Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29784 del 15/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1265-2018 proposto da:

S.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE FRANCESCO CAMPISI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, NICOLA VALENTE, MANUELA MASSA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 262/2017 del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA, depositata il 27/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAVALLARO LUIGI.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 27.6.2017, il Tribunale di Vibo Valentia, decidendo in sede di opposizione ad accertamento tecnico preventivo obbligatorio, ha rigettato, per difetto di prova del requisito reddituale, la domanda di S.C. volta a conseguire la pensione d’inabilità civile;

che avverso tale pronuncia S.C. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione della L. n. 118 del 1971 per avere il giudice di merito ritenuto insussistente il requisito reddituale utile a conseguire il beneficio richiesto, nonostante che “dalla certificazione reddituale rilasciata dall’Agenzia delle Entrate in data 12.6.2017 e riversata in atti del giudizio” risultasse che egli aveva posseduto, nell’anno d’imposta 2013, un reddito personale pari a Euro 8.932,00, nell’anno 2014 un reddito di Euro 5.596,00, nell’anno 2015 un reddito di Euro 9.159,00 e nell’anno 2016 un reddito di Euro 9.150,00 (così il ricorso per cassazione, pagg. 4-5);

che è consolidato il principio secondo cui il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 24155 del 2017, 3340 del 2019);

che, nella specie, il motivo di censura incorre precisamente nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulato con riguardo ad una presunta violazione delle disposizioni di legge indicate nella rubrica, pretende di criticare l’accertamento di fatto che il Tribunale ha compiuto al fine di escludere che il ricorrente avesse dato prova della sussistenza del requisito reddituale;

che, anche volendo riqualificare il motivo in termini di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (cfr. su tale possibilità Cass. nn. 4036 del 2014 e 23940 del 2017), la censura è comunque inammissibile, non precisandosi nel ricorso quando e come il fatto in questione avrebbe formato oggetto di discussione tra le parti, ossia in quale momento e con quale atto del giudizio di merito sarebbero state allegate le circostanze di fatto del cui omesso esame ci si duole in questa sede e si sarebbe chiesto di darne prova documentale o testimoniale (Cass. S.U. n. 8053 del 2014);

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, nulla statuendosi sulle spese del giudizio di legittimità ex art. 152 disp. att. c.p.c., la ricorrenza dei cui presupposti è stata accertata dalla sentenza impugnata;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2019

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