognizione e scienza sottoscritto dalla signora P.R. a conferma delle ragioni addotte dalla ricorrente”;

1.4. ne consegue l’insussistenza della lamentata violazione, da parte della CTR, delle regole che presidiano il regime dell’onere della prova, dovendo altresì rimarcarsi che la ricorrente non può porre, in questa sede, un problema di valutazione del materiale probatorio, trattandosi di questione di stretto merito, non essendo la decisione impugnata affetta, per quanto detto, da errori di diritto;

2.1. con il secondo motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza denunciando, in rubrica, “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti per non avere il ricorrente sostenuto la spesa ritenuta incremento del patrimonio”;

2.2. la censura è parimenti inammissibile in quanto relativa a vizio motivazionale non deducibile in considerazione dell’applicabilità al caso in esame del principio della c.d. doppia conforme di cui all’art. 348-ter c.p.c. qualora che ricorrente, come nella specie, non abbia assolto all’onere di “indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse”;

3.1. con il terzo motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza denunciando, in rubrica, “violazione e falsa applicazione di norme di diritto per omessa pronuncia su una circostanza fatta valere con l’atto di appello per non avere il ricorrente sostenuto la spesa ritenuta incremento del patrimonio nell’anno 2009”;

3.2. il motivo è inammissibile sotto diversi profili;

3.2. in primo luogo, si rileva che il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, in primo luogo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, onere rimasto del tutto inadempiuto da parte della ricorrente nel caso di specie;

3.3. nella parte del motivo in cui si lamenta, inoltre, “mancata considerazione del fatto che… non risulta effettivamente versata alcuna somma”, atteso che “nell’atto di vendita il corrispettivo si…(dava)… per corrisposto prima del 4 luglio 2006”, si rientra parimenti nel vizio di motivazione, non deducibile per le medesime argomentazioni dianzi illustrate;

4.1. con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta “violazione della legge processuale (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36) in rapporto con l’art. 360 c.p.c., n. 4, per assoluta omessa pronuncia sulla domanda relativa alla domanda di revoca delle sanzioni amministrative”;

4.2. il motivo di ricorso è inammissibile per violazione del criterio dell’autosufficienza, atteso che, pur essendo stata lamentata la mancata pronuncia del giudice di appello sul motivo di gravame relativo alla mancata disapplicazione delle sanzioni amministrative, esso non è stato compiutamente riportato nella sua integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (cfr. Cass. n. 17049/2015);

4.3. invero, se la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, è anche Giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Cass. n. 2771/2017);

5. per quanto fin qui osservato il ricorso va integralmente rigettato;

6. nulla sulle le spese della presente fase di giudizio stante la mancanza di attività difensiva dell’Agenzia delle Entrate;

7. deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, statuizione che la Corte è tenuta ad emettere in base al solo elemento oggettivo, costituito dal tenore della pronuncia (di inammissibilità, improcedibilità o rigetto del ricorso, principale o incidentale), senza alcuna rilevanza delle condizioni soggettive della parte, come l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (cfr. Cass. n. 9661/2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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