LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4878-2018 proposto da:
M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato SERGIO GALLEANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DANIELE BIAGINI;
– ricorrente –
contro
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 178/2017 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 07/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA SPENA.
RILEVATO
Che:
con sentenza in data 28 giugno-7 agosto 2017 numero 178 la Corte d’Appello di Cagliari riformava la sentenza del Tribunale di Nuoro e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da M.A. nei confronti di POSTE ITALIANE S.p.A. per l’accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato stipulato tra le parti dal 16 ottobre al 31 dicembre 1998, per la sostituzione della lavoratrice CASSANITI, assente con diritto alla conservazione del posto;
che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto non assolto l’onere della prova circa l’effettiva sussistenza delle ragioni sostitutive indicate nel contratto per non essere stata dimostrata la coincidenza tra le mansioni svolte dalla lavoratrice sostituita e quelle svolte dalla lavoratrice assunta a termine per sostituirla.
Era incontestato che la normativa regolatrice del rapporto fosse quella di cui alla L. n. 56 del 1987, art. 23, comma 1, ed alla L. n. 230 del 1962, art. 1; quando la condizione giustificatrice del termine era la sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto non occorreva provare la perfetta coincidenza tra le mansioni svolte dal lavoratore sostituito e quelle svolte dal sostituto, tanto più allorquando, come nel caso di specie, risultava contestato solo che l’assunzione era avvenuta per croniche carenze di organico e non al fine di sostituire effettivamente il lavoratore assente. Era sufficiente al datore di lavoro dimostrare che il contratto era stato concluso per sostituire un lavoratore espressamente indicato e che quest’ultimo era stato effettivamente assente e la prestazione era stata fornita nella stessa sede.
Nell’ipotesi di situazioni aziendali complesse il lavoratore assunto a termine non doveva essere necessariamente destinato alle medesime mansioni o posto di lavoro del lavoratore assente; la sostituzione prevista dalla L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. b), andava intesa nel senso di consentire al datore di lavoro di provvedere alla sostituzione del lavoratore assente non solo tramite il conferimento diretto delle sue mansioni ma anche attraverso spostamenti interni, con conseguente realizzazione di un insieme di sostituzioni successive per scorrimento, senza che tali passaggi dovessero essere necessariamente contemplati nel contratto di assunzione a termine;
che avverso la sentenza ha proposto ricorso M.A., articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese POSTE ITALIANE spa con controricorso;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti-unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale- ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
che la parte ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che con l’unico motivo la parte ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 8 del CCNL POSTE 1994- in connessione con gli artt. 1 e 3 della L. 230/1962.
Ha censurato la sentenza per avere affermato che la assunzione a termine era avvenuta ai sensi dell’art. 8 CCNL 1994, in applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23, mentre tra le ipotesi di assunzione a termine individuate nel contratto collettivo non figurava la sostituzione del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro e la assunzione era avvenuta ai sensi della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. b).
Tanto premesso, la società non aveva allegato specificamente una possibile sostituzione per scorrimento nè capitolato alcuna prova orale in merito; incombeva, invece, al datore di lavoro l’onere di provare, a fronte delle contestazioni mosse nel ricorso introduttivo, le ragioni della mancata adibizione della lavoratrice a termine alla posizione lavorativa della lavoratrice sostituita e la sussistenza dei presupposti della sostituzione per scorrimento delle mansioni.
Restava inoltre da valutare la questione della clausola di contingentamento, riproposta dalla appellata e che non era stata affrontata nella sentenza impugnata.
che ritiene il Collegio si debba respingere il ricorso;
che invero con l’unico motivo si denunzia la violazione di norme di diritto laddove la sentenza ha correttamente affermato che la sostituzione del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto può avvenire per scorrimento; la costante giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che il lavoratore assunto a termine ai sensi della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. b), per la sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, non deve essere necessariamente destinato alle medesime mansioni e/o allo stesso posto del lavoratore assente, atteso che la sostituzione ipotizzata dalla norma va intesa nel senso più confacente alle esigenze dell’impresa; pertanto, non può essere disconosciuta all’imprenditore nell’esercizio del potere autorganizzatorio – la facoltà di disporre (in conseguenza dell’assenza di un dipendente) l’utilizzazione del personale, incluso il lavoratore a termine, mediante i più opportuni spostamenti interni, con conseguente realizzazione di un insieme di sostituzioni successive per scorrimento a catena, sempre che vi sia una correlazione tra assenza ed assunzione a termine, nel senso che la seconda deve essere realmente determinata dalla necessità creatasi nell’azienda per effetto della prima (Cass. n. 11699/2003; v. pure Cass. n. 16661/04, conf. nn. 23761/2009, 3598/2010).
Il medesimo orientamento interpretativo è stato affermato anche in relazione a fattispecie- relative a contratti a termine per ragioni sostitutive- ricadenti nel regime di cui alla L. n. 56 del 1987 (Cassazione civile sez. lav., 19/03/2013, n. 6787) con conseguente irrilevanza della questione posta in ricorso sotto il profilo della erronea individuazione della normativa regolante la fattispecie di causa.
Per il resto la Corte di merito ha compiuto un accertamento di fatto, ritenendo che, sulla base delle ragioni di impugnazione svolte con il ricorso introduttivo, la sostituzione per scorrimento fosse nella fattispecie di causa provata dalla assenza della lavoratrice sostituita, come indicata nel contratto a termine e dallo svolgimento della prestazione a termine nella medesima sede di lavoro.
Tale accertamento avrebbe potuto essere impugnato in questa sede con la deduzione di un vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.
Sul punto il ricorso difetta di specificità perchè non trascrive le specifiche allegazioni, svolte nell’atto introduttivo del giudizio e riproposte in appello, che ponevano in discussione la mancanza del rapporto di causalità tra la assenza della lavoratrice in organico e la propria assunzione anche sotto il profilo della sostituzione per scorrimento.
La denunzia del mancato esame del superamento della clausola di contingentamento non è stata ritualmente formulata in termini di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., ed è comunque generica ed in contraddizione rispetto alla sostenuta applicabilità nella fattispecie di causa della L. n. 230 del 1962, art. 1.
che, pertanto, non essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c.
che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 18 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019