LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25425/2015 proposto da:
Cassa Di Risparmio Di Cento Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Dei Gracchi 39, presso lo studio dell’avvocato Giuffrè Francesca, rappresentata e difesa dall’avvocato De Nunzio Ugo, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Furlan Cashmere Srl, in persona del Liquidatore Giudiziale P.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Gregorio VII, n. 474, presso lo studio dell’avvocato Orlando Guido, rappresentato e difeso dall’avvocato Audino Andrea, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1003/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 26/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/06/2019 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata il 26 maggio 2015 la Corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Ferrara ha accolto la domanda proposta da P.A., in qualità di liquidatore giudiziale nella procedura di concordato preventivo della Furlan Cashmere s.r.l., di condanna della Cassa di Risparmio di Cento s.p.a. alla restituzione alla procedura delle somme, per un importo complessivo pari ad Euro 80.217,51, riscosse dalla banca dopo il deposito della proposta di concordato preventivo per effetto di ricevute bancarie scadute emesse in esecuzione di mandati all’incasso conferiti dalla Furlan alla stessa banca in epoca anteriore alla proposta concordataria.
La Corte d’Appello di Bologna ha ritenuto tardiva l’eccezione di compensazione volontaria con un proprio credito sollevata dalla banca nella propria comparsa di costituzione e risposta, non essendosi quest’ultima costituita in giudizio nei termini di cui all’art. 166 c.p.c., ovvero venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione.
Ha osservato il giudice di secondo grado che avendo l’eccezione di compensazione la natura di eccezione in senso stretto, e non di mera difesa, la stessa avrebbe dovuto essere tempestivamente sollevata dal convenuto nei termini di cui all’art. 166 c.p.c. e art. 167 c.p.c., comma 2.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Cassa di Risparmio di Cento s.p.a., affidandolo a tre motivi.
P.A., in qualità di liquidatore giudiziale nella procedura di concordato preventivo della Furlan Cashmere s.r.l., si è costituito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 180 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la Cassa di Risparmio di Cento ha dedotto la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla tardività dell’eccezione sollevata dalla difesa della Furlan Casmere s.r.l. di decadenza della proposizione dell’eccezione di compensazione volontaria formulata dalla stessa banca.
Lamenta la ricorrente che l’odierna controricorrente avrebbe dovuto eccepire la tardività della costituzione in giudizio della Cassa di Risparmio di Cento s.p.a., e la conseguente decadenza dal proporre l’eccezione di compensazione, nella prima udienza di comparizione delle parti, che costituiva la prima udienza utile.
Viceversa, l’odierna controricorrente ha sollevato tale eccezione solo in comparsa conclusionale nonchè all’udienza fissata per la discussione della causa ex art. 281 sexies c.p.c..
Nonostante l’istituto di credito avesse tempestivamente eccepito la tardività della controeccezione della Furlan Cashmire, sollevata solo in comparsa conclusionale, su tale questione non si era pronunciato nè il giudice di primo grado, nè il giudice di secondo grado innanzi al quale era stata dalla banca (con il primo motivo d’appello) esplicitamente lamentata l’omessa pronuncia del primo giudice sulla tardività della contestazione, formulata dalla Furlan Cashmere s.r.l., di intervenuta decadenza della Banca dalla proposizione dell’eccezione di compensazione.
2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 167 c.p.c., comma 2.
Lamenta la banca ricorrente che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto l’eccezione di compensazione volontaria come eccezione in senso stretto non rilevabile d’ufficio.
In particolare, in primo luogo, rileva l’istituto di credito che erroneamente la Corte d’Appello aveva disatteso l’impostazione giuridica del giudice di primo grado, il quale (nel respingere le difese della banca sotto altri profili) aveva ritenuto che il contenuto delle difese della Cassa di Risparmio di Cento non configurava un’eccezione di compensazione volontaria, bensì “un’argomentazione difensiva, volta a contrastare la tesi attorea che si impernia sulla asserzione della illegittimità della compensazione operata e ad affermare la legittimità di detta compensazione”.
Espone, inoltre, la banca che, nel contratto di anticipazione su fatture, gli anticipi concessi dalla banca ed i successivi incassi delle fatture consegnate dal cliente a garanzia degli anticipi conseguiti non si traducono in una compensazione di più crediti e debiti, ma rappresentano una semplice modalità operativa del contratto di anticipi. Per questo motivo, la banca, eccependo la compensazione, non ha sollevato un’eccezione in senso stretto, ma ha soltanto richiamato la particolare modalità operativa tipica del conto anticipi.
3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 122 del 2013, art. 6, L. n. 213 del 2012, art. 11, comma 13-quater, art. 166 c.p.c. e art. 167 c.p.c., comma 2, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto tardiva l’eccezione di compensazione per effetto della tardiva costituzione in giudizio della parte convenuta.
Lamenta la banca ricorrente che alla vertenza in oggetto avrebbe dovuto comunque essere applicata la normativa sulla sospensione dei termini di cui al D.L. n. 74 del 2012, conv. nella L. n. 122 del 2012, a causa del sisma che ha colpito l’Emilia Romagna nel maggio 2012.
4. Il secondo motivo – che è fondato – deve essere esaminato con precedenza rispetto al primo per una questione di priorità logica, essendo evidente che è pregiudiziale accertare se l’eccezione di compensazione sollevata dalla banca integri una eccezione in senso stretto, come tale soggetta a rigorosi termini di decadenza di cui all’art. 167 c.p.c., comma, oppure un’eccezione rilevabile d’ufficio, non soggetta a preclusioni e decadenze, influendo tale accertamento anche sulla rilevanza della questione della tempestività o meno della controeccezione sollevata dalla Furlan Cashmire.
Va dunque, preliminarmente, osservato che è orientamento consolidato di questa Corte che, nell’ambito della problematica dell’estinzione delle obbligazioni, nel nostro sistema normativo occorre distinguere le ipotesi di compensazione c.d. propria da quelle di compensazione c.d. impropria (detta anche atecnica o contabile).
Ove la reciproca relazione di debito credito tragga origine da un unico rapporto contrattuale, si è in presenza di una ipotesi di compensazione impropria, che si basa sull’accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite di dare/avere, mentre si configura la compensazione in senso proprio allorquando i contrapposti crediti e debiti delle parti scaturiscono da autonomi rapporti giuridici.
L’accertamento della natura c.d. propria o impropria dell’ipotesi di compensazione sottoposta all’esame del giudice si riflette direttamente sul piano processuale atteso che, se la reciproca relazione di debito-credito trae origine da un unico rapporto (c.d. relazione impropria), l’accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite può essere compiuto dal giudice anche d’ufficio, diversamente da quanto accade nel caso di compensazione cd. propria che, per operare, postula l’autonomia dei rapporti e richiede l’eccezione di parte, da sollevarsi nei termini perentori previsti dal codice di rito (Cass. n. 12302/2016; conf. n. 7474/2017).
Nel caso di specie, la Corte d’appello, nel riassumere il contenuto dell’eccezione sollevata dalla banca nel giudizio di primo grado e riproposta in grado di appello – eccezione di compensazione volontaria del proprio credito con le somme riscosse per conto della società in base alle clausole sottoscritte (si trattava, come emerge dall’esame dello stesso controricorso, delle clausole n. 11 e 12 del contratto del 10/11/2006, integranti, secondo la banca, un c.d. patto di compensazione) – ha avallato la ricostruzione fattuale del rapporto contrattuale instaurato tra le parti, come dedotta dalla banca, evidenziando l’idoneità dell’eccezione di compensazione in oggetto ad escludere la cristallizzazione dei crediti e ad eludere il divieto di compensazione, situazione che presuppone che la convenzione relativa all’anticipazione su ricevute bancarie contenga un patto di compensazione (vedi Cass. 3336/2016; Cass. n. 17999/2011).
Dunque, la Corte d’Appello, attraverso il richiamo a quanto dedotto dalla banca in sede di comparsa di risposta, pur valutando che l’eccezione di compensazione sollevata dall’istituto di credito non traesse origine da rapporti autonomi, bensì da un unico rapporto contrattuale, ha nondimeno erroneamente ritenuto che quella sollevata costituisse un’eccezione in senso stretto e non rilevabile d’ufficio, come tale tardivamente proposta.
Non vi è dubbio che la caratteristica strutturale della compensazione impropria, nei termini sopra illustrati, renda inapplicabili le norme processuali che pongono preclusioni o decadenze alla proponibilità delle relative eccezioni, con la conseguenza che, nel caso di specie, proprio perchè si è presenza di un’eccezione rilevabile d’ufficio, e non in senso stretto, del tutto ininfluente è la tardiva costituzione in giudizio dell’istituto di credito.
5. L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento del primo e del terzo motivo.
Deve pertanto cassarsi la sentenza impugnata per il motivo accolto e deve disporsi il rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2019
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