Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29826 del 18/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24257-2018 proposto da:

B.E., elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 7, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO KROGH, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO PERSIANI;

– ricorrente –

contro

B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO DIONISIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GUIDO MUSSI, ROBERTO PAGLIUCA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 845/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 27/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Massa, accogliendo la domanda proposta da B.L. nei confronti di B.E., ha dichiarato la nullità del testamento olografo di B.I., per difetto di autenticità.

La Corte d’appello di Genova, adita da B.E., nominata erede universale con il testamento dichiarato nullo dal giudice di primo grado, ha confermato la sentenza.

In primo luogo la Corte ha rigettato il motivo d’appello con il quale B.E. aveva eccepito la violazione dell’art. 102 c.p.c., perchè il giudizio non si era svolto nei confronti degli altri eredi menzionati nel testamento.

La corte osservava che l’appellante non aveva provato i presupposti che giustificavano la partecipazione al giudizio di altri soggetti. In particolare non aveva prodotto gli atti dello stato civile da cui si potesse desumere il rapporto di parentela con la de cuius, idoneo a fondare il titolo per la successione legittima.

Nel merito, sulla scorta della consulenza tecnica, confermava il giudizio di non autenticità del testamento dato dal primo giudice.

Per la cassazione della sentenza B.E. ha proposto ricorso affidato a tre motivi, il primo dei quali denuncia la violazione dell’art. 102 c.p.c., a causa della mancata partecipazione al giudizio degli altri soggetti menzionati nel testamento. Gli altri motivi sono diretti a censurare il merito della decisione, laddove la corte ha deciso sulla base dei soli fatti accertati dal consulente tecnico (secondo motivo) e per non avere dato corso all’istanza di rinnovazione della consulenza tecnica e per non avere ammesso le prove testimoniali (terzo motivo).

B.L. ha resistito con controricorso.

Su proposta del relatore, che riteneva manifestamente fondato il primo motivo, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il primo motivo è fondato.

Nel ragionamento della corte di appello riecheggiano due principi: il primo è quello secondo il quale chi eccepisce la non integrità del contraddittorio ha l’onere di indicare i soggetti per i quali sussiste la necessità dell’integrazione; il secondo, specifico per le azioni di nullità o annullabilità del testamento, secondo cui ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario fra tutti i successori legittimi del de cuius.

Coordinando tali principi la corte di merito ha negato che nella specie ricorresse una ipotesi di litisconsorzio necessario, non essendoci prova del rapporto di parentela, rilevante ai fini della successione legittima, fra la de cuius e gli altri soggetti menzionati nel testamento.

Risulta infatti dalla lettura degli atti di causa, consentito alla Corte in considerazione del carattere di error in procedendo della censura (Cass. n. 20716/2018; n. 8069/2016, che il testamento, oltre a contenere la nomina di erede universale della B.E., prevedeva dei lasciti di somme in favore di altri soggetti, qualificati nella scheda come “nipoti”.

La corte di merito ha negato la violazione del litisconsorzio rispetto a tali soggetti, in quanto B.E. non aveva fornito la prova del rapporto di parentela con la de cuius.

Ma ragionando in questo modo la corte d’appello non ha considerato che i soggetti menzionati nel testamento erano litisconsorti necessari per il solo fatto di essere stati contemplati nella scheda, a prescindere dalla loro qualità di eredi o legatari e a prescindere dalla loro concorrente qualità di potenziali successibili ex lege.

La possibilità che in questa materia non ci sia litisconsorzio necessario fra tutti i soggetti contemplati nel testamento riguarda il caso in cui sia impugnata una singola disposizione, mentre nel caso in esame, poichè si discuteva dell’autenticità del testamento, era in discussione la validità del testamento in quanto tale, come negozio giuridico. Ciò imponeva la necessaria partecipazione al giudizio di tutti i beneficiari contemplati nel testamento (Cass. n. 1462/1965).

Il principio applicato dalla corte di merito – secondo cui “nelle cause aventi ad oggetto l’impugnazione di un testamento olografo per nullità, in considerazione dell’unità del rapporto dedotto in giudizio, sussiste litisconsorzio necessario anche nei confronti di tutti gli eredi legittimi, in quanto l’eventuale accoglimento della domanda porterebbe alla dichiarazione di invalidità del testamento ed alla conseguente apertura della successione legittima” (Cass. n. 474/2010) – vale ad estendere il litisconsorzio ai potenziali eredi legittimi, ma ciò non significa che non siano litisconsorti necessari innanzitutto i beneficiari delle disposizioni contenute nel testamento impugnato (Cass. n. 8575/2010; n. 8728/2005).

Il rilievo operato nel controricorso, secondo cui l’appellativo “nipoti”, con il quale sono identificati nel testamento i beneficiari delle disposizioni, non vale quale prova del rapporto di parentela, è inconferente. Quei soggetti dovevano partecipare al giudizio in quanto contemplati nella scheda, non perchè parenti della de cuius in ipotesi successibili ex lege nel caso in cui il testamento fosse stato caducato.

Quanto all’ulteriore rilievo del controricorrente (non occorre disporre alcuna integrazione perchè il testamento non è autentico), è chiaro che il medesimo si risolve in una evidente petizione di principio, inidoneo ad escludere il litisconsorzio sussistente in base ai principi sopra indicati.

Conclusivamente, va dichiarata nella specie la nullità dell’intero giudizio di merito, con cassazione dell’impugnata sentenza e rimessione delle parti avanti al giudice di primo grado, che dovrà disporre l’integrazione del contraddittorio confronti di tutti i soggetti menzionati nel testamento e quindi decidere sulla domanda.

Il giudice di rinvio dovrà inoltre provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara la nullità dell’intero giudizio, cassa la sentenza impugnata e dispone la rimessione della causa al Tribunale di Massa, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019

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