LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4033-2018 proposto da:
ROSA SRL UNIPERSONALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA QUINTO NOVIO 39/40, presso lo studio dell’avvocato BENINCASA CLAUDIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAPONE NICOLETTA;
– ricorrente –
contro
L.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARONCINI 27, presso lo studio dell’avvocato WONGHER MARINA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MELCHIORI MARINA;
– controricorrente –
contro
PUBBLICO MINISTERO DELLA PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI VENEZIA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3002/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 29/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAVALLARO LUIGI.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 29.12.2016, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la querela di falso proposta da L.R. nei confronti della lettera di dimissioni e quietanza da lei asseritamente sottoscritta in data 8.9.2003 e prodotta contro di lei da Rosa s.r.l. unipersonale nel giudizio che ella aveva intentato per conseguire differenze retributive; che avverso tale pronuncia Rosa s.r.l. unipersonale ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura; che L.R. ha resistito con controricorso; che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., n. 4, per essere meramente apparente la motivazione posta a sostegno del giudizio di abusivo riempimento del foglio già firmato in bianco dall’odierna controricorrente;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5 della “contestazione da parte di Rosa s.r.l. della provenienza della lettera del 12.9.2003” (così il ricorso, pag. 10), la cui paternità viceversa la Corte di merito aveva ritenuto ad essa ascrivibile; che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5 per non avere la Corte territoriale considerato “il rapporto fattuale tra la teste L. e la parte L.” pag. 11);
che, con riguardo al primo motivo, è assolutamente consolidato il principio secondo cui, affinchè sia integrato il vizio di mancanza o apparenza della motivazione agli effetti di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, occorre che la motivazione della sentenza manchi del tutto, vuoi nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione, vuoi nel senso che, pur formalmente esistendo quest’ultima, il suo svolgimento sia talmente contraddittorio da non permettere di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. n. 20112 del 2009), ferma restando la necessità che il vizio, che attiene alla motivazione in sè, emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. S.U. n. 8053 del 2014);
che, nella specie, pretendendo la ricorrente di istituire un raffronto tra la (amplissima) argomentazione dei giudici di merito e le risultanze di causa (cfr. pag. 9 del ricorso per cassazione, dove il riferimento al documento abusivamente riempito in bianco), il motivo di censura si palesa chiaramente inammissibile;
che il secondo ed il terzo motivo sono del pari inammissibili, giacchè, avendo la sentenza impugnata confermato il giudizio di fatto già compiuto dal giudice di prime cure, il ricorso per cassazione è ammissibile solo per i vizi di cui al cit. art. 360, nn. 1-4 (art. 348-ter c.p.c., u.c.), non essendo stata specificamente dedotta alcuna difformità tra gli accertamenti resi dal primo e dal secondo giudice (Cass. n. 26774 del 2016);
che il ricorso, conclusivamente, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.700,00, di cui Euro 4.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019