LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. BENNAZZANI Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7481-015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, e elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
V. SRL, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DOANATELLO 71, presso l studio dell’avvocato PIERPAOLO BAGNASCO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE CIARAMELLA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7359/2014 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI, depositata il 25/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7/06/2C19 dal Consigliere Dott. BERNAZZANI PAOLO.
RILEVATO
che:
l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, nei confronti della contribuente Villano s.r.l. per la cassazione della sentenza della CTR della Campania n. 7359/08/14 del 16.4/25.7.14, resa in controversia concernente avviso di accertamento ai fini Ires, Iva, Irap per l’anno di imposta 2006 fondato sulle risultanze di un p.v.c. redatto dalla G.d.f. che aveva rilevato la contabilizzazione di fatture per operazioni ritenute inesistenti.
Si è costituita la Villano s.r.l. con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Ufficio deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo erroneamente la CTR attribuito efficacia vincolante alla pronuncia di “assoluzione perchè il fatto non sussiste emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di V.R.”, “imputato in qualità di rappresentante legale della società V. s.r.l.” in ordine ad una “presunta attività criminosa posta in essere avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti” (così la sentenza della CTR impugnata).
2. Il motivo è fondato.
2.1. Deve premettersi che, sulla base del costante orientamento di questa Corte, in materia di contenzioso tributario nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali in seguito a dibattimento (a tale specifica fase processuale fa, infatti, riferimento l’art. 654 c.p.p.), ancorchè i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sè inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; ne consegue che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio (cfr., ex multis, Sez. 6 – 5, n. 28174 del 24/11/2017 (Rv. 646971 – 01; Cass. n. 19786 del 27/09/2011; si veda, altresì, Cass. n. 2938 del 13/02/2015, per la quale la sentenza penale irrevocabile rappresenta un semplice elemento di prova, liberamente valutabile in rapporto alle ulteriori risultanze istruttorie, anche di natura presuntiva).
La sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perchè il fatto non sussiste”, può, conseguentemente, essere presa in considerazione unicamente come possibile fonte di prova dal giudice tributario, a condizione che questi, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, ne verifichi compiutamente ed autonomamente la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare (cfr., altresì, Sez. 5, n. 17258 del 27/06/2019, Rv. 654693 – 01; Sez. 5, n. 10578 del 22/05/2015, Rv. 635637 – 01).
2.2. La sentenza impugnata non si è attenuta ai predetti principi. Essa dà atto dell’esistenza di una sentenza di “assoluzione” – peraltro, senza ulteriori precisazioni utili al fine di verificare con certezza se la stessa sia stata emessa in esito a dibattimento e non si tratti, invece, di impropria denominazione di una sentenza di non luogo a procedere emessa in sede di udienza preliminare; elemento, peraltro, affatto determinante, attesa l’insussistenza di ogni efficacia vincolante anche in capo alla sentenza dibattimentale – del legale rappresentante V.R. da parte del Tribunale di S.M.C.V..
La stessa CTR, inoltre, afferma espressamente che le deduzioni dell’Agenzia, dirette a sostenere che il giudicato penale non aveva incidenza sul processo tributario, erano infondate, in quanto il giudicato penale “incide direttamente sui fatti contestati in sede di giudizio tributario”, tanto che l’Ufficio appellante “avrebbe dovuto dimostrare la sussistenza di ulteriori operazioni non esaminate dal giudice penale o comunque di elementi di fatto ulteriori rispetto all’accertamento in sede penale”: affermazione che sottintende, in modo inequivocabile, l’erronea assunzione che il portato accertativo del giudicato penale,’ in quanto tale, faccia stato in sede tributaria, tanto che l’A.F. avrebbe soltanto potuto contestare “ulteriori operazioni” o dedurre “elementi di fatto ulteriori” ed eccentrici rispetto a quelli caduti nel cono decisorio del giudizio penale.
2.3. Il che, pacificamente, non è corretto e non corrisponde al consolidato orientamento sopra illustrato, secondo cui il processo tributario ha piena autonomia e, stante il differente regime probatorio, la sentenza penale. irrevocabile emessa a seguito di dibattimento non possiede efficacia vincolante, come espressamente prevede l’art. 654 c.p.p.; nè, a maggior ragione, tale efficacia è predicabile ove si tratti di sentenza emessa non in esito a dibattimento, ma in sede predibattimentale o di udienza preliminare.
La CTR avrebbe dovuto, pertanto, effettuare una valutazione autonoma del materiale probatorio acquisito agli atti e considerato dalla sentenza penale e non recepire acriticamente quest’ultima, come nella specie avvenuto.
2.4. E tale conclusione, in ordine alla necessità di autonoma valutazione del “materiale penale” non muta per il semplice fatto che la CTR abbia aggiunto anche un riferimento alla documentazione prodotta nel giudizio tributario (fatture documenti di trasporto, assegni, estratti conto bancari ecc.), affermando sostanzialmente che anche questa era favorevole al contribuente, posto che ciò, al di là di quanto si osserverà trattando del secondo motivo di ricorso, non esclude certo, da un lato, la rilevanza essenziale della sentenza penale nell’economia della decisione della CTR, e, dall’altro, l’erronea ed apodittica assunzione del carattere vincolante della decisione penale, così disattendendo l’obbligo di valutarne criticamente ed autonomamente il contenuto ricostruttivo.
3. Con il secondo motivo, l’Ufficio deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 21, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè erronea applicazione dei principi vigenti in materia di riparto dell’onere probatorio.-
3.1. Il motivo è fondato.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’Iva e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia”. (Sez. 5, n. 17619 del 05/07/2018, Rv. 649610 – 01; Sez. 5, n. 26453 del 19/10/2018, Rv. 650797 – 01; con riferimento all’inidoneità probatoria “di fatture e documenti di trasporto”, ovvero delle “evidenze contabili dei pagamenti, trattandosi di dati e circostanze facilmente falsificabili”, cfr. anche Sez. 6 – 5, n. 11873 del 15/05/2018, Rv. 648528 – 01).
3.2. Nel caso in esame, l’Ufficio (come si evince adeguatamente dal ricorso, che non incorre, perciò, nella censura di difetto di autosufficienza sul punto, dedotto dalla controricorrente) ha rilevato che le fatture concernenti i rapporti commerciali fra la V. s.r.l. e le società Contea s.r.l. e Imballaggi Chianese s.n.c. costituivano la mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, e, quindi, ha contestato l’indebita detrazione dell’Iva e l’altrettanto illegittima deduzione dei costi, sulla base degli elementi indiziari evidenziati dal p.v.c. redatto dalla G.d.F. di Aversa in data 26.5.2011, a sua volta derivante da una segnalazione del Nucleo di p.t. di Salerno, che avvaloravano la mancata effettuazione dei trasporti delle merci rappresentate dalle fatture passive annotate dalla odierna contribuente.
In tale contesto, la CTR, nell’affermare che, a fronte della produzione da parte del contribuente della documentazione costituita da fatture, documenti di trasporto, assegni, estratti conto bancari, l’Agenzia si era limitata a dedurre l’inopponibilità nei suoi confronti di tali “atti”, “senza tuttavia fornire ulteriori elementi di valutazione” ha finito per ribaltare sull’Ufficio un onere probatorio che non gli competeva, in quanto gravante pur sempre sulla contribuente, ed ha evitato di esaminare criticamente l’idoneità dimostrativa della controprova fornita da quest’ultima alla luce dei richiamati principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità, pervenendo a conclusioni, in definitiva, apodittiche.
4. In conclusione, il ricorso è nel suo complesso fondato e deve essere, pertanto, accolto. La sentenza impugnata va, conseguentemente, annullata con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, alla quale si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019.
Depositato in cancelleria il 12 novembre 2019