Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29940 del 19/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29354-2017 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Valerio Fiacco 1, presso la propria abitazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Massimiliano Cappa;

– ricorrente –

contro

CREVAL S.P.A., TOM & BROTHERS S.R.L., REALE S.R.L., EQUITALIA SUD S.P.A.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 11096/2017 del Tribunale di Roma, depositata il 01/06/2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 31 gennaio 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.

RITENUTO

B.M. ha proposto ricorso, articolato in nove motivi, per la cassazione della sentenza con la quale il Tribunale di Roma ha rigettato nel merito l’opposizione agli atti esecutivi dallo stesso proposta avverso un atto di intervento spiegato da Equitalia Sud s.p.a. nell’ambito di un processo di espropriazione immobiliare promosso da terzi.

Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

Il ricorrente ha depositato memorie ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Il ricorso è inammissibile, in quanto non rispetta il requisito dell’esposizione, ancorchè sommaria, dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Tale requisito di validità del contenuto e della forma del ricorso deve consistere in un’esposizione che garantisca alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01).

La prescrizione del requisito, quindi, risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma è funzionale alla conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Sez. U, Sentenza n. 2602 del 20/02/2003, Rv. 560622 – 01). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

Nel caso di specie, l’esposizione dei fatti di causa è redatta mediante il mero assemblaggio di una serie di atti processuali (o di porzioni di essi), senza il necessario momento di sintesi, e risulta pressochè impossibile comprendere le vicende relative al processo esecutivo, tanto che non è possibile neppure individuare con esattezza chi sia il creditore procedente e quale credito era posto alla base dell’atto di intervento opposto.

Il ricorso, dunque, è inammissibile.

Vi è poi un ulteriore ragione di inammissibilità. I nove motivi in cui si articola il ricorso propongono tutti il tema dell’inesistenza del titolo esecutivo posto a fondamento del processo esecutivo, costituito da un decreto ingiuntivo (del quale, come già osservato, il B. non indica neppure chi sia il creditore che lo ha ottenuto). L’opponente sostiene che tale titolo sarebbe inesistente in quanto l’ufficio postale, dopo averlo notificato mediante compiuta giacenza, non avrebbe trattenuto il plico, restituendolo immediatamente al mittente.

Dalla lettura della sentenza impugnata emerge, però, che le ragioni di opposizione agli atti esecutivi svolte nel grado di merito sono del tutto diverse e si basano sulla contestazione della posizione processuale di Equitalia Sud s.p.a., che è un creditore interveniente ed è certamente soggetto diverso da quello che ha ottenuto e notificato il decreto ingiuntivo di cui si parla nel ricorso.

Infine, i motivi fanno tutti riferimento ad una serie di atti processuali – in primis, il decreto ingiuntivo di cui si è detto e le relate della sua notificazione – senza tuttavia rispettare la prescrizione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Infatti, il ricorrente non ha ottemperato all’onere di indicazione specifica degli atti e documenti di cui discute, omettendo di localizzarli in questo giudizio di legittimità e prima ancora nelle fasi di merito e di riprodurli direttamente od indirettamente, in questo secondo caso indicando la parte dell’atto oggetto di indiretta riproduzione (Sez. U, Sentenza n. 28547 del 02/12/2008, Rv. 605631 – 01, nonchè, ex multis, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7455 del 25/03/2013, Rv. 625596 – 01).

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Non si fa luogo alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, in quanto le parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Ricorrono, però, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2019

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