Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.29505 del 14/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18325-2017 proposto da:

R.G., I.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE ALEUTINE 136, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI TIBERIO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati R.G., CINZIA RUSSO;

– ricorrenti –

contro

ALLIANZ SPA, nelle persone dei suoi procuratori speciali Dott.ssa G.A. e Dott.ssa S.M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che la rappresenta e difende;

*****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato ROSARIA GRASSO PERONI, che la rappresenta e difende;

SC.PA., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 19, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PANSADORO, che lo rappresenta e difende;

E.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 19, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PANSADORO, che lo rappresenta e difende;

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 19, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PANSADORO, che lo rappresenta e difende;

B.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PLINIO 25, presso lo studio dell’avvocato WALTER LITTERA, che la rappresenta e difende;

ZURICH INSURANCE PLC – RAPPRESENTANZA GENERALE PER L’ITALIA in persona del procuratore speciale Dott. GA.PI., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROGIO VASARI 5, presso lo studio dell’avvocato RAOUL RUDEL, che la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

P.V., ALLEANZA TORO SPA, FONDIARIA SAI SPA, C.E., PL.AN.;

– intimati –

Nonchè da:

P.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 19, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PANSADORO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

I.R., R.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1816/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/07/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi;

udito l’Avvocato PIERLUIGI TIBERIO;

udito l’Avvocato WALTER LITTERA;

udito l’Avvocato ALESSANDRO PANSADORO;

udito l’Avvocato PATRIZIA FARINELLI per delega;

udito l’Avvocato ROSARIA GRASSO PERONI;

udito l’Avvocato RAOUL RUDEL.

FATTI DI CAUSA

1. R.G. e I.R. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Roma i medici P.V., Sc.Pa., P.A., E.P., B.F., Pl.An. e la ***** chiedendo la condanna al risarcimento del danno conseguente alla perdita della funzione erettile a seguito di intervento di prostatectomia radicale laparascopica per la presenza di adenocarcinoma prostatico. Si costituirono le parti convenute chiedendo il rigetto della domanda e chiamando in causa le relative società assicuratrici. P.V. propose altresì domanda riconvenzionale.

2. Il Tribunale adito rigettò la domanda disponendo la compensazione delle spese processuali.

3. Avverso detta sentenza proposero appello principale P.V. ed appello incidentale gli originari attori.

4. Con sentenza di data 20 marzo 2017 la Corte d’appello di Roma accolse parzialmente l’appello incidentale, condannando P.V. e la ***** in solido al pagamento della somma di Euro 20.000,00 oltre accessori in favore del R., rigettando per il resto gli appelli; condannò inoltre P.V. e la ***** alla rifusione delle spese processuali del doppio grado in favore del R. per la metà, compensando le spese per l’altra metà; rigettò la domanda di manleva proposta da P.V. nei confronti del proprio assicuratore Zurich Insurance, condannandolo alla rifusione delle spese del doppio grado; condannò R.G. e I.R. al rimborso delle spese del grado di appello in favore di Sc.Pa., P.A., E.P., B.F.; condannò R.G. e I.R. al rimborso delle spese del grado di appello in favore di Allianz s.p.a., Fondiaria SAI s.p.a e Toro Assicurazioni s.p.a..

Osservò la corte territoriale, muovendo dall’appello incidentale, che, sulla base delle concordi consulenze penali e civili, i lamentati danni dovevano ascriversi a fattori naturali conseguenti alla natura dell’intervento e non già ad errore medico e che in particolare la resezione del fascio neurovascolare sinistro era stata resa necessaria dalla localizzazione della formazione neoplastica, mentre il fatto emorragico, di carattere fisiologico, era stato affrontato in modo idoneo. Aggiunse, quanto alla dedotta mancanza di consenso informato quale privazione della libertà di autodeterminazione, che il paziente non era stato idoneamente informato soprattutto circa la possibilità, in presenza di una più marcata infiltrazione della neoplasia, che la salvezza del fascio neurovascolare non sarebbe stata più possibile e che non sufficiente era l’accettazione riportata nel modulo di consenso informato nè la precisazione contenuta negli opuscoli illustrativi (“nei casi in cui non si possa o non si voglia risparmiare i fasci neurovascolari allora si esegue un intervento di prostatectomia radicale laparoscopica…sacrificando peraltro la funzione erettile”), trattandosi di formulazioni generiche e la seconda peraltro diretta alla generalità degli interessati, laddove l’informazione doveva avere riguardo al consenso personale, specifico ed esplicito. Osservò quindi che il relativo obbligo risarcitorio del chirurgo operatore, da liquidare equitativamente nella misura di Euro 20.000,00 oltre rivalutazione ed interessi, con estensione della condanna in via solidale alla struttura sanitaria, doveva essere commisurato al tipo di intervento praticato, alla natura delle complicanze non partecipate al paziente ed al verosimile impatto psicologico e che in particolare “le condizioni in cui venne a trovarsi successivamente all’intervento chirurgico R.G., le cui aspettative, per la mancanza di complete informazioni, erano legittimamente dirette verso un routinario e normale decorso postoperatorio, furono ben diverse, avendo dovuto riscontrare il verificarsi di alcune delle possibili complicanze, collegate all’operazione cui era stato sottoposto ed all’approccio prescelto”. Aggiunse che con riferimento agli altri medici appellati (anestesista, aiuti ed assistenti) si era omesso di specificare le manchevolezze loro addebitate ed i danni, diversi da quello escluso, che avrebbero causato e che quanto alla I. l’appello si presentava generico “e comunque collegato, come danno riflesso, ad un danno biologico non riconosciuto”. Osservò ancora che doveva essere disattesa la domanda restitutoria di quanto corrisposto alla clinica a titolo di degenza non essendo stata proposta domanda di risoluzione per inadempimento contrattuale, mentre inammissibile era la domanda volta ad ottenere il rimborso pro quota di quanto corrisposto all’Agenzia delle Entrate in quanto non tempestivamente proposta in sede di precisazione delle conclusioni.

Passando all’appello principale, osservò la corte territoriale che, con riferimento alla domanda di pagamento della somma di Euro 8.000,00 a titolo di corrispettivo della prestazione professionale, fondata era l’eccezione di difetto di legittimazione attiva sul presupposto dell’instaurazione del rapporto con la Casa di Cura e non con il medico, avendo il richiedente meramente invocato una “avversa produzione” senza indicazioni in ordine alla sua legittimazione ed avendo richiamato un accordo non provato, senza peraltro aggiungere che il preteso importo veniva imputato anche al compenso spettante agli aiuti ed all’anestesista.

5. Hanno proposto ricorso per cassazione R.G. e I.R. sulla base di otto motivi. Resistono con distinti controricorsi P.V., che ha proposto altresì ricorso incidentale sulla base di quattro motivi, Sc.Pa., P.A., E.P., B.F., *****, Zurich Insurance PLC, Allianz s.p.a.. E’ stata depositata memoria di parte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Muovendo dal ricorso principale, con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 112,113,115,116 c.p.c., artt. 1228 e 2232 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osservano i ricorrenti, quanto alla statuizione relativa agli altri sanitari, che nei confronti di questi ultimi dovevano rispondere P.V., quale capo equipe, e la struttura sanitaria e che negli atti di causa erano stati precisati i comportamenti “omertosi, deleteri ed odiosi” tenuti in clinica dai responsabili, mai contraddetti (peraltro chiamando in causa le società assicurative essi avevano implicitamente ammesso le responsabilità).

1.1 Il motivo è inammissibile. La censura attiene alla statuizione relativa agli altri medici appellati (anestesista, aiuti ed assistenti) nella quale si rileva che non erano state specificate le manchevolezze loro addebitate ed i danni, diversi da quello escluso, che avrebbero causato. Come affermato da questa Corte (Cass. 30 giugno 2015, n. 13328), chi domanda in giudizio il risarcimento del danno ha l’onere di descrivere in modo concreto i pregiudizi dei quali chiede il ristoro, senza limitarsi a formule vuote e stereotipate come la richiesta di risarcimento dei “danni subiti e subendi”; domande di questo tipo, quando non ne sia dichiarata la nullità ex art. 164 c.p.c., non fanno sorgere in capo al giudice alcun obbligo di provvedere in merito al risarcimento dei danni che fossero descritti concretamente solo in corso di causa. L’attore deve mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento, a prescindere dalla loro esatta quantificazione e dall’assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo (Cass. 18 gennaio 2012, n. 691). La portata della statuizione del giudice di appello è stata quindi nel senso che rispetto alla domanda carente sul piano dell’allegazione dei fatti costituenti le ragioni della domanda, e di cui non era stata dichiarata la nullità, non ricorre l’obbligo del giudice di provvedere.

Oppongono i ricorrenti che nel giudizio erano stati precisati i comportamenti “omertosi, deleteri ed odiosi”. In violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 i ricorrenti omettono di indicare in quale sede del processo di primo grado siano avvenute le allegazioni in discorso e quale specifico contenuto abbiano avuto. Ma vi è un ulteriore profilo di inammissibilità del motivo.

Va rammentato che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza, e della riferibilità alla decisione stessa. Ciò comporta – fra l’altro – l’esposizione di argomentazioni intellegibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto fra le tante (fra le tante Cass. n. 11530 del 2002). I ricorrenti per un verso affermano di avere precisato i comportamenti dei sanitari rilevanti per il giudizio, così censurando il rigetto della domanda nei confronti degli altri sanitari, per l’altro affermano che nei confronti di questi ultimi dovevano rispondere P.V., quale capo equipe, e la struttura sanitaria. Non si comprende allora quale sia il destinatario della domanda per le condotte ascritte agli altri sanitari, se questi ultimi o il capo equipe e la struttura sanitaria.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 112,113,114,115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osservano i ricorrenti, con riferimento alla valutazione equitativa del danno nella misura di Euro 20.000,00, che in violazione dell’art. 114 c.p.c. non vi era stata concorde richiesta di pronuncia secondo equità e che la pronuncia, sulla base degli elementi forniti dalle perizie in ordine al danno biologico, doveva essere effettuata secondo diritto facendo ricorso alle tabelle del Tribunale di Milano. Aggiungono che l’importo liquidato appariva incongruo ed ingiusto.

2.1. Il motivo è inammissibile. In primo luogo la censura è estranea alla ratio decidendi, in quanto il giudice di merito non ha pronunciato secondo equità ai sensi dell’art. 114 c.p.c. ma secondo diritto e ha solo proceduto alla valutazione equitativa del danno ai sensi dell’art. 1224 c.c.. In secondo luogo, sempre a proposito di estraneità alla ratio decidendi, non poteva il danno essere determinato alla stregua delle tabelle milanesi posto che non era stato riconosciuto il danno biologico ma solo la lesione del consenso informato. In terzo luogo non si censura la valutazione equitativa del danno per la carenza di motivazione (cfr. da ultimo Cass. 22272 del 2018) ma per il contenuto della valutazione discrezionale del giudice di merito la quale, ferma l’esistenza del requisito motivazionale, è insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 24070 del 2018).

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 112,113,115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osservano i ricorrenti che non è stato riconosciuto il danno riflesso domandato dalla I. nonostante che sulla base della documentazione in atti risultasse provata l’esistenza del danno biologico permanente di tipo psichico.

3.1. Il motivo è inammissibile. Anche tale censura è estranea alla ratio decidendi. Il giudice di merito ha disatteso l’impugnazione incidentale sul punto del danno lamentato dalla I. sulla base di una duplice ratio decidendi, la genericità del motivo ed il collegamento del danno “come danno riflesso, ad un danno biologico non riconosciuto”. La prima ratio, che attiene al difetto di specificità del motivo ai sensi dell’art. 342 c.p.c., non è stata impugnata e ciò è sufficiente per rilevare il difetto di decisività della censura. Anche la seconda ratio non è stata idoneamente impugnata, in quanto parte ricorrente afferma che il danno “riflesso” era stato provato, laddove invece il giudice di merito ha affermato che tale danno “riflesso” non spetta in quanto collegato ad un danno biologico non riconosciuto.

In ogni caso va rammentato, e trattasi di ulteriore profilo di inammissibilità del motivo, che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. n. 11892 del 2016).

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 112,113,115 e 116 c.p.c., artt. 1458 e 1460 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osservano i ricorrenti, con riferimento al mancato accoglimento della domanda di restituzione, che la risoluzione per inadempimento contrattuale era stata richiamata nel paragrafo 4) dell’appello incidentale e che la risoluzione era stata fatta valere in giudizio con l’istanza risarcitoria.

4.1. Il motivo è infondato. La domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacchè l’art. 1453 c.c., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che l’azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell’azione di risoluzione del contratto, con la conseguenza che non può ritenersi implicita nella proposizione della domanda risarcitoria quella, autonoma, di risoluzione del contratto (Cass. n. 23820 del 2010; n. 6886 del 2014; n. 29218 del 2017).

I ricorrenti hanno affermato di avere fatto menzione della risoluzione del contratto nell’appello incidentale, così confermando la mancata proposizione della relativa domanda nell’originario atto introduttivo del giudizio (e comunque dell’indicazione dell’esistenza di tale domanda non vi è traccia nella formulazione del motivo, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

5. Con il quinto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 112,113,115,116 e 345 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osservano i ricorrenti, con riferimento al mancato accoglimento del mancato rimborso pro quota di quanto corrisposto all’Agenzia delle Entrate (tassazione sentenza di primo grado), esborso sopraggiunto alla proposizione dell’appello incidentale, che nella comparsa conclusionale era stata proposta la relativa istanza.

5.1. Il motivo è infondato. Il sopravvenire dell’esborso alla proposizione dell’appello non toglie che la domanda doveva comunque essere formulata nel corso del giudizio, dovendosi intendere preclusa la proposizione della domanda con la comparsa conclusionale, trattandosi di atto di carattere meramente illustrativo (cfr. Cass. n. 1324 del 2016; n. 2292 del 2018).

6. Con il sesto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 91,112,113,115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osservano i ricorrenti che della scelta degli altri sanitari dell’equipe e delle loro condotte pregiudizievoli dovevano rispondere il chirurgo P. e la struttura sanitaria e dunque dovevano questi ultimi rispondere per le spese processuali delle società assicuratrici chiamate in causa dai sanitari.

6.1. Il motivo è infondato. L’onere delle spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, va posto a carico della parte soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalità (Cass. n. 2492 del 2016 e n. 23552 del 2011).

7. Con il settimo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 96,112,113,115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osservano i ricorrenti che risulta omessa la pronuncia sul richiesto rimborso di quanto corrisposto al policlinico ***** per CTU svolta intra moenia nonchè sull’istanza di responsabilità aggravata per avere le controparti resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.

7.1. Il motivo è infondato. Non vi è la lamentata omessa pronuncia. Ove nella statuizione sulle spese di lite non venga indicata la parte sulla quale graveranno definitivamente quelle relative alla consulenza tecnica d’ufficio non si configura il vizio di omessa pronuncia poichè la decisione sulle spese del giudizio ricomprende implicitamente quelle di consulenza (Cass. n. 25817 del 2017). Quanto alla responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1, la qualità di soccombenti spetta ai soli P.V. e struttura sanitaria. Posto che la responsabilità aggravata in discorso postula l’istanza di parte, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 i ricorrenti non hanno specificatamente indicato se ed in quale sede processuale l’istanza in discorso sia stata proposta.

8. Con l’ottavo motivo si denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.. Osservano i ricorrenti che non ricorrevano i presupposti per la riduzione del 50% delle spese a carico dei R. e che non risulta applicato lo scaglione della voce “indeterminabile complessità alta” nella liquidazione delle spese e l’addizionale prevista dal D.M. n. 55 del 2014.

8.1. Il motivo è inammissibile. In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte (fra le tante Cass. n. 24502 del 2017). Quanto alla denunciata violazione del D.M. n. 55 del 2014, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 i ricorrenti non hanno specificatamente indicato il presupposto di fatto relativo alla dedotta “particolare importanza” di cui all’art. 5 citato decreto. Privo di specificità, tale da rendere la censura inammissibile, è anche il riferimento alla “addizionale”.

9. Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osserva il ricorrente in via incidentale che, come risultava anche dalla richiesta di archiviazione nel procedimento penale, l’opuscolo informativo, con l’indicazione del rischio specifico, era stato consegnato al R. e che l’onere del consenso informato, sulla base dell’integrazione dell’opuscolo con il modulo sottoscritto dal R., risultava assolto. Aggiunge che il paziente ha l’onere di provare che, se avvertito, avrebbe rifiutato l’intervento, e ciò in ossequio al diritto di autodeterminazione.

9.1. Il motivo è infondato. La censura si articola in due submotivi. Con il primo submotivo si denuncia l’intervenuto adempimento del dovere di informare ai fini di un consapevole consenso da parte del paziente. Trattasi di profilo afferente al giudizio di fatto sindacabile nella presente sede di legittimità solo nei limiti del vizio motivazionale, nella specie non specificatamente denunciato. Peraltro il giudice di merito non ha affermato che l’opuscolo informativo non sia stato consegnato ma ha valutato sul piano del fatto l’inidoneità del medesimo.

Il secondo submotivo attiene alla carenza dei presupposti del c.d. consenso informato. Al riguardo va osservato che alla corretta e compiuta informazione consegue, fra l’altro, anche la facoltà per il paziente di predisporsi ad affrontare consapevolmente le conseguenze dell’intervento. Come affermato da Cass. 14 novembre 2017, n. 26827, “viene in rilievo la considerazione del turbamento e della sofferenza che derivi al paziente sottoposto ad atto terapeutico dal verificarsi di conseguenze del tutto inaspettate perchè non prospettate e, anche per questo, più difficilmente accettate”. Tale profilo rileva in particolare nel caso di omessa o inidonea informazione in relazione ad un intervento che non abbia cagionato danno alla salute del paziente. Il giudice di merito ha accertato l’inidoneità dell’informazione circa la possibilità che, in presenza di una più marcata infiltrazione della neoplasia, la salvezza del fascio nEurovascolare non sarebbe stata più possibile e ha correttamente qualificato la fattispecie in termini di privazione della libertà di autodeterminazione, costituendo le conseguenze negative derivate dalla detta inidoneità di informazione sofferenza soggettiva e contrazione della libertà del paziente di disporre di se stesso.

10. Con il secondo motivo si denuncia violazione degli art. 112 c.p.c., artt. 1226 e 1227 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osserva il ricorrente, premesso che la violazione del diritto di autodeterminazione deve essere provato, che i riferimenti valutati dalla corte territoriale sono irrilevanti, in quanto il tipo di intervento praticato era conforme a quello concordato e le complicanze non integravano il rischio specifico che non sarebbe stato oggetto di consenso informato, mentre non sono stati considerati profili idonei ad escludere l’impatto psicologico. Aggiunge che il R. ha manifestato nel ricorso volontà contraria alla liquidazione equitativa, invocando l’applicazione delle tabelle milanesi.

10.1. Il motivo è inammissibile. Come osservato a proposito del secondo motivo del ricorso principale, non si censura la valutazione equitativa del danno per la carenza di motivazione (cfr. da ultimo Cass. 22272 del 2018) ma per il contenuto della valutazione discrezionale del giudice di merito la quale, ferma l’esistenza del requisito motivazionale, è insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 24070 del 2018).

11. Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 91 e 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che la corte territoriale, nonostante abbia rigettato l’appello proposto da I.R., ha omesso di pronunciare sulle relative spese processuali.

11.1. Il motivo è fondato. Il motivo di appello incidentale proposto dalla I. è stato disatteso e la domanda è stata accolta solo per ciò che concerne il R.. Ciò nonostante non si è provveduto circa le spese processuali del grado di appello. La causa può essere decisa nel merito con il provvedimento di liquidazione delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, a carico della parte soccombente.

12. Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 2232 e 2233 c.c., art. 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osserva il ricorrente che costituisce fatto notorio che il contratto con il professionista è indipendente da quello con la struttura sanitaria e peraltro l’azione di responsabilità si fonda proprio sul rapporto contrattuale con il chirurgo. Aggiunge che in favore di quest’ultimo spetta il corrispettivo di Euro 8.000,00, comprensivo del compenso in favore di aiuti ed anestesista.

12.1. Il motivo è inammissibile. Il giudice di merito, sulla base di un giudizio di fatto non sindacabile in sede di legittimità se non nei limiti del vizio motivazionale nella specie non denunciato, ha concluso nel senso che non era stato stipulato un separato accordo contrattuale con il professionista. In realtà nel motivo di censura si confonde il piano dell’atto con quello della responsabilità. L’atto contrattuale risulta stipulato con la struttura sanitaria, ma la responsabilità del sanitario, sulla base del sistema normativo applicabile ratione temporis (antecedente la L. n. 24 del 2017), ha carattere contrattuale sulla base del c.d. contatto sociale (Cass. Sez. U. n. 577 del 2008).

13. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Quanto al rapporto processuale fra R.G. e P.V. stante la reciproca soccombenza va disposta la compensazione delle spese, e negli stessi termini va disposto quanto al rapporto processuale fra I.R. e P.V., stante l’accoglimento del tutto limitato del ricorso incidentale proposto da quest’ultimo.

Poichè il ricorso principale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale; accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale e rigetta per il resto il ricorso incidentale; decidendo la causa nel merito condanna I.R. al pagamento della spese processuali del giudizio di appello in favore di P.V., che liquida in complessivi Euro 2.800,00, oltre accessori di legge e spese generali.

Dispone la compensazione delle spese processuali fra R.G. e P.V..

Dispone la compensazione delle spese processuali quanto al rapporto processuale fra I.R. e P.V..

Condanna R.G. e I.R. al pagamento, in favore di P.A., delle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna R.G. e I.R. al pagamento, in favore di E.P., delle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna R.G. e I.R. al pagamento, in favore di Sc.Pa., delle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna R.G. e I.R. al pagamento, in favore di B.F., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna R.G. e I.R. al pagamento, in favore di *****, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna R.G. e I.R. al pagamento, in favore di Zurich Insurance PLC, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna R.G. e I.R. al pagamento, in favore di Allianz s.p.a., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Dispone che in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle persone fisiche riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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