LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3234-2018 proposto da:
GLOBAL SERVICE 99 SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SS. APOSTOLI, 66, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO LEO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 3609/9/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 20/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.
FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE La Global Service 99 s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate Riscossione, già Equitalia Sud s.p.a., impugnando la sentenza della CTR Lazio indicata in epigrafe che ha confermato la legittimità della cartella di pagamento relativa ad IVA per l’anno 2009 emessa a carico della stessa. Il giudice di appello ha ritenuto legittimo l’operato dell’amministrazione che aveva fatto ricorso alla procedura automatizzata di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 36 bis per la ripresa di un debito IVA risultante dalla dichiarazione compilata dalla parte contribuente senza che emergesse il credito IVA non risultante dall’anagrafe, pure specificando che non era stata offerta prova da parte del contribuente in ordine all’esistenza di errori nella compilazione della dichiarazione idonei a denotare uno stato di incertezza anche sul credito disconosciuto.
L’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate Riscossione, già Equitalia sud s.p.a., non hanno depositato difese scritte.
Con il primo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, evidenziando che l’amministrazione non avrebbe potuto attivare l’iscrizione a ruolo a seguito di controllo automatizzato per il caso di disconoscimento del credito.
La censura è infondata.
Ed invero, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ritenuto che “in fattispecie di omessa presentazione della dichiarazione annuale Iva, è consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, ben potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi e da atti d’indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi in possesso dell’anagrafe tributaria, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54-bis e 60 “-cfr. Cass., S.U., n. 17758/2016 -.
A tale principio si è attenuto il giudice di merito.
Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 12 L. n. 212 del 2000, e degli artt. 24,97 e 111 Cost., 41 della Carta UE dei diritti fondamentali, evidenziando che la CTR avrebbe violato il principio del contraddittorio endoprocedimentale, nel caso di specie non garantito in assenza del previo invio della comunicazione preventiva.
La censura è infondata.
Questa Corte ha già chiarito (Cass., n. 3366/2013) che l’omessa comunicazione dell’invito al pagamento prima dell’iscrizione a ruolo, con la riduzione e per gli effetti previsti dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2, comma 2, non determina la nullità di tale iscrizione e degli atti successivi, ma una mera irregolarità, inidonea ad incidere sull’efficacia dell’atto, sia perchè non si tratta di condizione di validità, stante la mancata espressa sanzione della nullità, avendo il previo invito al pagamento l’unica funzione di dare al contribuente la possibilità di attenuare le conseguenze sanzionatorie dell’omissione di versamento, sia perchè l’interessato può comunque pagare, per estinguere la pretesa fiscale, con riduzione della sanzione, una volta ricevuta la notifica della cartella -Cass., n. 20040/2015;Cass.n. 30385/2018 Invero, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”; situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso (Cass. n. 8342/2012).
Orbene, nel caso di specie la CTR ha dato conto che non era stata provata in alcun modo da parte del contribuente l’esistenza di errori od incertezze idonee a giustificare la necessità dell’invio preventivo della comunicazione. Così facendo la CTR non è incorsa in alcun vizio di legge.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione degli artt. 115 c.p.c., 2697 c.c. e 2727 c.c. La CTR avrebbe errato nell’addossare sulla parte contribuente l’onere di provare l’inesistenza della pretesa azionata dall’ufficio, sul quale, per converso, avrebbe dovuto ricadere il relativo onere.
La censura è infondata.
La CTR ha osservato che la parte contribuente non ha dato dimostrazione alcuna del credito IVA disconosciuto dall’Ufficio. Onere che avrebbe essa stessa dovuto comprovare, alla stregua dei principi espressi da questa Corte a Sezioni Unite.
Ed invero, la questione sottesa al procedimento qui in esame è stata decisa dalle Sezioni Unite di questa Corte -sent. n. 17757/2016, – affermandosi che “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili”.
Peraltro, le stesse Sezioni Unite di questa Corte, nella già ricordata pronunzia n. 17758/2016, hanno riconosciuto che nel conseguente giudizio promosso dalla parte contribuente avverso la cartella emessa sulla base di un controllo automatizzato il contribuente è tenuto all’eventuale dimostrazione che la deduzione d’imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a Iva e finalizzati a operazioni imponibili), in tal modo confermando pienamente la legittimità della pronunzia qui oggetto di impugnazione, nella parte in cui ha escluso che la parte contribuente avesse fornito la prova del credito disconosciuto.
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato.
Nulla sulle spese, dandosi altresì atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
Rigetta il ricorso.
Nulla sulle spese.
Dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.
Depositato in cancelleria il 15 novembre 2019