Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.29233 del 12/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21496-2015 proposto da:

Z.F., rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGIA CARLA GERMANI;

– ricorrente –

contro

DEUTSCHE BANK SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 161, presso lo studio dell’avvocato IOLANDA BOCCIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANCARLO SESSA;

– controricorrente –

e contro

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA CORTE APPELLO VENEZIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1106/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 27/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/06/2019 dal Consigliere SERGIO GORJAN;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale PEPE ALESSANDRO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato BOCCIA Iolanda, difensore del resistente che si riporta agli atti depositati.

FATTI DI CAUSA

La Deutsche Bank chiese ed ottenne decreto ingiuntivo per la somma di Euro 6.653,63 a carico di Z.F. in forza di un prestito al consumo dallo stesso ottenuto e non completamente onorato quanto alla restituzione del dovuto.

Z.F. propose opposizione al provvedimento monitorio avanti il Tribunale di Treviso e, nell’ambito di detto procedimento, contro il modulo formulario di richiesta del prestito al consumo da lui firmato – in tesi – con settori in bianco e poi riempiti senza alcuna disposizione, l’opponente propose incidente di querela di falso.

La causa d’opposizione veniva sospesa e trattata la causa di falso da parte del Tribunale di Treviso in composizione collegiale; all’esito della trattazione il Collegio della Marca ebbe a rigettare la querela proposta dallo Z..

Avverso detta sentenza propose gravame lo Z. chiedendo l’accoglimento della sua originaria querela di falso.

La Corte d’Appello di Venezia rigettò l’impugnazione mossa dal consumatore, rilevando come il primo Giudice non ebbe a dubitare della possibilità di individuare bianco segno anche in relazione a modulo formulario prestampato, bensì osservò che,in forza degli elementi probatori in atti, il Tribunale ebbe a ritenere provato come le parti interessate avessero concordato quanto figurava nella richiesta di finanziamento completa in ogni sua parte, posto anche che non risultano proposte questioni afferenti i vizi della volontà.

Avverso detta sentenza lo Z. ha proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi.

La spa Deutsche Bank s’è costituita ritualmente a resistere con controricorso. All’odierna udienza pubblica sentite le conclusioni del P.G. – rigetto del ricorso – e del difensore di parte resistente,questa Corte ha adottato soluzione siccome illustrato nella presente sentenza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da Z.F. s’appalesa siccome infondato e va rigettato.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione della norma ex art. 221 c.p.c. in relazione all’art. 486 c.p. e art. 115 c.p.c., in quanto la Corte serenissima non ha ritenuto che il modulo formulario sottoscritto con parti lasciate in bianco configurasse il delitto di falso in bianco segno, siccome insegna questa Suprema Corte in sede penale, e, così, non ebbe ad ammettere la dedotta prova testimoniale, reputando erroneamente che la stessa fosse inconferente mentre tendeva proprio a dar la necessaria prova dell’inesistenza di alcun patto di completamento.

Quindi il ricorrente lamenta che la Corte territoriale non ha ammesso la prova per testi dedotta proprio per corroborare l’affermazione di avvenuta sua sottoscrizione dl modulo formulario senza alcuna pattuizione di successivo riempimento.

Infine parte impugnante lumeggia vizio di motivazione in quanto la Corte distrettuale si sarebbe limitata a far propria la motivazione sul punto esposta dal Tribunale senza anche dare risposta alle argomentazioni critiche mosse con l’atto di gravame.

L’articolata censura appare priva di pregio giuridico sotto tutti i profili proposti. Circa il vizio di motivazione non appare concorrere la lumeggiata assenza della stessa importante nullità, posto che la Corte veneta ha evidenziato gli argomenti utilizzati dal Tribunale per superare la tesi difensiva dello Z., ha sottolineato come il primo Giudice aveva ritenuto possibile individuare il bianco segno anche in un modulo con parti prestampate ed infine ha proceduto a rivalutare gli elementi logico-fattuali in atti,per concludere conformemente al primo Collegio. Dunque la motivazione esiste semplicemente non rimane gradita all’impugnante. Circa la critica alla mancata ammissione della prova orale, la stessa pecca di specificità poichè lo Z. ricorda espressamente di aver dedotto i capitoli di prova orale contemporaneamente alle proposizione della querela di falso ed in comparsa conclusionale d’appello,senza anche precisare se riguardo alla statuizione del Tribunale di non ammettere detta prova avesse proposto specifico motivo di gravame.

Difatti parte impugnante critica la mancata ammissione sotto il profilo della ritenuta “inconferenza” – da qualificare siccome valutazione di irrilevanza – correlata al risultato della prova da assumere, ma non cenna ad omessa motivazione della Corte veneta su una delle ragioni d’appello,per cui consegue la novità della critica mossa solamente in questa sede di legittimità.

Circa la dedotta violazione di norme giuridiche l’argomentazione critica svolta si compendia nella contrapposizione di propria valutazione circa i dati e gli argomenti logici tratti, anche dall’esame del modulo-formulario di richiesta prestito redatto a stampa, rispetto all’apprezzamento operato dal Collegio lagunare.

In particolare la Corte veneta ha puntualizzato come il Tribunale della Marca ha bensì confermato che il reato di falso in bianco segno si verifica anche quando vengono completati spazi lasciati in bianco su modulo predisposto a stampa,ma ha sottolineato come nella specie doveva essere appena provato che detti spazi fossero stati compilati senza previo accordo tra le parti circa il loro riempimento. Accordo invece desunto dai Giudici di merito in forza di una serie di elementi logico-fattuali puntualmente evidenziati in sentenza con esposizione d’adeguata motivazione circa la loro valenza probatoria ritenuta potiore rispetto alla tesi difensiva.

A fronte di un tanto lo Z. si limita a richiamare arresti di questo Supremo Collegio circa l’individuazione del bianco segno in sede penale – questione irrilevante come visto poichè fatta propria dai Giudici di merito – ovvero a citare passi di sentenza resa da Giudice milanese in causa analoga, che ex se non supera la motivazione illustrata dai Giudici veneti.

Con la seconda doglianza lo Z. denunzia violazione delle disposizioni ex art. 2697 c.c. ed art. 115 c.p.c. nonchè art. 2729 c.c. poichè la Corte serenissima ha errato nel valutare gli elementi probatori acquisiti in atti al fine di ritenere soddisfatto l’onus probandi,indubbiamente gravante su esso impugnante, di dimostrare la firma del bianco segno senza anche aver concordato patto di riempimento.

La censura si palesa – anche per stessa prospettazione dell’impugnante nelle prime righe dell’argomento critico svolto che richiama il vizio della motivazione – siccome mera rivalutazione del materiale probatorio esaminato dalla Corte veneta, specie la parte versata in atti da esso impugnante a comprova del clima ambientale, nel cui ambito egli sottoscrisse il modulo formulario con parti in bianco, erroneamente ritenuta “eccentrica” dalla Corte lagunare.

Difatti il Collegio serenissimo ha messo in rilievo come i dati logico-fattuali versati in atti lumeggiassero la consapevole sottoscrizione di una richiesta di finanziamento ad una banca, sicchè il tasso d’interesse applicato e l’ammontare delle rate di restituzione del prestito erano elementi di certo concordati tra le parti interessate alla compilazione del modulo, quand’anche dati vergati in un momento successivo alla sottoscrizione.

Il cenno all’eccentricità dei dati probatori, enfatizzati ancora in questa sede dallo Z. – documentazione afferente l’opera di inganno frodatorio posto in esser dai titolari dell'”organizzazione” ***** verso i vari acquirenti il loro prodotto mediante il prestito al consumo, accertata in sede penale – operato dai Giudici veneziani appare correlato all’osservazione che gi aspetti psicologici alla base della scelta di sottoscrivere il richiesta di prestito da parte dello Z. sono irrilevanti in questa causa,mai avendo il ricorrente proposto domanda fondata sui vizi del consenso.

Dunque non vi fu violazione delle norme citate in rubrica in quanto viene contestata la valutazione delle prove, siccome operata dal Collegio di merito,e meramente contrapposta la propria opposta ricostruzione del materiale probatorio.

Con la terza ragione di doglianza il Vi. rileva violazione delle disposizioni ex artt. 2697,1423 e 2729 c.c. poichè il Collegio veneto ha individuato nella condotta di adempimento, per un sensibile lasso temporale, degli obblighi contrattuali ragione di convalida del contratto nullo ovvero ha valutato detta condotta quale elemento indiziario contrario alla tesi propugnata da esso impugnante.

La censura s’appalesa patentemente priva di fondamento posto che la Corte serenissima,non già, ha individuato nella condotta di pagamento di alcune rate del prestito contratto sulla scorta del modulo-formulario, denunziato siccome abusivamente riempito, quale ipotesi di convalida del contrato nullo, bensì s’è limitata ad apprezzare detta condotta quale dato logico lumeggiante l’infondatezza dell’asserto difensivo, ossia che il modulo venne firmato con settori in bianco, poi abusivamente riempiti, senza che le parti avessero pattuito alcunchè al riguardo.

La contestazione della valenza probatoria di detto elemento indiziario s’appalesa quale apodittica affermazione della propria tesi difensiva meramente contrapposta al motivato ed articolato ragionamento illustrato dai Giudici veneti. Con il quarto mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione della norma desumibile ex artt. 2697 e 2730 c.c. in quanto la Corte serenissima assegnò valenza confessoria alle attestazioni a stampa riprodotte sul modulo di richiesta di finanziamento, lumeggianti l’avvenuta presa di conoscenza delle varie condizioni ed obblighi nascenti dal contratto di finanziamento, in tesi difensiva mai avvenuta.

Osserva in particolare lo Z. con riguardo della sua mancata possibilità di leggere le condizioni di contratto, non solo che detta circostanza era stata specifico oggetto di richiesta prova testimoniale,ma paure che appariva confortata dalla stessa struttura di compilazione del modulo – numero elevato di clausole scritte in caratteri minuscoli praticamente illeggibili -.

La critica elevata dallo Z. non appare coerente con l’argomentazione illustrata al riguardo dalla Corte veneta,la quale ha valutato la dichiarazione, presente a stampa sul modulo di richiesta, di presa d’atto e conoscenza delle clausole, quale elemento indiziario unitamente ad altri per trarre la conclusione che gli spazi lasciati in bianco venero riempiti sulla scorta di precisa pattuizione tra le parti.

Dunque la questione posta non solo non configura il vizio di legittimità denunziato, poichè la Corte non ha violato il canone circa il soggetto processuale sul quale ricade nello specifico l’onere della prova, bensì configura mera tesi alternativa circa la valenza indiziaria da assegnare allo specifico fatto, dedotta in modo svincolato dal contesto entro cui invece la Corte ebbe a collocarlo e quindi valutarlo.

Con la quinta doglianza lo Z. deduce violazione del disposto ex art. 112 c.p.c. in quanto il Collegio serenissimo ebbe malamente ad apprezzare il significato della precisa circostanza lumeggiante la non contestualità della compilazione del modulo formulario, pur evidenziata con l’atto di gravame.

Ad opinione dell’impugnante i Giudici di merito avrebbero esaminato circostanza diversa non dedotta, obliando invece l’effettivo significato della censura mossa col gravame.

La doglianza s’appalesa siccome patentemente priva di fondamento poichè deduce violazione del disposto ex art. 112 c.p.c., ossia corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ma si compendia nell’argomentazione critica fondata su un diverso apprezzamento del fatto indiziario dedotto a sostegno della sua censura – il modulo dimesso dalla banca era difforme da quello versato in atti dall’attore, poichè presentava le sigle del funzionario di banca non apposte sulla copia dello Z..

La Corte serenissima ha puntualmente esaminato detta questione e rilevato come la diversità deriva dalla circostanza che il modulo pacificamente non venne predisposto avanti il funzionario bancario, bensì presentato allo stesso ben dopo la sua compilazione per l’esame e l’accoglimento della domanda di prestito.

E la risposta data appare assolutamente coerente con la questione fattuale posta con motivo di gravame, e ribadita avanti questa Corte; dunque la valutazione di detto dato ai fini della decisione rimane questione riservata al prudente apprezzamento del Giudice di merito, non potendo sul punto intervenire questa Corte di legittimità.

Al rigetto dell’impugnazione segue,ex art. 385 c.p.c.,la condanna dello Z. alla rifusione in favore della Deutsche Bank delle spese di lite di questo giudizio di legittimità,tassate in globali Euro 1.700,00, oltre accessori di legge e rimborso forfetario secondo quanto precisato in dispositivo.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni di legge per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione verso la società resistente delle spese di questo giudizio di legittimità che tassa in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019

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