LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21499-2015 proposto da:
V.G., rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGIA CARLA GERMANI;
– ricorrente –
contro
DEUTSCHE BANK SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 161, presso lo studio dell’avvocato IOLANDA BOCCIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANCARLO SESSA;
– controricorrente –
e contro
PROCURA GENERALE REPUBBLICA CORTE APPELLO VENEZIA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 825/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 31/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/06/2019 dal Consigliere SERGIO GORJAN;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale PEPE ALESSANDRO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato BOCCIA Iolanda, difensore del resistente che si riporta agli atti depositati.
FATTI DI CAUSA
La Deutsche Bank chiese ed ottenne decreto ingiuntivo per la somma di Euro 6.987,40 a carico dei consorti V.- M. in forza di un prestito al consumo dagli stessi ottenuto e non completamente onorato quanto alla restituzione del dovuto.
V.G. e M.C. proposero opposizione al provvedimento monitorio avanti il Tribunale di Venezia sede staccata di Portogruaro e, nell’ambito di detto procedimento, contro il modulo formulario di richiesta del prestito al consumo da loro firmato – in tesi – con settori in bianco e poi riempiti senza alcuna disposizione, gli opponenti proposero incidente di querela di falso. La relativa causa venne rimessa al Tribunale di Venezia in composizione collegiale ed, all’esito della trattazione, il Collegio lagunare ebbe a rilevare l’estinzione del procedimento relativo alla posizione della M. – rinuncia della banca d’avvalersi del documento – mentre rigettò la querela proposta dal Vi..
Avverso detta sentenza propose gravame ed il Vi. chiedendo l’accoglimento della sua originaria querela di falso,nonchè anche la M. impugnava con relazione all’omessa decisione circa il ristoro in suo favore delle spese di lite.
La Corte d’Appello di Venezia rigettò l’impugnazione mossa dal Vi., rilevando come gli elementi probatori in atti lumeggiavano che, quand’anche il modulo sottoscritto con parti in bianco, tuttavia esisteva accordo tra le parti circa il loro riempimento, mentre onerava la banca delle spese di lite in favore della M.. Avverso detta sentenza il Vi. ha proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi.
La spa Deutsche Bank s’è costituita ritualmente a resistere con controricorso. All’odierna udienza pubblica sentite le conclusioni del P.G. – rigetto del ricorso – e del difensore di parte resistente,questa Corte ha adottato soluzione siccome illustrato nella presente sentenza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da Giovanni Vi. s’appalesa siccome infondato e va rigettato.
Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione della norma ex art. 221 in relazione all’art. 183 c.p.c., posto che la Corte serenissima non ebbe ad ammettere la dedotta prova testimoniale reputando, erroneamente,che la stessa fosse correlata a questione fattuale nuova, quindi introdotta tardivamente nel giudizio.
In particolare il V. rileva come la Corte abbia ritenuto l’esposta querela di falso limitata al riempimento di solo alcuni spazi bianchi del modulo,mentre in effetto esso impugnante, allorquando propose la querela, ebbe già ad indicare anche la falsità di altre parti del modulo formulario,questione ritenute poi tardivamente proposta dalla Corte lagunare,sicchè in effetti era da ammettere la prova testimoniale sul capitolo dedotto.
La censura si compendia nella contrapposizione di propria valutazione circa la tempestività e la portata delle modifiche apportate alla primitiva domanda di querela di falso – che era specificatamente, secondo i Giudici lagunari, rivolta avverso solo alcuni spazi in bianco abusivamente riempiti – rispetto a quanto ritenuto dal Collegio serenissimo con puntuale motivazione.
In effetti il ricorrente elabora argomento per sostenere che anche il riempimento di ulteriori spazi in bianco sul modulo formulario, non tempestivamente denunziati, potevano formare oggetto della svolta querela limitandosi a contestare siccome non gradita la diversa ricostruzione al riguardo operata dalla Corte di merito.
Anche con relazione alla rilevanza della prova orale,offerta e non ammessa, la Corte veneta pone in evidenza che detta prova non venne ammessa, quanto agli spazi tempestivamente indicati siccome abusivamente riempiti, poichè irrilevante posto che non era anche tesa a provare l’assenza del patto di riempimento, comunque a carico della parte istante – Cass. sez. 2 n. 2126/19 – che deve provare la falsità del documento da lui firmato.
Mentre con relazione alla prova afferente le questioni di falsità, tardivamente proposte, la Corte rileva come il Tribunale la ritenne rettamente correlata a domanda nuova eppertanto inammissibile.
Dunque non si configura alcuna delle violazioni di legge dedotte poichè la Corte distrettuale ha operato la delimitazione della domanda mediante interpretazione della stessa con motivato ragionamento, cui viene semplicemente contrapposta opzione interpretativa alternativa.
Con la seconda doglianza il V. denunzia violazione delle disposizioni ex art. 2697 c.c. ed D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117 poichè la Corte serenissima ha errato nel valutare gli elementi probatori acquisiti in atti al fine di ritenere soddisfatto l’onus probandi – indubbiamente gravante su esso impugnante – di dimostrare la firma del bianco segno senza anche l’accordo per il successivo riempimento.
La censura si palesa siccome mera rivalutazione del materiale probatorio esaminato dalla Corte veneta ed apodittica contestazione della sua conclusione dell’irrilevanza della proposta prova orale poichè non tesa a dimostrare l’assenza di patto di riempimento.
Difatti il Collegio serenissimo ha messo in rilievo come,di certo, il Vi. ebbe a sottoscrivere un modulo formulario redatto a stampa e completo in molte sue parti e con spazi in bianco da riempire ad esito degli accordi raggiunti tra le parti interessate; modulo,inoltre,che palesemente appariva, in forza delle scritte a stampa presenti sullo stesso, finalizzato alla richiesta di un finanziamento all’Istituto bancario,cui era diretto.
Inoltre la Corte veneta ha precisato che, coerentemente con l’impegno desumibile dal richiesta di finanziamento sottoscritta, il Vi. ebbe anche a pagare alcune rate con le somme e nei termini previsti sul modulo oggetto di lite.
A fronte di detta ricostruzione del materiale probatorio, alla luce della quale la Corte veneta ha ritenuto effettivamente irrilevante la prova orale offerta per difetto di elementi fattuali lumeggianti l’assenza di patto di riempimento, la cui esistenza invece risulta confermata dagli elementi indiziari gravi precisi e concordanti evidenziati dal Giudice d’appello nella sentenza impugnata, l’argomentazione critico si compendia nella mera proposizione di valutazione alternativa dei medesimi elementi probatori.
Dunque come riconosciuto dallo stesso impugnante non vi fu violazione del disposto ex art. 2697 c.c., in quanto l’onere della prova circa il riempimento sine pactis del bianco segno spettava al soggetto agente in querela.
Nemmeno v’è stata violazione della norma ex D.Lgs. n. 385 del 1993 in tema di forma scritta dei contratti bancari, poichè formalmente il modulo formulario appare completo e sottoscritto dal Vi., il quale aveva l’onere di provare la sua asserzione – alla base della querela di falso – che il modulo fu abusivamente riempito senza che tra le parti al riguardo fosse stato pattuito alcunchè.
Con la terza ragione di doglianza il Vi. rileva violazione delle norme ex artt. 1423 e 2729 c.c. poichè il Collegio veneto ha individuato nella condotta di adempimento, per un significativo periodo di tempo, degli obblighi contrattuali ragione di convalida del contratto nullo ovvero ha apprezzato detta condotta quale elemento indiziario contrario alla tesi propugnata da esso impugnante. La censura s’appalesa patentemente priva di fondamento posto che la Corte serenissima, non già,ha individuato nella condotta di puntuale pagamento di alcune rate del mutuo contratto in forza delle indicazioni presenti sul modulo formulario, denunziato siccome abusivamente riempito,quale volontà di convalida del contrato nullo, bensì s’è limitata a valutare detta condotta quale elemento logico lumeggiante l’infondatezza dell’asserto difensivo che il modulo fu firmato con parti in bianco poi abusivamente riempite senza che sussistesse alcun accordo al riguardo.
La contestazione della valenza probatoria di detto dato indiziario s’appalesa mera apodittica affermazione della parte interessata contrapposta al motivato e complessivo ragionamento esposto dai Giudici veneti.
Con il quarto mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione della norma desumibile ex art. 2729 c.c. e art. 116 c.p.c. in quanto la Corte serenissima,nel valutare gli elementi presuntivi in atti, ebbe ad omettere di considerare l’esito del procedimento penale a carico dei beneficiari del pagamento effettuato dal Vi. mediante l’accensione del prestito con l’Istituto bancario resistente, il qual esito invece attestava come il ricorrete fosse rimasto vittima di una truffa ben organizzata, sicchè la sottoscrizione del modulo predisposto per la richiesta di finanziamento non assumeva la valenza di indizio rilevante.
Anche detta censura si compendia in mera contrapposizione di propria valutazione circa l’apprezzamento delle prove indiziarie in atti rispetto a quanto opinato dai Giudice di merito, che di certo non configura violazione del disposto ex art. 116 c.p.c. ovvero ex art. 2729 c.c..
Difatti la Corte distrettuale, come suo compito precipuo, ha proceduto a valutare i dati probatori acquisiti in atti – specie di natura indiziaria – al fine della motivata soluzione della lite sottoposta al suo giudizio.
Non risulta individuata alcuna violazione delle ipotesi normate dall’art. 116 c.p.c. in punto valutazione delle prove – proprio prudente apprezzamento e elementi desumibili dalle risposte o condotte della parte – mentre l’enfasi data ad uno degli elementi indiziari in atti non per ciò inficia la complessiva valutazione di tutti i dati presuntivi in atti siccome operata dal Collegio lagunare. Con il quinta doglianza il Vi. deduce violazione del disposto D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 117 in quanto il Collegio serenissimo ha evidenziato come, nell’ambito della querela di falso – unico oggetto della sua decisione -, non rilevava la validità del patto di riempimento al fine della validità del contratto bancario, bensì esclusivamente se gli spazi lasciati in bianco furono riempito in assenza di alcuna pattuizione concordata al riguardo tra gli interessati.
L’argomento critico sviluppato nella ricordata censura poggia sul presupposto di fatto in realtà appena da dimostrare in causa, ossia che il modulo di richiesta di finanziamento venne riempito abusivamente, sicchè non si confronta con il ragionamento in effetti illustrato dalla Corte distrettuale sul punto,correlato alla delimitazione dell’oggetto della lite sottoposto al suo esame: la falsità dell’atto e, non già, la validità del contratto bancario concluso per difetto di forma.
Al rigetto dell’impugnazione segue,ex art. 385 c.p.c., la condanna del Vi. alla rifusione in favore della Deutsche Bank delle spese di lite di questo giudizio di legittimità,tassate in globali Euro 1.700,00, oltre accessori di legge e rimborso forfetario secondo quanto precisato in dispositivo.
Concorrono in capo al ricorrente le condizione di legge per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione verso la società resistente delle spese di questo giudizio di legittimità che tassa in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019
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